Medio Oriente
La forza del silenzio è l’autorevolezza di ISIS
Il leader dello Stato islamico di Siria e di Irak (ISIS), Abu Bakr al Baghdadi è morto?
La domanda non è perché, bensì per chi è così importante saperlo? Per i suoi avversari, suppongo (e noi tra loro). Per i suoi amici, l’aura del mistero della sua condizione serve solo ad accrescerne il prestigio.
Niente ha più fascino della forza del silenzio del guerriero.
Per due motivi:
(1) indica il tasso di dipendenza dei suoi avversari da lui;
2) la massa che lo circonda ondeggia col collo verso di lui o si allontana da lui a seconda della efficacia o meno della sua azione.
Il silenzio è un’arma efficace in questo senso perché sottolinea l’incertezza del suo nemico, accentua la sua condizione di dipendere dal proprio avversario, dalle notizie che egli comunica.
E’ il senso della penultima scena de La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo. L’ultimo ridotto della guerriglia nella kasbah di Algeri nel 1958 è un ‘intercapedine al di là della quale stanno gli ultimi irreducibili della guerriglia. Tutto l’esercito francese in testa il colonnello Philippe Mathieu chiede ai guerriglieri di arrendersi, garantisce loro la vita se si arrenderanno oppure promette di dare fuoco alla dinamite collocata al di qua di quell’intercapedine. Nessuno si muove. La carica esplode. Lì si fonda il mito dei resistenti algerini.
Nella scena di questi giorni dunque si consuma una partita vista già molte volte e ha un solo significato: la non con trattabilità delle condizioni per la tregua , che comunque verrebbe valutata come una resa.
Quella di ISIS è una guerra in cui non si fanno prigionieri: o si conquistano nuovi sudditi o si acquisiscono nuovi guerrieri. Gli altri non sono reformabili.
Ma la discussione su ciò che lì sta avvenendo e complessivamente sullo sguardo tiepido che molti hanno su quel conflitto dice qualcosa anche di noi qui che da lontano guardiamo lo svolgimento di quella guerra. Anche noi, o almeno una parte consistente di noi, ha un fascino per la dimensione del guerriero che ci appare “altruista”, “disinteressata”perché disposto a rischiare tutto. Qualcosa che ci fa apparire quelli di ISIS, eccetto quando sgozzano (ma anche lì è un’impressione che passa veloce) come la ciurma della saga di “Pirati nei Caraibi”.
Abu Bakr al Baghdadi, diciamolo, non è Jack Sparrow. Non so se gli manchi l’ironia. In ogni caso anche se fosse, la differenza non diminuirebbe.
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