Geopolitica

Vi ricordate l’europeista Tymoshenko? Oggi parla come Putin

28 Marzo 2019

Archiviata la treccia bionda dell’epoca arancione, saccheggiata a suo tempo anche dallo stilista francese Jean-Paul Gaultier per una sfilata del 2005, la cinquantottenne Yuliya Tymoshenko si candida per la terza volta alla guida dell’Ucraina sfidando il Presidente uscente Petro Poroshenko, forte di un nuovo look – occhiali dalla montatura spessa, capelli raccolti in una lunga coda di cavallo – e di uno slogan “Un Nuovo Corso per l’Ucraina”, decisamente in linea con il populismo imperante, oggi, anche a Kyiv.

La candidatura di Tymoshenko, per la terza volta consecutiva, alle elezioni presidenziali di domenica 31 marzo, non dovrebbe peraltro stupire chi conosce l’ambizione e la vicenda biografica dell’ex premier arancione.

Figlia unica di Volodymyr Abramovich Hryhyan e di Ludmila Nikolaevna Telegina, Yuliya nasce in un quartiere popolare di Dnipropetrovsk (oggi Dnipro) il 27 novembre 1960.

Abbandonata a soli due anni dal padre, un tassista di origine caucasica (Hryhyan lascerebbe supporre un’origine armena sebbene Yuliya abbia sostenuto che il cognome sia lettone, Grigjanis, poi storpiato all’anagrafe in epoca staliniana), cresce con la madre, un’operaia ucraina di lingua russa, in un minuscolo appartamento di una khrushchovka di cinque piani, conosciuta come “la casa dei tassisti”.

Ammirata dalle compagne di scuola la mattina, per via di abiti che lei stessa disegna e cuce, il pomeriggio lascia già intravedere il suo lato maschile giocando a calcio con i ragazzi del quartiere.

All’università, dove studia economia, conosce Oleksandr Tymoshenko che sposa a soli diciannove anni e da cui ha presto una figlia, Yevheniya. Grazie all’aiuto del suocero, Hennadi Tymoshenko, potente funzionario del Partito, Yuliya intraprende una brillante carriera all’interno del Komsomol locale come economista-ingegnere. Negli anni della perestroika, in coppia con il marito Oleksandr, apre un negozio di videonoleggio di blockbusters americani realizzati in salotto con rudimentali VHS. I profitti di questo piccolo business e un prestito di cinquemila rubli concessole dal suocero le consentono di dare vita a una catena di videonoleggi, poi di muovere i primi passi nel settore energetico.

Al 1991 risale la nascita di KUB (Korporatsiya Ukrainsky benzin), una società di commercializzazione di prodotti petroliferi a capitale misto ucraino-cipriota.

A partire dal 1992, ottenuto il monopolio della fornitura di prodotti petroliferi al settore agrario della regione di Dnipropetrovsk, KUB inizia a mietere straordinari profitti.

Le aziende agricole, che necessitano di combustibile per la propria gestione operativa, cedono il raccolto a prezzi irrisori, o addirittura sotto forma di baratto, in cambio di carburante. I prodotti agricoli, rivenduti sul mercato internazionale a prezzi di mercato, fanno affluire nelle casse della KUB notevoli somme di denaro in valuta pregiata.

Molti sottolineano come sarebbe stato impossibile ottenere questa concessione se la bella e scaltra Yuliya non avesse intrattenuto rapporti più che cordiali con il governatore di Dnipropetrovsk, Pavlo Lazarenko.

Nel 1994 la Tymoshenko fonda assieme a Viktor Pinchuk, un giovane imprenditore di Dnipropetrovsk, che poi diventerà uno degli oligarchi più ricchi del paese, Sodruzhestvo (‘Amicizia’) una società di distribuzione di gas acquistato in Russia e Turkmenistan. Il sodalizio tra i due dura solo qualche mese. L’anno seguente Pinchuk lascia e nel novembre 1995 Sodruzhestvo cambia la sua ragione sociale in UESU.

