Medio Oriente
Arrivederci Gerusalemme: in viaggio dal Medio Oriente alla Mitteleuropa
From: Fiammetta Martegani
To: Susan Dabbous
Carissima Susan,
sembra ieri quando ci siamo conosciute per la prima volta al mercato delle pulci di Jaffo, dopo anni di corrispondenza elettronica, e ormai siamo già alla vigilia della tua partenza dalla Terra Santa verso il Vecchio continente.
Strana la vita: passare dal caldo torrido all’eterna pioggerella belga, dal caos estremo del Medio Oriente alla tranquillità mitteleuropea, dalla capitale più contesa al mondo, alla capitale dell’Unione Europea.
Da un lato lasci questa terra così ricca di splendori e di contraddizioni, dall’altro raggiungi un continente che oltre che vecchio sembra ormai anche stanco, consumato da altri tipi di contraddizioni come la questione dell’identità assieme a quella della gestione dei profughi che vedono ancora nell’Europa la loro “Terra Promessa”.
Insomma, al di là delle condizioni atmosferiche e dello street food, forse le questioni con cui doversi interfacciare nella vita di tutti i giorni non saranno poi così diverse. O forse sì.
Me lo racconterai strada facendo.
A proposito, quando parti per Bruxelles e quanto tempo in teoria pensate di fermarvi?
From: Susan Dabbous
To: Fiammetta Martegani
Cara Fiammetta,
il mio volo parte tra poche ore.
Il tempo, per me, rimane un grande mistero: perché a volte vola, e a volte si ferma, ci porta su e giù come un’altalena verso emozioni, esperienze e luoghi inaspettati.
Il progetto è di rimanere a Bruxelles per altri 4 o 5 anni come è avvenuto per Gerusalemme.
Ma una cosa la so già: non sarà mai come Gerusalemme. Ho trascorso qui gli anni più belli della mia vita. In questa città ho avuto due bambini e ho scritto due libri. Quattro eventi che al momento mi appaiono assolutamente irripetibili.
Non ti nascondo però anche il sollievo nell’andare via, perché questo luogo lo si può vivere bene solo se si hanno due enormi paraocchi. Io li ho messi, spesso, per quieto vivere, ma i miei figli vorrei che crescessero in un ambiente più libero e meno militarizzato.
Certo è che la direzione che sta prendendo l’Europa è tutta un’altra incognita.
Ho il sentore che ti scriverò i miei pensieri da un continente mai pacificato, mentre qui, allo stesso tempo, nonostante il conflitto sia ai minimi storici, la parola pace ormai non va neanche più di moda.
From: Fiammetta Martegani
To: Susan Dabbous
Carissima Susan, ti immagino al check-in alle prese con i bagagli da spedire che non finiscono mai.
E non mi riferisco soltanto alle valigie, ma soprattutto al bagaglio emotivo, quello di tutte le esperienze che si fanno in un determinato luogo e che non ci potremo mai veramente levare di dosso.
Mi ricordo ancora la mia partenza dall’Australia. Ho persino lasciato a Sydney una valigia con la speranza che forse un giorno o l’altro sarei tornata a recuperarla. A distanza di dodici anni è ancora li, come tutti i ricordi e le persone che mi porto dentro da allora.
“Partire è un po’ come morire”, diceva Edmoond Haraucourt. E per me non fa nessuna differenza se a partire sono io o una persona che ha fatto, anche brevemente, parte della mia vita.
La buona notizia è che Tel Aviv e Bruxelles non sono poi così lontane. Per certi versi sono persino meno lontane di Gerusalemme e Tel Aviv: la Città Santa e Sin City.
Per cui attendo con ansia la tua prima corrispondenza dalla città di Magritte, uno dei miei artisti surrealisti preferiti, da cui potrai commentare, dall’esterno, la surreale situazione in Medio Oriente.
Ma dimmi, proprio ora che stai per imbarcarti in questa nuova avventura, che cosa è che ti mancherà di più di Gerusalemme?
From: Susan Dabbous
To: Fiammetta Martegani
Carissima Fiammetta,
eccomi giunta davanti ad un epilogo tanto scontato quanto nostalgico e pieno di emozioni contraddittorie.
Mi chiedi cos’è Gerusalemme per me e ti dico: sono il ragazzo al piano e quello al violino che suonano in questo momento in piazza davanti al Municipio. Per me Gerusalemme è una suora e un haredi che fanno la fila alla posta insieme. È vedere le mura della città vecchia tingersi di rosa pastello al tramonto. È il vento fresco e asciutto che tira la mattina e il vento freddo della notte che ti fa dormire con la coperta anche ad agosto. È perdersi per i vicoli di Musrara in cerca delle tracce arabo ottomane nonostante la comunità ortodossa che avanza. È parlare ebraico con un palestinese e arabo con un israeliano. È lavare i cetrioli piccoli e sgranocchiarli subito dopo averli comprati al Mahane Yahuda market. È vedere mia figlia Yasmin che legge i numeri da destra verso sinistra. È Sami che sorride a una signora musona con la parrucca. È l’odore dell’incenso nel Santo Sepolcro con le cristiane ortodosse che si prostrano. È il cortile dell’Austrian hospice e la vista del deserto di Giuda dall’Augusta Victoria. È mettersi in posa per una foto e dire “hummus” invece che cheese.
È sentirsi un po’ insignificante in un luogo dove la storia è già segnata, nonostante tutti cerchino di influenzarla con la propria arroganza.
Arrivederci Gerusalemme.
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