Medio Oriente
Craig Mokhiber: per un ritorno della diplomazia
Craig Mokhiber, direttore dell’ufficio di New York dell’Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha deciso di dimettersi dal suo incarico con una lettera datata 28 ottobre 2023, indirizzata all’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani, Volker Turk.
In quella lettera dichiara il sostanziale fallimento dell’azione dell’ONU in Palestina e prova a tracciare una strada nuova per ridare parola alla diplomazia e riportare una pace duratura.
Le sue parole hanno il pregio di chiarire la complessità degli sforzi che attendono chi vuole la pace ma anche di dare un volto concreto a tanti slogan privi di propositi politici.
«Come dovrebbe essere, allora, una posizione basata sulle norme delle Nazioni unite? Per che cosa dovremmo lavorare se fossimo fedeli ai nostri ammonimenti retorici sui diritti umani e sull’uguaglianza per tutti, sulla responsabilità per i colpevoli, risarcimento per le vittime, protezione dei soggetti vulnerabili, e potenziamento dei titolari dei diritti, tutti sotto lo stato di diritto? La risposta, credo, è semplice, se abbiamo la chiarezza di vedere al di là delle cortine fumogene propagandistiche che distorcono la visione della giustizia su cui abbiamo giurato, il coraggio di abbandonare la paura e la deferenza verso Stati potenti, e la volontà di tenere alta la bandiera dei diritti umani e della pace. Per la sicurezza questo è un progetto a lungo termine e una salita ripida. Ma dobbiamo cominciare ora o arrenderci all’orrore indicibile. Dieci sono i punti essenziali.
1. Azione legittima: in primo luogo, noi dell’ONU dobbiamo abbandonare il paradigma fallito (e in gran parte falso) di Oslo, la sua illusoria soluzione a due Stati, il suo Quartetto impotente e complice, e la sua sottomissione del diritto internazionale ai dettami della presunta convenienza politica. Le nostre posizioni devono basarsi senza riserve sui diritti umani e sul diritto internazionale.
2. Chiarezza della visione: dobbiamo fermare la pretesa che questo è semplicemente un conflitto sulla terra o la religione tra due parti in guerra e ammettere la realtà della situazione in cui uno stato sproporzionatamente potente sta colonizzando, perseguitando e espropriando una popolazione indigena sulla base della loro etnia.
3. Uno Stato basato sui diritti umani: dobbiamo sostenere la creazione di uno Stato unico, democratico e laico in tutta la Palestina storica, con pari diritti per i cristiani. musulmani, ed ebrei e quindi, lo smantellamento del progetto profondamente razzista e coloniale dei coloni e la fine dell’apartheid in tutta la terra.
4. Lotta contro l’apartheid: dobbiamo reindirizzare tutti gli sforzi e le risorse delle Nazioni Unite alla lotta contro l’apartheid, proprio come abbiamo fatto per il Sudafrica negli anni ’70. Anni 80 e primi anni 90.
5. Ritorno e risarcimento: dobbiamo riaffermare e insistere sul diritto al ritorno e al pieno risarcimento per tutti i palestinesi e le loro famiglie che attualmente vivono nei territori occupati, in Libano, in Giordania. Siria, e nella diaspora in tutto il mondo.
6. Verità e Giustizia: dobbiamo chiedere un processo di giustizia di transizione, facendo pieno uso di decenni di indagini, inchieste e rapporti delle Nazioni Unite, per documentare la verità, e per garantire la responsabilità di tutti i colpevoli, il risarcimento per tutte le vittime, e rimedi alle ingiustizie documentate.
7. Protezione: dobbiamo fare pressione per il dispiegamento di una forza di protezione delle Nazioni Unite dotata di risorse e di un forte mandato, con un incarico prolungato per proteggere i civili dal fiume al mare.
8. Disarmo: dobbiamo sostenere la rimozione e la distruzione delle massicce scorte israeliane di armi nucleari, chimiche e biologiche, per evitare che il conflitto porti alla distruzione totale della regione e, possibilmente, oltre.
9. Mediazione: dobbiamo riconoscere che gli Stati Uniti e le altre potenze occidentali non sono di fatto mediatori credibili, ma parti effettive del conflitto che sono complici con Israele nella violazione dei diritti palestinesi, e dobbiamo coinvolgerli come tali.
10. Solidarietà: dobbiamo aprire le nostre porte (e le porte del Segretario Generale) alle legioni di difensori dei diritti umani palestinesi, israeliani, ebrei, musulmani e cristiani che sono solidali con il popolo palestinese e con i loro diritti umani e fermare il flusso incontrollato di lobbisti israeliani verso gli uffici dei leader delle Nazioni Unite, dove sostengono la continuazione della guerra, della persecuzione, dell’apartheid e dell’impunità, e si adoperano per diffamare i difensori dei diritti umani per la loro difesa di principio dei diritti palestinesi.
Ci vorranno anni per raggiungere questo obiettivo, e i poteri occidentali ci combatteranno ad ogni passo, quindi dobbiamo essere risoluti. Nell’immediato, dobbiamo adoperarci per un immediato cessate il fuoco e la fine dell’assedio di lunga data a Gaza, per opporci alla pulizia etnica di Gaza, di Gerusalemme, e della Cisgiordania (e altrove), documentare l’assalto genocida a Gaza, contribuire a portare ai palestinesi massicci aiuti umanitari e per la ricostruzione, prendersi cura dei nostri colleghi traumatizzati e delle loro famiglie, e agire con grande impegno per un approccio di principio negli uffici politici delle Nazioni Unite».
Tutto molto carino, ma non considera gli stati arabi antisemiti che circondano Israele ed inneggiano al genocidio, né i terroristi palestinesi, che faranno a fettine gli uomini ONU sul posto, soprattutto quando si proporrà la laicità del punto 3 al regime teocratico di Hamas.
Inifine, il risarcimento è previsto anche per i civili israeliani uccisi VOLONTARIAMENTE DA HAMAS, oppure vale solamente per i civili palestinesi, di solito usati come scudi umani da Hamas e vittime non volute da Israele (che altrimenti avrebbe già raso al suolo tutta Gaza)?
2 stati sono una buona soluzione e la convivenza pacifica ritornerà, ma solamente se Hamas sarà cacciato.
Ohni altra