UESU ottiene sin da subito il diritto di rifornire di gas le imprese di diverse regioni orientali del Paese. Quando nel 1996 Pavlo Lazarenko viene nominato primo ministro, la posizione di monopolio in ambito energetico di UESU, di cui la trentaseienne Tymoshenko è direttore generale, si estende all’intero Paese.

Caduto in disgrazia Lazarenko, oggi detenuto negli Stati Uniti per frode fiscale, la rendita di posizione di Yuliya inizia a vacillare e piovono su di lei accuse di evasione fiscale. Lei si difende sostenendo che si tratta di vendette orchestrate dagli oligarchi vicini al presidente Kuchma per il mancato pagamento di tangenti.

L’entrata in politica nel 1996, inizialmente concepita per tutelare i propri interessi, segna però l’inizio di una nuova fase nella sua vita.

Qualche tempo più tardi, mentre è in visita in un povero villaggio di campagna, un incontro è destinato a cambiare la sua esistenza e le sue motivazioni politiche. All’interno di una casa apparentemente disabitata Yuliya scorge un’anziana signora, scalza, che scusandosi di essere viva e di essere un fardello per gli altri, prega Dio affinché la faccia morire al più presto.

“Da quel momento la sofferenza di quella donna – racconterà Tymoshenko al giornalista Askold Krushelnycky – non ha mai smesso di tormentarmi”.

Nel 1999, dopo una parentesi come Presidente della Commissione Economia del Parlamento, viene nominata, dall’allora premier Yushchenko, ministro dell’Energia.

Il programma riformista del governo Yushchenko, intenzionato a dare un giro di vite alla corruzione dilagante nel Paese, si scontrerà presto con gli interessi degli oligarchi che costringeranno il Presidente Kuchma a licenziare il primo ministro. La sorte riservata a Yuliya sarà anche peggiore. Nel febbraio 2001 viene infatti arrestata per falsificazione di documenti e importazione illegale di metano. Un’accusa, secondo alcuni, basata su documenti falsi creati dall’entourage di Kuchma di comune accordo con gli oligarchi che si oppongono alle riforme di mercato. Liberata la settimana successiva, Tymoshenko diventa la figura di riferimento dell’opposizione al regime che porterà, quattro anni più tardi, alla Rivoluzione Arancione.

Nel febbraio 2005 il Presidente Viktor Yushchenko la nomina premier del primo governo arancione. L’alleanza tra i due leader si rivelerà ben presto problematica. Yushchenko e Tymoshenko, nonostante la comune scelta di campo europeista e filo-occidentale, hanno personalità molto diverse, visioni strategiche differenti e un modo di fare politica diametralmente opposto.

Le prime scintille sorgono sul programma delle riprivatizzazioni delle ex imprese di stato, svendute a prezzi di favore agli oligarchi vicini all’ex presidente Kuchma.

Mentre la pasionaria spinge per la revisione di ben 194 privatizzazioni, realizzate a suo parere in violazione dell’interesse pubblico, spaventando di fatto molti investitori esteri per le potenziali ricadute in termini di instabilità e incertezza nel quadro economico del Paese, il Presidente Yushchenko, dimostrando una natura più moderata, riduce presto la lista a 22 aziende con palese disappunto della premier.

Ma le riprivatizzazioni non sono l’unico oggetto del contendere tra i due politici.

Mentre Yushchenko è un autentico riformista – l’aveva già dimostrato a capo della Banca Centrale Ucraina debellando l’inflazione e facendo ripartire l’economia con politiche monetarie di grande efficacia – Tymoshenko, dietro una facciata riformista e filo-occidentale, mostra già un volto populista in ambito economico (come quando cerca di controllare il prezzo della carne e dell’energia, generando code e carenze) e una certa ambiguità in politica estera.

L’episodio più clamoroso si verifica nell’agosto 2008 durante la guerra dei cinque giorni tra Georgia e Russia.

ll conflitto, che crea forti tensioni in Crimea e in tutto l’Est russofilo dell’Ucraina, dà vita all’ennesima frattura tra i due.

Mentre Yushchenko e i presidenti di Polonia, Lettonia, Estonia e Lituania si schierano al fianco della Georgia e del suo Presidente Mikheil Saakashvili, denunciando la politica imperialista di Mosca, Tymoshenko non prende posizione sull’accaduto trincerandosi dietro un imbarazzante silenzio.

