Medio Oriente
Giornata della donna: il terremoto #MeToo arriva in Medio Oriente
From: susan dabbous
To: fiammetta martegani
Cara Fiammetta,
immagina di essere cresciuta in North Carolina, negli Usa, e di aver preso una laurea in storia dell’arte. Immagina poi di ritornare in Palestina, terra d’origine, e doverti confrontare con una realtà quotidiana fatta di commenti quando cammini per strada e tentativi di rimorchio continui, solo perché sei una ragazza. Stanca di dover rispondere a stupide oscenità, una ventunenne palestinese, di Ramallah, ha deciso di andare in giro con una scritta sulla felpa: Not your habibti, “non tua, mio caro”. Vedendo il discreto successo della sua iniziativa, ha pensato di produrre magliette e accessori con questo slogan e venderli in internet. Una trovata commerciale che avrei trovato inutile per la causa, se non fosse che l’ideatrice, Yasmeen Mjalli, ha detto di voler sfogare così il suo femminismo represso. Direi che Yasmeen stia lanciando un bel segnale, anche se, purtroppo, non basta una maglietta ad arginare una mentalità profondamente patriarcale. Ma dimmi, come vivono il tema degli abusi le donne nella modernissima Tel Aviv?
From: fiammetta martegani
To: susan dabbous
Carissima Susan,
proprio ieri sono stata ad una conferenza su donne e startup organizzata dal Comune di Tel Aviv in occasione del mese, quello di marzo, interamente dedicato a convegni, workshop, performance artistiche tutte dedicate al tema della donna: uno dei tanti paradossi (purtroppo non solo in Israele) per cui se da un lato Startup Nation detiene il primato per il numero di donne imprenditrici, dall’altro, a quanto pare, c’è ancora bisogno di organizzare convegni “ad hoc” su questo tema.
Te lo immagini dedicare un intero mese di conferenze sul tema dell’“uomo”? D’altra parte, l’urgenza di dover ancora organizzare conferenze e dibattiti sul tema della donna è in parte dovuta al fatto che, purtroppo, la donna, in Israele come in Palestina, da Hollywood a Bollywood, deve sempre urlare più forte per far sentire la propria voce, proprio come abbiamo visto fare negli ultimi mesi rispettivamente da Oprah Winfrey in occasione dei Golden Globe e da Frances McDormand in occasione degli Oscar. Tra l’altro, se tutto il dibattito sul #MeToo è cominciato proprio tra le stelle di Hollywood, non dimentichiamoci che rimane un tema riguardante tutte noi comuni mortali, da un polo all’altro del mondo. A proposito, il #MeToo è ovviamente uno dei temi fondamentali trattati nelle conferenze di questo mese a Tel Aviv. Invece all’interno della comunità palestinese sai se e come viene trattato?
From: susan dabbous
To: fiammetta martegani
Cara Fiammetta,
la pratica delle molestie sessuali nel mondo del show business arabo è stata definita, dalle sue povere vittime, non solo molto aggressiva ma anche «dilagante». Sono molte le donne, famose e non, che hanno partecipato alla campagna #MeToo, ma di base resta una certa prudenza nell’autoracconto degli abusi. Una paura ben spiegata da Aya, giornalista egiziana, che ha scritto in un post la cronaca di un suo colloquio di lavoro con un famoso presentatore TV. Terminato il colloquio, l’uomo le ha chiesto di rimanere a fargli compagnia, poi si è alzato dalla sedia e ha iniziato a premere il suo corpo contro quello di lei. La donna ha cacciato un urlo e lui ha spalancato la porta dicendole: «Fatti sentire da tutti, così poi scrivo un articolo e ti rovino la carriera dicendo che sei una giornalista incapace». Non va meglio in Siria: Hanadi, un’aspirante attrice, ha spiegato come nell’industria dell’intrattenimento di Damasco sia imprescindibile lavorare senza accettare di essere usate, così molte donne lasciano perdere. Alla campagna #MeToo, comunque, hanno aderito anche molti uomini. Mi ha colpito il tweet di un signore vestito con abiti tipici del Golfo, dire: «se tutte le donne che conosciamo sono state vittime almeno una volta di molestie, allora noi uomini dobbiamo riflettere e iniziare a miglioraci». E su questo, mia cara Fiammetta, ce n’è davvero tantissima di strada da fare, non solo nel mondo arabo.
From: fiammetta martegani
To: susan dabbous
Carissima Susan, come dicevamo, tutto il mondo è paese, purtroppo anche nelle molestie sessuali sul lavoro. Tuttavia in Israele negli ultimi mesi, come conseguenza del movimento #MeToo, si è finalmente infranto uno dei grandi tabù all’interno della società israeliana, ovvero quello degli abusi sessuali durante gli anni del servizio militare, obbligatorio rispettivamente 3 anni per gli uomini e 2 anni per le donne. Quando, improvvisamente, le donne dello spettacolo hanno avuto il coraggio di denunciare le proprie esperienze di molestie durante l’esercito, in Israele si è aperto un vaso di pandora, coinvolgendo anche figure militari di grande prestigio o dirigenti di importanti società, sia pubbliche sia private, che hanno fatto la propria scalata anche grazie alla precedente carriera militare. “Ci siamo passate tutte” è il tipico commento delle donne israeliane, quasi come se sopportare le molestie sessuale fosse stata parte integrante dell’esercitazione militare stessa.
Forse bisognerebbe davvero inventare un giorno, una settimana, persino un mese dedicato agli uomini, e magari in questa occasione gli uomini potrebbero finalmente cominciare a parlarsi tra di loro per aiutarsi a vicenda a capire ciò che al giorno d’oggi non dovrebbe nemmeno essere più spiegato. #MeToo.
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