Medio Oriente
Israele/Palestina l’unica pace possibile: oltre lo Stato nazione
Per noi è essenziale una pace onorevole e una soluzione di politica democratica
lontana da ogni polarizzazione e cultura della violenza
Abdullah Öcalan
Donatella Di Cesare su La Stampa di domenica 16 maggio ha argomentato circa un’auspicabile avanzamento della pace nel conflitto israelo-palestinese.
Immaginando un superamento delle categorie politiche del passato. Tra queste quella dello Stato nazione.
«La formula due popoli, due Stati, che ricorre ancora qui e là, sulla bocca di qualche moderato, non è mai parsa così logora, quasi stantia, come in questi giorni. E in effetti lo è da tempo…Certo l’idea dello Stato binazionale, come veniva ipotizzato…, non è praticabile. Eppure, proprio quella via…resta ancora aperta oltre lo scenario tragico. Dove c’è il maggiore pericolo emerge la possibilità del riscatto. E questo sta nel fluidificare lo Stato e soprattutto nel pensare nuove forme aperte di cittadinanza con pari diritti. La parola chiave è “cittadinanza”, non più Stato. Ciò vale, fra l’altro anche in differenti contesti nel mondo, dove la coabitazione è forzata e le categorie statuali diventano solo un ostacolo. La nuova filosofia politica lavora su questo. Non si tratta di teorie da anime belle, ma al contrario di un modo molto concreto ed efficace per sciogliere conflitti altrimenti irrisolti».
La filosofa non prosegue nel suo racconto.
Ci provo io a partire dal progetto di municipalismo libertario di Murray Bookchin.
«Lo stato inteso come apparato specifico gestito da professionisti e radicato in interessi di classe non compare se non con l’emergere delle moderne nazioni moderne. Lo Stato nazionale, così come lo conosciamo oggi, spoglia la politica di tutte le sue caratteristiche tradizionali: democrazia diretta, partecipazione dei cittadini agli affari pubblici, sensibilità per il benessere comunitario. La stessa parola “democrazia” subisce una trasformazione che la svilisce: da diretta, “faccia-a faccia”, diventa rappresentativa, da libera federazione di comunità indipendenti diventa apparato fortemente centralizzato che annulla tutte le sue istituzioni originarie…l’idea del municipalismo libertario risale all’epoca delle rivoluzioni americana e francese e della Comune di Parigi, quando il con federalismo era una proposta accolta con favore da larghi strati della popolazione. Per quanto i tempi siano enormemente cambiati da allora, non vi è ragione di dubitare che quella medesima idea possa risorgere oggi, quando innumerevoli movimenti civici, organizzazioni di quartiere e gruppi comunitari continuano a riprodursi testimoniando l’esistenza di una tensione cronica che lo Stato nazionale non è mai riuscito ad esorcizzare» (M. B., Per una società ecologica, Elèuthera).
E’ un progetto diventato realtà nel nord della Siria. Dopo la ritirata del regime di Assad (2011) da diverse città in seguito alla ventata di rivolta portata dalle primavere Arabe e all’incombente avanzata di Daesh, ha preso vita un sistema politico unico nel suo genere che ha attirato l’attenzione di tutto il mondo negli ultimi anni. Le sue radici risiedono in decenni di confronto teorico ed esperienziale tra coloro che dal 1978 lottano per l’autodeterminazione del popolo curdo. Il loro leader, Abdullah Öcalan, imprigionato da più di vent’anni nell’isola carcere di Imrali in Turchia, ha studiato i libri di Murray Bookchin e ha elaborato un pensiero politico con a fondamento i tre pilastri del municipalismo libertario: il principio della democrazia radicale, quello della liberazione delle donne dal patriarcato e il principio dell’ecologia sociale.
La democrazia diretta prevista dal modello confederalista di Öcalan può essere esercitata solo attraverso il superamento dell’istituzione statale. Nel pensiero di Öcalan, lo Stato deve essere sostituito da una confederazione di assemblee locali aperte a tutti i cittadini, sul modello delle comuni. Queste sono unite per quanto riguarda le scelte di interesse collettivo in assemblee federali, i cui membri vengono eletti dalle singole comuni. Sono però le assemblee popolari quelle a cui rimane, almeno nella teoria, il primato decisionale.
Le assemblee municipali nel nord della Siria hanno il compito di garantire e facilitare i processi di democrazia diretta. Oltre alle semplici questioni amministrative, le assemblee popolari hanno in carico la sicurezza e la giustizia. Il sistema confederale si descrive come rivoluzionario e cerca di stabilire una società libera e autonoma che ripudia l’autoritarismo statale, il verticismo gerarchico della burocrazia e propone un modello di autogoverno dal basso con un regime di delega il più ridotto possibile.
Non mancano i problemi. Non è ancora molto chiaro dove finiscano le competenze delle assemblee popolari e inizino quelle degli organi rappresentativi. Uno dei nodi più problematici è quello della politica estera. Soprattutto durante il conflitto con Daesh ora con l’offensiva turca (una guerra a bassa intensità condotta dal regime di Erdogan dal 2016 con lo scopo di reinsediare parte dei profughi siriani presenti sul territorio turco) le necessità organizzative della guerra hanno comportato una certa centralizzazione del potere, soprattutto dal punto di vista militare. In una situazione delicata come quella degli ultimi anni, la necessità di presentarsi con una volontà chiara e univoca agli altri attori internazionali (in primis, gli Stati Uniti) ha spesso prevalso sull’ascolto delle istanze delle singole comuni.
Questo progetto ha carattere antinazionalista, non punta alla fondazione di uno Stato nazione curdo: il suo scopo è le realizzazione dell’avanzamento della democrazia in ogni luogo, senza che siano messi in discussione i confini politici esistenti.
Con le sue strutture confederative garantisce la possibilità di cittadinanza e partecipazione a tutto il complesso caleidoscopio etnico e religioso presente nel nord della Siria (circa due milioni di abitanti e solo il 60% curdi): arabi, siriani, turcomanni, circassi, cristiani (assiri, caldei, ortodossi) musulmani, yazidi.
Un altro mondo è possibile.
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