Nel luglio 2017 nel corso di una lunga intervista, realizzata dall’autore di questo articolo, Yushchenko definirà Tymoshenko  “il principale fattore di destabilizzazione dell’Ucraina in quanto, dietro una facciata apparentemente patriottica, la sua agenda è filorussa”.

Nel febbraio 2010, seppure per una manciata di voti, Tymoshenko viene sconfitta al secondo turno delle presidenziali da Yanukovych.

Nel maggio 2011 il regime di Yanukovych inizia a incarcerare i suoi oppositori.

Tymoshenko viene accusata di ‘abuso di ufficio’ per aver sottoscritto nel 2009, con la Russia di Putin, un contratto troppo oneroso per l’importazione di gas russo, per giunta senza il via libera del Consiglio dei Ministri.

L’11 ottobre 2011, dopo un processo giudicato anche dalla UE “viziato dalla mancanza di standard internazionali di equità, trasparenza e indipendenza”, Tymoshenko viene condannata a sette anni di carcere e al pagamento di una multa di 188 milioni di dollari.

L’ex pasionaria arancione diviene così la vittima più illustre del regime cleptocratico di Yanukovych. Nonostante i numerosi appelli per la sua liberazione da parte di eminenti personalità del mondo politico internazionale, Yuliya Volodymyrivna verrà scarcerata solo il 22 febbraio 2014 in quel convulso sabato in cui Yanukovych abbandona l’Ucraina e la Rada nomina come speaker e Presidente ad interim Oleksandr Turchynov.

Lasciata la Colonia penale n. 54 di Kachanivska (Kharkiv), Tymoshenko vola subito a Kyiv dove, dopo aver deposto dei fiori per onorare gli eroi morti negli scontri di Hrushevskoho, tiene in serata un appassionato discorso sul Maidan Nezalezhnosti.

Provata in volto e seduta su una sedia a rotelle, l’ex pasionaria arancione parla per una quindicina di minuti rendendo onore a tutti i manifestanti che persino con il sacrificio della propria vita hanno consentito la caduta del regime di Yanukovych. Benché ricco di pathos e accompagnato dall’applauso di molti, il discorso di Tymoshenko non convince del tutto la folla. Chi è in piazza coglie distintamente alcuni fischi al suo indirizzo.

Lo scrittore pietroburghese Andrei Kurkov, presente sul Maidan, scriverà in Diari Ucraini che, mentre il Paese, grazie alla Rivoluzione della Dignità, è andato avanti, Tymoshenko sembra ancorata a un’epoca finita, seppure da poco.

Tre mesi più tardi Tymoshenko tenta di nuovo la scalata alla Bankova ma i suoi consensi si fermano al 12,8%.

Nel maggio 2014 il 54,7% dei votanti deciderà di affidare le sorti del Paese al “re della cioccolata” Petro Poroshenko.

Nel marzo 2018, tre mesi prima dell’inizio di una lunghissima campagna elettorale per tentare l’ennesimo assalto alla presidenza ucraina, Tymoshenko torna a far parlare di sé le cronache nazionali e internazionali per un contratto di consulenza firmato a Washington da Two Paths, studio di consulenza legale newyorkese che cura gli interessi di oligarchi russi negli Stati Uniti, e Avenue Strategies Global, società di spin doctors che, in tempi recenti, si è occupata della campagna presidenziale di Donald Trump.

A sottoscrivere il contratto sono Marlen Kruzhkov, titolare di Two Paths, che rappresenta Tymoshenko e Barry Bennett, consulente di Avenue Strategies Global. L’atto giuridico, regolarmente registrato negli Stati Uniti, non sfugge all’attenzione dei media statunitensi e di quelli ucraini perché l’ex premier si rifiuta di rivelare chi paga i 780.000 dollari all’anno, per i servizi di consulenza.

L’importo – fa notare il politologo Taras Kuzio – è infatti di gran lunga superiore al reddito totale dichiarato dall’ex primo ministro ucraino nelle sue dichiarazioni online all’Agenzia nazionale ucraina per la prevenzione della corruzione (NAPC) del 2016 e del 2017 pari rispettivamente a 34.000 e 21.000 dollari.

