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Medio Oriente
Il federalismo in Siria per proteggere il paese da Al Julani
Due mesi sono passati dalla caduta del regime in Siria, che è stato il motivo principale del disastro più grande nella storia del Medio Oriente, che ha distrutto la Siria, ucciso il suo popolo e ha costretto milioni di persone a trasferirsi all’estero.
La gioia dei siriani nella notte dell’8 dicembre era una gioia indescrivibile, sebben la maggior parte di loro abbiano avuto paura del futuro sconosciuto dopo l’arrivo dei movimenti islamici radicali guidati da Al-Julani.
Al-Julani il quali era un capo in Al Qaeda prima di andare all’ISIS e poi in altri gruppi sempre radicali hanno governato in base al principio del dominio islamico su donne e uomini, applicando rigorosamente l’Islam e commettendo massacri settari come quello contro la minoranza drusa, ovvero il massacro di Qalb Lawzah del 2015, commesso dall’organizzazione guidata da al-Julani, oltre ai suoi combattimenti in Iraq all’interno dell’organizzazione di al-Qaeda.
Prima della sua apparizione, era ricercato dagli americani per terrorismo, poi all’improvviso, nel giro di dieci giorni, è riuscito a far cadere il regime del tiranno Bashar al-Assad sotto gli occhi e le orecchie degli americani e della comunità internazionale, e ha iniziato a ricevere i funzionari europei indossando un’elegante cravatta.
Sebbene sia entrato a Damasco e abbia fatto cadere il regime Il merito non va dato a lui, ma ai siriani che lanciarono la rivolta pacifica nel 2011 e hanno continuato la loro lotta contro la dittatura in tutte le sue forme, mentre lui combatteva con organizzazioni estremiste e criminali in Siria e Iraq. Perciò, nonostante l’entusiasmo occidentale, oggi la Siria sembra sotto la minaccia di un diverso tipo di dittatura, con notizie di persone morte sotto tortura nelle prigioni del regime di Julani, la nomina di un ministro della Giustizia, documentato con dei video mentre controllava l’esecuzione di donne nel nord della Siria in base alle leggi islamiche, e la minaccia ai curdi di una guerra permanente contro di loro, tutto questo, mentre riceve funzionari occidentali e promette loro apertura per finanziamenti e sostegno per il suo regime.
Oggi ci troviamo di fronte a un doppio gioco del nuovo regime islamico: si presenta all’estero come una persona di mentalità aperta, mentre rafforza lentamente il suo regime rigido e islamico all’interno della Siria. Questo è esattamente quello che faceva Bashar al-Assad. Credo che il controllo sulla Siria non sia facile per al-Julani, dopo tutto quello che è successo lì negli ultimi anni. È un paese infatti con diversità etnica, settaria e religiosa, questo non significa stabilità, ma una possibilità per una seconda guerra civile, soprattutto alla luce della presenza di partiti armati che si sono opposti finora, e della presenza della minoranza alawita, contro cui il suo regime pratica violazioni quotidiane con il pretesto di sostenere il regime precedente.
Oggi ci sono solo due possibilità: o un sistema centralizzato che controlla tutta la Siria, il che è molto difficile, o una federazione regionale in cui i vari gruppi e componenti gestiscono i loro affari lontano dalla sicurezza e dal controllo militare del crescente estremismo islamico. Questo non è facile, naturalmente, ma potrebbe essere la migliore soluzione disponibile per i siriani.
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