Medio Oriente
Freddo vieni a dirmi il suo nome
I mastini della guerra sono di nuovo liberi il freddo mi soffia il vento
E le vedove piangono gli uomini caduti per gli uomini caduti piangono ancora
Ancora una volta i corvi dominano i cieli il freddo mi soffia il vento
con becchi taglienti e grida affamate volteggiano nei cieli.
Abbiamo sentito la marcia degli stivali dell’esercito il freddo mi soffia il vento finché non si fermarono fuori Beirut
fuori Beirut li abbiamo sentiti sparare
Il freddo mi soffia il vento.
Ma poi parlò un colonnello audace il migliore del paese
Disse: “Se arriva l’ordine di prendere la città non posso obbedire al loro comando, non posso seguirli”.
Quindi quando finalmente arrivò l’ordine il freddo mi soffia il vento
Il mondo conosceva il nome di Eli Geva
si alzò contro quel vento freddo, freddo vieni a dirmi il suo nome (Moddi)
E’ nota con il nome di prima guerra del Libano, anche indicata in ambito militare israeliano con l’espressione operazione Pace in Galilea. Iniziata il 6 giugno 1982, allorché le forze di difesa israeliane invasero il sud del Paese dei cedri.
Obiettivo: sgomberare milizie palestinesi dell’OLP e infrastrutture militari con cui da tempo veniva attaccato il nord di Israele.
La guerra non si fermò alla costruzione di una zona cuscinetto, ma l’invasione proseguì fino alle porte di Beirut, la capitale libanese.
Ma lì il capo di stato maggiore che guidava le truppe di Israele si trovò di fronte ad una sorpresa: la disobbedienza di un suo colonnello.
Si chiamava Eli Geva, era nato nel 1950, comandante di brigata israeliano.
Si rifiutò di guidare le sue forze in città e chiese di essere degradato a soldato semplice. Motivò la sua insubordinazione, dicendo che vedeva un pericolo sia per i soldati che per i civili nella guerra urbana. Il capo di stato maggiore israeliano, Rafael Eitan, e il primo ministro Menachem Begin tentarono un negoziato con Geva, ma la sua determinazione sfociò in un licenziamento dalle forze di difesa israeliane. A quel tempo, Geva era il più giovane colonnello dell’IDF.
In un’intervista al primo ministro Menachem Begin pubblicata dal New York Times, Begin raccontò che il colonnello, prima di chiedere di essere sollevato dal comando, gli disse: “Sono un comandante di brigata. Guardo con il binocolo e vedo dei bambini”.
Nessuno più oggi si ricorda di Eli Geva. In Israele il marchio di traditore corrisponde ad una damnatio memoriae permanente e irremovibile.
Eppure la storia di questo disobbediente merita invece di essere evocata proprio in questi giorni di terribile guerra a Gaza.
Come hanno dimostrato varie inchieste (ad esempio quelle di +972, magazine indipendente israeliano che in Italia viene ripreso dal settimanale Internazionale) il massacro di Gaza è condotto da droni e programmi di intelligenza artificiale.
Non esistono più le persone. Né sul fonte dei militari né su quello delle vittime. Nessuno più punta il binocolo, vede dei bambini e ferma l’orrore.
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