Medio Oriente

Aspettando Natale

23 Dicembre 2018

From: Fiammetta Martegani

To: Susan Dabbous

Carissima Susan,

ti scrivo nel mezzo della preparazione delle valigie, cosa che per noi, ogni volta che lasciamo Tel Aviv in direzione Milano, sotto il periodo di Natale, è sempre un trauma: sia dal punto di vista meteorologico, perché passiamo dai 18 ai 2 gradi e non abbiamo mai abbastanza abbigliamento adeguato, sia dal punto di vista aeroportuale perchè, oltre ai vestiti, tra regali da portare e quelli da portare indietro siamo sempre a rischio overweight.

Purtroppo il consumismo anche nella nostra  famiglia è di casa e la tradizione dello scambio di regali, alla faccia dei diversi credo religiosi, è fortissima. E non solo in famiglia ma anche tra amiche: dai tempi della quarta ginnasio festeggio un Natale anticipato le mie compagne del liceo, a cui negli ultimi anni si è aggiunto una cena con i rispettivi mariti ad altissimo tasso alcolico.

Insomma, il minimo comun denominatore del Natale all’italiana, come nei migliori stereotipi, con fiumi di alcool per digerire vagonate di cibo.

Ben poco a che vedere con il vero significato, quello della Natività, in cui un bambino ebreo, figlio di immigrati dall’Egitto, trovò accoglienza in una capanna a Betlemme, all’epoca conosciuta come la “Città di David”.

Oggi il Natale è diventata una gigantesca operazione di marketing dalla  portata globale, con film di Hollywood distribuiti in tutto il mondo in sale maxi-schermo, giocattoli dal design americano prodotti in Cina e dolciumi dalla ricetta italiana prodotti in Romania.

A proposito, ma tu il Natale quest’anno in quale parte del globo e con chi lo festeggi?

From: Susan Dabbous

To: Fiammetta Martegani

Carissima Fiammetta,

quest’anno per la prima volta dopo tanti anni trascorreremo il Natale a Roma. Tradizionalmente lo passiamo in Sussex con mia felicità per la linea (si mangia un centesimo di quanto si mangia in Italia) ma anche con invidia profonda verso la tavolata di pesce e fritti di verdure che si imbandisce a casa di mia zia, di cui mi arrivano puntualmente le foto.

Quest’anno quindi mi rifaccio. Da bravi meridionali nella mia famiglia si festeggia la vigilia, mentre il 25 è una giornata più da avanzi e tombolate. C’è da dire che siamo tantissimi e lo spirito del Natale è proprio quello dello stare insieme, ridere, prendersi in giro, cantare, ballare . Vedessi la faccia che fa Richard quando facciamo il trenino a mezzanotte con sottofondo di Raffaella di Carrà e Yasmin in capofila ancora sveglia.

Quanto al bere, noi ci portiamo avanti perché il 24 dicembre è pure il compleanno di mia sorella, così si inizia con un brindisi a pranzo. Poi si impacchettano regali furiosamente fino all’ora di cena quando mia zia inizia a friggere. Neanche a dirlo, il nostro Babbo Natale meridionale arriva il 24 subito dopo cena.

Richard ha tratto le sue conclusioni sul Natale in Italia: non esiste un piatto tradizionale nazionale, nessuno va a messa, si mangia tantissimo e di tutto, il panettone è un dolce insignificante e il pandoro “is a sponge” senza appeal, utile giusto ad assorbire l’alcool. Per quanto da noi si beva molto di meno che in Inghilterra.

Invece per quanto riguarda il bere a Natale e Pasqua in Palestina la tradizione vuole che dopo pranzo si vadano a trovare tutti i parenti nelle differenti case dove vengono ogni volta offerti dolci e liquori.

La cosa buffa, quando menzionavi Gesù, è che Betlemme e Gerusalemme sono tra i luoghi meno natalizi che si possano immaginare nonostante gli immensi sforzi che la città di Betlemme faccia per attirare visitatori in questo periodo dell’anno. Io la consiglio in qualsiasi periodo dell’anno fuorché a Natale. Anche perché Betlemme non ha bisogno di addobbi festoni, è già meravigliosamente bella di suo. E tu sei mai caduta nel cliché di andare a Betlemme a Natale?

From: Fiammetta Martegani

To: Susan Dabbous

La verità è che io non sono mai stata a Natale in Israele, l’ho sempre festeggiato in Italia perché nella mia famiglia, aldilà dei vari credo, il Natale è un’istituzione familiare da cui non posso esentarmi, pena l’esclusione dall’asse ereditario.

Eppure a me piacerebbe molto almeno una volta vivere la magia del Natale nel luogo in cui Gesù è nato.

Ma dimmi, perché dici che non è così? E dove per te il Natale è “magico”? E cosa vuole dire per te la “magia” del Natale? Per me quest’anno la magia è stata nel  partecipare al coro di Natale del Coro della Scuola di Musica Magnificat di Gerusalemme: un conservatorio aperto a cittadini di tutti i credo e di tutte le provenienze il cui scopo, attraverso la passione comune per la musica, è proprio quello di superare ogni barriera culturale e identitaria. In occasione del Natale, questo Coro unico, che canta canzoni natalizie in inglese, italiano, arabo ed ebraico, sta girando per tutto il paese per portare un messaggio di speranza e di pace. E, questo cara, Susan è ció che davvero mi auguro per Natale e per l’anno che verrà. Che sia un anno di pace e gioia anche per te e tutta la tua spledida famiglia giramondo.

From: Susan Dabbous

To: Fiammetta Martegani

Cara Fiammetta,

tanto per darti un’idea, Betlemme il giorno della vigilia viene bloccata al traffico, sia di auto sia di persone. Si può letteralmente rimanere incastrati in un torrente di persone: pellegrini e prelati, locali e turisti, bande scout delle diverse chiese che suonano per il centro. La Chiesa della natività, nonostante abbia biglietti numerati, per la messa della vigilia è sempre troppo gremita. Il mio consiglio, invece, è di andarci il giorno di Santo Stefano: la “magia” è preservata e la salute mentale pure. E a proposito di magia, a Betlemme consiglio anche la cerimonia di accensione delle luci dell’albero, che avviene tradizionalmente la prima domenica di dicembre: un evento a cui partecipa tutta la comunità, musulmani inclusi ovviamente.

Allora non mi resta che augurarti un buon Natale e buon viaggio  a te, Udi ed Enrico, che, mano mano che cresce,diventerà sempre più consapevole della sua ricchezza culturale ed umana, grazie alla sua doppia identità, il multilinguismo e la mescolanza religiosa. Se tutti, come i nostri figli, avessero queste opportunità di contaminazione culturale il mondo potrebbe davvero rischiare di diventare un posto migliore.

 

 

 

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