Medio Oriente
Desmond Tutu e il conflitto israelo palestinese
“Cercare di liberare il popolo di Palestina dalle umiliazioni e dalle persecuzioni che gli vengono inflitte dalla politica di Israele è una causa nobile e giusta. E’ una causa che il popolo di Israele ha l’obbligo per sé stesso di sostenere. Nelson Mandela ha detto che i sudafricani non si sentiranno completamente liberi finché i palestinesi non lo saranno. Avrebbe potuto aggiungere che la liberazione della Palestina sarebbe anche la liberazione di Israele”
Il giorno di Natale 2021 è morto a 90 anni l’arcivescovo anglicano emerito sudafricano Desmond Tutu.
Nobel per la pace nel 1984, ha lottato tutta la vita contro l’apartheid che opprimeva il suo popolo. Ma ha sostenuto con viaggi, partecipazione a manifestazioni, discorsi, la causa della pace nel conflitto israelo-palestinese.
Massimo Aprile, pastore battista di Milano, gli ha dedicato un ricordo sulla sua pagina Facebook che lui stesso definisce “uno dei più emozionanti della sua vita”: «Era il Natale del 1989 e a Gerusalemme si organizzò una grande manifestazione per la pace. Vi partecipai insieme a circa 700 altri pacifisti italiani, rappresentanti di varie organizzazioni ecclesiastiche e laiche.
La sera della vigilia di Natale, con un gruppo di credenti, ci recammo nella chiesa anglicana di San Giorgio in Gerusalemme. Per l’occasione presiedeva la liturgia il vescovo Desmond Tutu.
In quei giorni aveva tenuto un discorso pubblico sulla necessità del perdono per costruire una pacifica convivenza tra i popoli. Ma quel discorso non fu preso bene dalle autorità israeliane che ebbero toni molto severi contro il vescovo anti-apartheid. Su un muro della chiesa fu scritta una frase minacciosa nei suoi riguardi. In verità noi andammo a quel culto ignari di questi dettagli, che scoprimmo soltanto più tardi.
Il vescovo Tutu era un grande predicatore, e una persona di grandissima simpatia. Sempre sorridente.
Ad un certo punto della liturgia, il suo volto cambiò espressione. Qualcuno gli aveva sussurrato qualcosa all’orecchio.
Tutu comunicò ai presenti che era arrivata una telefonata che annunciava che era stata messa una bomba nella chiesa. Egli disse che per la nostra sicurezza era costretto a interrompere la liturgia.
Poi aggiunse: “Non siate preoccupati, non accadrà nulla. Non potete immaginare quante volte sia accaduta una cosa simile nel mio ministero in Sud Africa. Vorrà dire – aggiunse – che termineremo il nostro servizio, nell’atrio davanti al santuario”.
Così, disponendoci tutti in cerchio, celebrammo la Cena del Signore, in un’atmosfera di grande commozione, e con qualche apprensione».
Per rendere ragione della visione di Tutu, riporto un paio di brani di due articoli da lui scritti, frutto dell’esperienza delle sue lotte per la riconciliazione in Sudafrica.
Haaretz, giornale israeliano, il giorno dopo la sua morte ha ripubblicato l’articolo che aveva scritto in esclusiva nel 2014, dove chiedeva un boicottaggio globale di Israele e esortava israeliani e palestinesi a guardare oltre i loro leader per una soluzione sostenibile al conflitto.
«Lo Stato di Israele si comporta come se non ci fosse un domani. La sua gente non vivrà le vite pacifiche e sicure che brama – e a cui ha diritto – finché i suoi leader perpetueranno le condizioni che sostengono il conflitto.
Ho condannato i responsabili in Palestina per aver lanciato missili e razzi contro Israele. Stanno alimentando le fiamme dell’odio. Sono contrario a tutte le manifestazioni di violenza. Ma dobbiamo essere molto chiari sul fatto che il popolo palestinese ha tutto il diritto di lottare per la propria dignità e libertà. È una lotta che ha il sostegno di molti in tutto il mondo.
Nessun problema creato dall’uomo è intrattabile quando gli umani mettono insieme le loro teste con il sincero desiderio di superarli. Nessuna pace è impossibile quando le persone sono determinate a raggiungerla.
La pace richiede che i popoli di Israele e Palestina riconoscano l’essere umano in se stessi e gli uni negli altri; comprendano la loro interdipendenza.
Missili, bombe e rozze invettive non fanno parte della soluzione. Non esiste una soluzione militare.
È più probabile che la soluzione venga da quella cassetta degli attrezzi nonviolenta che abbiamo sviluppato in Sudafrica negli anni ’80, per persuadere il governo della necessità di modificare le sue politiche.
Il motivo per cui questi strumenti – boicottaggio, sanzioni e disinvestimento – si sono rivelati efficaci alla fine è perché hanno ricevuto una massa critica di sostegno, sia all’interno che all’esterno del paese…
Il mio appello al popolo di Israele è di vedere oltre il momento, di vedere oltre la rabbia di sentirsi perennemente sotto assedio, di vedere un mondo in cui Israele e Palestina possano coesistere, un mondo in cui regni la dignità e il rispetto reciproci».
Su The Guardian, quasi un anno fa, il 30 dicembre del 2020, pubblicò un intervento intitolato “Joe Biden should end the US pretence over Israel’s ‘secret’ nuclear weapons”.
«Israele è un produttore di armi nucleari multiple. Ci sono prove schiaccianti che abbia offerto di vendere armi nucleari al regime dell’apartheid in Sud Africa negli anni ’70 e abbia persino condotto un test nucleare congiunto…
L’apartheid è stato orribile in Sud Africa ed è orribile quando Israele pratica la propria forma di apartheid contro i palestinesi, con posti di blocco e un sistema di politiche oppressive…
È del tutto possibile che uno dei motivi per cui la versione israeliana dell’apartheid sia sopravvissuta a quella del Sudafrica sia che Israele sia riuscito a mantenere il suo sistema oppressivo usando non solo le pistole dei soldati, ma anche tenendo questa pistola nucleare puntata sulla testa di milioni di persone. La soluzione per questo non è che i palestinesi e altri arabi cerchino di ottenere tali armi. La soluzione è pace, giustizia e disarmo. Il Sudafrica ha imparato che poteva avere vera pace e giustizia solo con la verità che avrebbe portato alla riconciliazione. Ma nessuno di questi arriverà a meno che la verità non venga affrontata direttamente – e ci sono poche verità più critiche da affrontare di un arsenale di armi nucleari nelle mani di un governo dell’apartheid».
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