Medio Oriente
Il ruggito degli ignavi. Quelli che sul web insultano Greta e Vanessa
Dopo cinque mesi di silenzio, si viene a sapere che Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due cooperanti italiane rapite in Siria lo scorso luglio sono probabilmente vive. Su youtube appare un video di 23 secondi che allarma ma che ridà anche speranza: le due ragazze sono vestite di nero e hanno il capo coperto dal velo, mostrano un cartello con la data del 17 dicembre 2014 e rivolgono un appello all’Italia perché le riporti a casa, visto che sono in “grave pericolo”.
Insomma, c’è ancora la speranza di riportarle a casa sane e salve, di restituirle alle proprie famiglie e alle proprie vite. Ci si immagina una mobilitazione dell’opinione pubblica italiana, almeno un po’ di pressione sul governo perché si dia da fare. Invece accade l’esatto contrario: Greta e Vanessa diventano l’obiettivo di un’ondata di insulti senza precedenti, lanciata da giornali, internauti e politici.
Il Giornale le definisce “Samaritane innamorate del kalashnikov”, colpevoli di lanciare un “appello per salvare un barcone di clandestini” e di rivolgere “insulti alle Nazioni Unite”.
Libero fa di peggio, chiedendo ai suoi lettori “Secondo voi dobbiamo pagare il riscatto per liberare Vanessa e Greta?”.
Spaventosi anche i commenti finiti sulla pagina Facebook del Corriere della Sera, postati in coda all’articolo che annuncia il video. Qualcuno avanza il dubbio di una complicità tra rapite e rapitori (“Ma solo io ho il dubbio che siano complici/artefici del loro stesso rapimento per ottenere il riscatto dall’Italia?”), molti si preoccupano del costo per la collettività di un eventuale riscatto, come se di trattasse di una qualunque polemica sulla buvette della Camera (“Noi paghiamo per questi idioti”, “Il prezzo della loro irresponsabilità, ora ricade sulla collettività!”), e in tanti invitano ad abbandonarle nelle mani dei sequestratori (“Io le lascerei lì a queste due stronze, perché non si dedicavano ai tanti bambini poveri italiani?”).
Sul web c’è anche il solito Matteo Salvini che, in sintonia come sempre con il suo potenziale elettorato, invita a non pagare “i terroristi che poi magari vengono a metterci le bombe a casa nostra”.
Leggendo commenti ed editoriali si ritrovano le stesse accuse, gli stessi giudizi, le stesse calunnie e perfino le stesse battute fuori luogo di cui sono furono vittime, in passato, altre cooperanti italiane rapite in zone di conflitto, come Rossella Urru, sequestrata in Algeria nel 2011, o Simona Pari e Simona Torretta, rapite in Iraq nel 2004.
Viene allora da chiedersi cosa possa spingere una fetta così importante (probabilmente anche molto rappresentativa) dell’opinione pubblica italiana a prendersela in maniera così feroce con delle ragazze che, in fondo, non hanno fatto altro che mettere consapevolmente e con coraggio (non con incoscienza, come pure in tanti dicono) a rischio la propria vita per aiutare una popolazione in difficoltà. Ci si chiede perché tanto astio prenda di mira proprio delle volontarie e non, ad esempio, altri italiani andati all’estero per soldi e rapiti in quel frangente, come gli ingegneri sequestrati in passato in Nigeria.
E allora si capisce che la risposta sta proprio nella premessa: certa gente non riesce a capire come sia possibile dedicarsi a una causa più alta in maniera spontanea e disinteressata, senza nemmeno il tornaconto economico che avrebbe un qualunque contractor.
L’odio verso Greta e Vanessa è quello tipico riversato nei confronti di tutto ciò che non si arriva comprendere. Quella vomitata sul web è la rabbia degli ignavi, che da lì dove sono, al caldo delle proprie abitazioni nel cuore dell’occidente, proprio non ce la fanno a capire chi è migliore di loro.
@carlomariamiele
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