Medio Oriente
Israele: due leggi e due misure
From: Fiammetta Martegani
To: Susan Dabbous
Carissima Susan,
in questi giorni la stampa internazionale non fa che parlare della famigerata legge sullo “Stato-Nazione ebraico”, passata alla Knesset lo scorso 18 luglio. Si è parlato meno invece dell’altra legge, passata pochi giorni prima, che in Israele ha fatto altrettanto se non addirittura più scalpore.
Si tratta di una legge che approva l’aiuto e il finanziamento da parte dello Stato per portare avanti una gravidanza tramite madre surrogata. Il problema è che la legge è stata disegnata per tutte le coppie che hanno problemi a portare a termine una gravidanza, incluse madri single, ma sono rimaste escluse le coppie di uomini gay.
Ovviamente a Tel Aviv una tale discriminazione di genere è inaudita e a scendere in piazza questa volta non sono stati solo i vari rappresentanti della comunità LBGTQ ma l’intera città. Non si è sottratto neanche il sindaco, Ron Huldai, tra i promotori dell’evento, assieme a una serie di compagnie high tech dal fatturato milionario, tra cui Intel, IBM, Dell e Wix, che compenseranno le spese mediche per la gravidanza surrogata. In poche parole: se sei gay e lo Stato non ti rimborsa ci pensa la compagnia high tech per cui lavori.
Questa legge è stata talmente presa sul serio che tutte queste compagnie hanno permesso a tutti i loro dipendenti, non solo a quelli gay, di partecipare, senza perdere il giorno di lavoro retribuito, alla manifestazione indetta lo scorso 22 luglio, che quest’anno ha coinciso con la data ebraica di Tisha Beav, ovvero la distruzione del Secondo Tempio di Gerusalemme.
A proposito, come hanno celebrato Tisha Beav lì a Gerusalemme?
From: Susan Dabbous
To: Fiammetta Martegani
Cara Fiammetta,
Gerusalemme, domenica 22 luglio, non ha mancato di dimostrare la situazione a dir poco dicotomica della sua società civile, con due tipi di manifestazioni del tutto diverse: una a sostegno dei diritti delle coppie gay ad avere figli tramite surrogata, una per “riprendersi” la Spianata delle Moschee.
In realtà, nel secondo caso, non si è trattato di una vera e propria manifestazione bensì, come hai ricordato tu, di commemorare la distruzione del Secondo Tempio che, stando al calendario gregoriano, risale al 70 d.C.
Nel corso delle commemorazioni da un lato c’erano gli ultraortodossi che hanno pregato agli ingressi principali della Spianata delle Moschee pur senza entrarvi, perché, secondo il loro credo, il luogo del Tempio è troppo sacro per andarci con il proprio fardello di peccati. Dall’altro lato, invece, un gruppo di ortodossi, molto presumibilmente coloni, salendo attraverso la rampa di legno allestita per i turisti dopo la Seconda Intifada, sono entrati nella Spianata. Per loro la moschea al Aqsa e la cupola della Roccia potrebbero tranquillamente essere al suolo, poiché ritengono che il Tempio debba essere ricostruito. Il che converge, al di là del credo religioso, in un’ideologia della provocazione, tanto pericolosa quanto dannosa.
Tornando a casa, invece, sono passata per Keren HaYesod street: la strada era chiusa per la manifestazione che i gerosolimitani liberal hanno tenuto davanti alla residenza del Premier Netanyahu a Rehavia.
Io, personalmente, più che interrogarmi sulla maternità surrogata a favore delle coppie gay, mi sono chiesta: ma questi due differenti gruppi sociali israeliani comunicano mai tra di loro?
From: Fiammetta Martegani
To: Susan Dabbous
Carissima Susan,
direi che proprio questa è la questione centrale. La società civile israeliana è molto più divisa sul tema dello Stato-Nazione che su quello della gravidanza surrogata e dell’uguaglianza di genere: il numero di manifestanti il 22 gennaio (attorno ai 100.000) era, infatti, di gran lunga superiore rispetto a quelli della manifestazione indetta per protestare contro la legge dello Stato-Nazione ebraico. Senza contare che a scendere in piazza, nel primo caso, non sono stati solo membri della comunità LBGTQ.
Ho parlato con molte persone alla manifestazione. Secondo Ofir, futuro padre di figli nati da madre surrogata (all’estero) il tema dell’uguaglianza dei diritti di genere, a quanto pare, sta molto più a cuore di quello dell’uguaglianza dei diritti fra cittadini di religione diversa da quella ebraica.
Secondo Isak, che oltre a essere gay lavora proprio per WIX, per lo meno all’interno di una società laica come quella di Tel Aviv è comunque più facile trovare un consenso riguardo ai diritti di genere che riguardo alla legge sullo Stato Nazione, assai controversa nella sua stessa stesura, tanto da aver spaccato a metà persino gruppi apparentemente considerati omogenei: dal partito Likud, di cui l’attuale Presidente della Repubblica Rivlin si è esplicitamente dichiarato contrario, a certi intellettuali di sinistra come Gideon Levi che hanno invece descritto questa legge come una banale messa per iscritto “de facto” di uno status quo già in vigore da anni.
Per non parlare degli ultraortodossi che erano in coda a pregare per il Tempio che lo Stato di Israele non lo hanno mai riconosciuto, fin dalla sua fondazione, perché stanno ancora aspettando il Messia.
Forse in tutta questa spaccatura culturale e politica il fenomeno più affascinante rimane quello di Startup Nation: se sono le compagnie high tech, infatti, a prendersi carico dei diritti alla parità di genere per le famiglie non eteronormative, forse il prossimo passo della “mano invisibile” di Startup Nation sarà quello di colmare le lacune lasciate dalla mano visibile dello Stato di Israele?
Cara Fiammetta,
apri l’attualissimo tema dell’influenza delle lobby nelle democrazie moderne, ma in questo caso, fa un po’ riflettere come queste compagnie high tech si stiano comportando più come dei sindacati che come dei sottili lobbisti.
Non sarebbe male avere questo illuminato contrappeso, per voi, visto che il piede dell’attuale governo ultra right wing è sempre schiacciato sull’acceleratore delle riforme più anti progressiste della storia d’Israele.
Ma la sfida che la società israeliana ha davanti è davvero sottile, perché in una vera democrazia moderna e matura, non sono le aziende private a dettare l’agenda normativa della sanità pubblica. Perché se esiste una legge, giusta o sbagliata che sia, la si applica come è, senza eccezioni, fino all’arrivo del governo successivo, eletto dal popolo, che può a pieno diritto cambiarla.
In altre parole, la scelta di queste compagnie high tech getta le basi ad un’altra diseguaglianza: le coppie gay che non lavorano per loro restano tagliate fuori.
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