Dal momento che tali spese non vengono sostenute neppure dal suo partito chi sono le forze che sponsorizzano Tymoshenko alle elezioni presidenziali ucraine del 31 marzo 2019?

Secondo Kuzio il contratto stipulato a Washington presenta quattro potenziali aree di conflitto d’interesse con la legislazione ucraina.

Il primo ordine di problemi, relativo al silenzio di Tymoshenko sulla provenienza dei fondi, mette in dubbio il suo impegno su temi chiave dell’Ucraina del post-Maidan, ossia lo stato di diritto, la trasparenza e la lotta alla corruzione.

Il secondo conflitto di interessi è legato al ruolo di Marlen Kruzhkov, lobbysta russo a Washington, che agisce come intermediario per denaro proveniente da fonti sconosciute, molto probabilmente da conti offshore, che viene consegnato alla società di consulenza politica Avenue Strategies Global di Bennett.

Il terzo punto, forse il più inquietante di questa vicenda, è che se la fonte del denaro fosse russa, ciò costituirebbe un problema di sicurezza nazionale visto che l’Ucraina è in guerra con la Russia.

Alcuni giornalisti ucraini si sono chiesti se l’assenza di Tymoshenko dalla Rada il 18 gennaio 2018 quando si votava un disegno di legge che dichiarava la Russia  ‘Stato aggressore’ sia stata una mera coincidenza o qualcosa di più nefasto.

Il quarto ed ultimo punto è che la mancanza di trasparenza favorisce l’ingerenza di potenze straniere nella vita politica ucraina, in particolare nelle elezioni presidenziali e parlamentari del 2019.

Sorvoliamo sulla questione se Tymoshenko sia un progetto del Cremlino, seppure più sofisticato rispetto a quello di Yanukovych, e concentriamoci sul programma elettorale dell’ex premier.

Lo slogan scelto da Yuliya Volodymyrivna è “Un Nuovo Corso per l’Ucraina”.

Tymoshenko, che ha definito il suo un programma riformista, una sorta di New Deal Rooseveltiano, sostiene che il Paese nell’ultimo lustro non abbia attuato alcuna riforma e che i governi Yatsenyuk e Groysman abbiano messo in atto politiche di “impoverimento”, di “sterminio” e di “genocidio” per gli ucraini.

Al di là dell’uso di un linguaggio violento e demagogico, condito di falsità e di manipolazioni – secondo il sito Vox Ukraine che analizza le affermazioni fatte dai politici ucraini, la Tymoshenko è il candidato che più mente agli elettori con un livello di menzogne pari all’80% – è interessante notare come le presunte credenziali riformiste ed europeiste dell’ex leader arancione non trovino alcun riscontro nei fatti.

L’analisi dell’attività parlamentare di Batkivshchyna evidenzia come l’ex primo ministro abbia in realtà cercato di impedire, con il voto contrario dei suoi deputati, le riforme necessarie per modernizzare il Paese e aprirlo alla concorrenza e alla trasparenza in settori chiave quali l’energia, la sanità, la giustizia, le pensioni.

La proposta di voler risolvere la questione della Crimea facendo partecipare a ipotetici nuovi negoziati con la Russia addirittura la Cina, che al consiglio di sicurezza dell’ONU negli ultimi cinque anni ha sempre votato come Mosca e mai a favore dell’Ucraina, gli attacchi al Fondo Monetario Internazionale, senza i cui finanziamenti Kyiv avrebbe dovuto dichiarare il default all’indomani del Maidan e le accuse rivolte al rappresentante speciale americano per l’Ucraina Kurt Volker di essere filo Poroshenko, dicono di un politico che ha abbracciato i metodi e la retorica dei più fervidi populisti.

L’episodio più eclatante del “nuovo corso” di Tymoshenko è stata la campagna di disinformazione contro il Ministro della Sanità Ulana Suprun, accusata addirittura di essere stata inviata dagli Stati Uniti per condurre esperimenti sulla popolazione ucraina.

 

 

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