Geopolitica

The hostage business: il documentario sui riscatti per Greta,Vanessa e gli altri

12 Ottobre 2015

Un’indagine di sei mesi condotta dai giornalisti di Al Jazeera ha cercato di far luce sul mondo oscuro dei negoziati per la liberazione degli ostaggi, rivelando come alcuni governi, tra i quali quello italiano, continuino silenziosamente a negoziare con i gruppi armati e a pagare loro riscatti salatissimi in cambio della liberazione di connazionali rapiti. L’Italia avrebbe infatti pagato più di 525mila dollari per liberare lo skipper Bruno Pellizzari e la sua compagna Debbie Calitz nel 2012, quattro milioni di dollari per il giornalista Domenico Quirico e il suo collega belga Pierre Piccinin da Prata nel 2013, e ben undici milioni di dollari per le volontarie Greta Ramelli e Vanessa Marzullo nel 2015. L’inchiesta, che la rete del Qatar manderà in onda in forma di documentario dal 12 ottobre, si intitola The hostage business.

 

https://www.youtube.com/watch?v=XfBPxD3sqkM

 

I pagamenti dei riscatti in Siria. Secondo Al Jazeera, come raccontano due testimoni nel documentario The hostage business, l’Italia, nel settembre 2013, avrebbe pagato milioni di dollari per il rilascio del giornalista Domenico Quirico e del suo collega belga Pierre Piccinin da Prata. Mu’taz Shaklab, intermediario tra le parti in trattativa, ha detto ai giornalisti: “I rapitori avevano chiesto dieci milioni di dollari, ma credo ne abbiano ricevuti quattro”. Shaklab sostiene di essere stato presente al momento della consegna del riscatto. A sua volta, un membro delle brigate Farouq, gruppo armato di combattenti siriani responsabile del rapimento, ha affermato di aver assisto alla consegna del denaro. “Il denaro era diviso in confezioni di 100mila dollari”, ha affermato Mahmoud Daboul.

 

 

Al Jazeera sostiene anche che il governo italiano avrebbe pagato un riscatto di ben 11milioni di dollari (circa dieci milioni di euro) per la liberazione delle volontarie Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, rapite ad Aleppo, a nord della Siria, nell’agosto 2014 dal Fronte al Nusra, e ritornate in Italia nel gennaio 2015. Le due ragazze si trovavano in Siria dalla fine del mese di luglio, per via di un progetto di volontariato a favore dei civili siriani colpiti dalla guerra civile, che continua tutt’oggi ad attanagliare il paese. Nel dicembre del 2014 il Fronte, legato ad al Qaida, aveva diffuso un video in cui le volontarie chiedevano aiuto al governo. L’agenzia di stampa ANSA, il 5 ottobre, ha pubblicato un articolo in cui scrive che l’Italia avrebbe pagato 11milioni di euro per il rilascio delle giovani; la notizia sarebbe arrivata da fonti di Aleppo, secondo le quali una delle persone coinvolte nelle trattative sarebbe stata condannata per essersi messa in tasca metà del denaro. L’agenzia riporta che il “tribunale islamico” del Movimento Nureddin Zenki, una delle milizie coinvolte nel sequestro, ha condannato Hussam Atrash, descritto come uno dei signori della guerra locali, capo del gruppo Ansar al Islam.

L’ANSA ha ricevuto una copia digitale del testo della condanna emessa il 2 ottobre scorso dal tribunale Qasimiya del movimento Zenki nella provincia di Atareb. Secondo la condanna, Atrash, basato ad Abzimo, la località dove scomparvero Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, si è intascato 5 dei 12 milioni e mezzo di dollari, equivalenti a poco più di 11 milioni di euro. I restanti 7 milioni e mezzo – affermano fonti di Atareb interpellate dall’ANSA telefonicamente – sono stati divisi tra i restanti signori della guerra locali.

Ma già nei giorni successivi al rilascio di Greta e Vanessa si parlò del lauto pagamento di una grossa somma di denaro per riportare a casa le ragazze. Secondo il quotidiano The Guardian le volontarie erano state liberate in cambio di un riscatto “multi-milionario”. La cifra non è mai stata confermata da fonti ufficiali. Il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, riferendo alla Camera in merito al rapimento e al rientro delle due italiane, ha definito le indiscrezioni sul denaro dato in cambio della liberazione “prive di fondamento”, ma non ha mai negato in modo esplicito che un riscatto si sia effettivamente pagato. Queste le parole del Ministro: “ho letto riferimenti e indiscrezioni privi di reale fondamento e in qualche caso addirittura veicolati da gruppi terroristici e mi sorprende che a queste illazioni e a queste fonti sia stato dato da taluno credito senza alcuna verifica”.

 

 

Il pagamento del riscatto ai pirati somali. I documenti in possesso di Al Jazeera rivelano come l’Italia sia intervenuta nei negoziati con i pirati somali e abbia mediato un accordo per pagare 525mila dollari (circa 460mila euro) per il rilascio dello skipper italiano Bruno Pelizzari e della sua compagna sudafricana Deborah Calitz, rapiti il 26 ottobre 2010 al largo della Tanzania e rientrati in Italia nel giugno 2012. I governi italiano e sudafricano avevano affermato che il rilascio fosse avvenuto grazie ad un blitz delle forze locali. Giulio Terzi, all’epoca Ministro degli Esteri disse: “Escludo che sia stato pagato un riscatto”, e la versione fu confermata in una conferenza stampa a Mogadiscio, dal Ministro della Difesa somalo Hussein Arab Isse. Alla domanda sui documenti da parte dei giornalisti di Al Jazeera la sorella di Pelizzari, Vera Hecht, ha confermato il coinvolgimento del governo italiano dicendo che era stato detto loro di non rivelare i dettagli dell’operazione, tra questi il pagamento del riscatto. L’ex ostaggio Debbie Calitz, nel documentario ha affermato di aver trovato difficoltà a mantenere il segreto: “Siamo stati informati su alcune cose delle quali però non ci era permesso parlare”.

Il governo italiano ha rifiutato di commentare l’inchiesta di Al Jazeera, limitandosi ad affermare che la sua politica è quella “di non pagare riscatti”.

 

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.