Medio Oriente
In assenza di un linguaggio congruo
Alla crisi di valori non ho mai pensato più di tanto, la storia dell’umanità è sempre stata piena di filibustieri di ogni genere, di corrotti e corruttori. E a lamentarsene, sin dall’antichità, sono sempre stati in tanti, finanche oggi, in quest’epoca così piatta e di tanti zeri.
Credo, piuttosto, nella crisi del linguaggio, che appare povero, scarno, insufficiente anche per cazzeggiare solamente, figurarsi per comunicare!
Sermonisti televisivi che girano a vuoto su sé stessi, ingaggiando un duello con il pensiero compiuto, lineare e consequenziale, da cui escono regolarmente sconfitti; sproloquisti e vaniloquisti di ogni risma alle prese con un tema pubblico complesso e delicato, come la guerra in Medio Oriente, che mai potrebbe prescindere dalla sua significativa eredità storica e da una adeguata ispezione culturale per affrontarlo in argomento; americanisti da riporto, a cui non manca certo la parola, che, tra una massima citazione e la miseria di un pensiero proprio, nuocciono alla stessa causa che sostengono.
Parole, tante parole, male incastonate tra loro, che suonano sgraziate, scritte o pronunciate senza la cura necessaria, non portatrici di alcunché se non di arbitrari giudizi di valore, distanti considerevolmente dall’esprimere un concetto su cui valga la pena soffermarsi.
Può la comunicazione, con un simile linguaggio, non dico accedere ai codici eziologici delle questioni più composite e intricate, ma anche solo trattare la verità più tangibile e banale senza apparire del tutto incongrua e simulatoria?
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