Geopolitica
Ucraina, il rinnovato ruolo della Nato. E l’Italia pensa al dopo Stoltenberg
Nato. Il nome dell’Alleanza Atlantica non veniva scritta, letta o pronunciata in maniera così diffusa da tanto tempo. Merito – o colpa – della crisi al confine tra Ucraina e Russia che in queste settimane ha monopolizzato l’attenzione pubblica di buona parte del mondo. Il rischio di una guerra tra Mosca e Kiev, spalleggiata dall’Occidente, è reale. Un timore rafforzatosi negli ultimi giorni con il riconoscimento da parte di Vladimir Putin delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk e le martellanti dichiarazioni provenienti sia dal Cremlino quanto dalla Casa Bianca. Non si può prevedere se la situazione sfocerà in un conflitto convenzionale o ibrido, le certezze al momento sono poche. Ciò che è sicuro è che la Nato, l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, è tornata a far parlare di sé, dopo anni in cui la sua rilevanza si era affievolita.
IL RISVEGLIO DELLA NATO
Ma se da una parte con riunioni e vertici ministeriali la Nato ha riacquisito importanza, dall’altra sono emerse molte contraddizioni sul suo ruolo e sul suo futuro. Si è discusso molto sull’effettiva utilità della Nato dopo la caduta dell’Unione Sovietica. La scomparsa del rivale di sempre ne ha causato un riposizionamento ma anche un sostanziale affievolimento delle azioni, della sua incisività e soprattutto della sua unità.
La nuova (ma dal sapore antico) sfida con la Federazione Russa ha di colpo riacceso gli organi e i muscoli – almeno in apparenza – della Nato. L’obiettivo è di ritornare ad essere indispensabile per i suoi membri ma anche per gli Stati che gravitano attorno alla sua orbita. Ucraina in primis. Il desiderio della maggioranza della popolazione ucraina di entrare nell’organizzazione è accolto con favore dalla Nato, pur consapevole che le possibilità di un’adesione di Kiev sono minime – se non nulle – per le questioni dei territori contesi della Crimea e del Donbass con Mosca e per il mancato raggiungimento di standard sui diritti sociali. La minaccia di invasione portata avanti dal presidente russo Vladimir Putin ha spinto molti degli alleati atlantici a serrare i ranghi, ridando centralità alla Nato.
LE CREPE TRANSATLANTICHE
Tuttavia, tra la frenesia di dichiarazioni, comunicati e incontri diplomatici degli ultimi giorni si sono palesate anche diverse fratture e criticità tra i Paesi membri, nonostante gli appelli tesi a mostrarsi uniti, da parte soprattutto del presidente americano Joe Biden. La netta intransigenza verso il Cremlino manifestata in maniera particolare da Washington, Londra e alcuni Paesi dell’Europa dell’est, si è scontrata con una certa riluttanza delle principali cancellerie del Vecchio Continente – Francia, Germania e Italia su tutte.
D’altronde gli interessi nazionali sono diversi. Soprattutto Berlino e Roma sono interessate al mantenimento delle relazioni commerciali con Mosca. La Germania di Olaf Scholz ha messo sul piatto, per senso del dovere, il gasdotto Nord Stream 2. Il successore di Angela Merkel ha confermato che in caso di invasione russa dell’Ucraina, Berlino “è pronta a fare quello che va fatto” ma è rimasto vago sul futuro dell’infrastruttura ultimata di recente. L’Italia, ancora più dipendente dai rifornimenti energetici russi, ha provato a suggerire con il premier Mario Draghi che le eventuali sanzioni in caso di guerra non vadano a toccare significativamente il comparto del gas, ma siano efficaci e sostenibili. Lo stesso Draghi ha sottolineato come sia noto “che certe sanzioni avrebbero più impatto sull’Italia e meno su altri Paesi”. Emmanuel Macron si è distinto per la voglia di essere protagonista diplomatico della vicenda, alla ricerca del testimone europeo di Merkel, che di fatto ha guidato l’Unione europea per anni. Proprio Bruxelles, ancora una volta, non è stata percepita come soggetto realmente geopolitico, autonomo e influente nelle trattative. Uno stato che le istituzioni europee fanno fatica a raggiungere.
Jens Stoltenberg, segretario generale Nato. Foto presa dal profilo della Nato su Flickr.
IL DOPO STOLTENBERG
Peraltro, a prescindere dalla questione ucraina, la Nato sarà al centro dei riflettori anche nei prossimi mesi. A settembre scade il mandato di Jens Stoltenberg e dovrà essere nominato il il prossimo segretario generale dell’Alleanza. Il norvegese non ha nascosto la sua volontà di rimanere, ma la corsa alla sua successione è già partita e proprio le tensioni attuali al confine tra Kiev e Mosca potrebbero essere un fattore decisivo nelle elezioni. Washington da sempre lascia ricoprire la carica del segretario agli alleati europei, anche perché è cosciente di mantenere in ogni caso il controllo dell’organizzazione. Ma le circostanze attuali in Ucraina renderanno necessari nei prossimi mesi – e forse anni – sforzi diplomatici importanti e un alto livello di dialogo con la Russia. Un elemento da non sottovalutare e da tenere in mente nel momento del vaglio della rosa dei possibili candidati, ma soprattutto dei Paesi che ambiscono al ruolo.
Le nazioni che sembrano essere in prima linea nella corsa sono Regno Unito, Italia, Lituania ed Estonia. Londra sembra voler puntare sull’ex premier conservatrice Theresa May, una figura che permetterebbe alla Gran Bretagna di tenere un ruolo apicale nello scacchiere globale, in un periodo storico – come quello post Brexit – in cui il Paese si è trovato più isolato del previsto a livello internazionale. Le nazioni baltiche potrebbero candidare ex o attuali presidenti, ma per ragioni storiche avrebbero una postura dichiaratamente anti-Mosca. Un fattore che non favorirebbe il dialogo. Al contrario, una forte candidatura italiana potrebbe essere ben vista sia a Washington che a Mosca. Roma, infatti, non ha un’ostilità naturale verso la Russia. Serve però presentare un nome di peso, tra gli ex presidenti del Consiglio o tra gli ex ministri di Difesa o Esteri – esperienze necessarie per essere il segretario generale della Nato – e sostenerlo con vigoria davanti agli alleati. Stati Uniti compresi. In caso di successo, quantomeno a far parlare e a discutere di Nato sarebbe un’italiana o un italiano.
(Immagine di copertina presa dal profilo Nato su Flickr)
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