Calcio
Srebrenica e il calcio
Cosa sia successo a Srebrenica nel luglio 1995 dovrebbe essere cosa nota a tutti, anche se non lo è: 8732 uomini e bambini massacrati nel giro di pochi giorni. L’esercito serbo-bosniaco ha compiuto questa strage contro la popolazione bosniaco-musulmana nel tentativo di realizzare una pulizia etnica nella parte orientale della Bosnia-Erzegovina. Il genocidio è stato agevolato dagli errori delle forze militari internazionali, che non hanno difeso questa enclave, consegnata alla loro tutela.
SREBRENICA NEGLI STADI BALCANICI
Srebrenica è stata ed è ancora un tema molto attuale negli stadi balcanici e, di conseguenza, nelle aule dell’UEFA. Ogni anno, agli inizi di luglio, le squadre bosniache qualificate per le competizioni europee giocano le loro prime partite a eliminazione diretta. Ogni anno, le tifoserie delle due società più popolari del Paese, Željezničar e Sarajevo, ricordano l’11 luglio, giorno della memoria del genocidio. Ogni anno, l’UEFA apre un’indagine contro le stesse società, perché è vietato portare “messaggi politici” dentro gli stadi. Così, nel 2011, il Sarajevo è stato sanzionato con 8.000 Euro di multa per lo striscione “Mai dimenticare Srebrenica”, mentre nel 2016 ha subito un’indagine per il messaggio “Non dimentichiamo il genocidio di Srebrenica. Non perdoniamo”. Tralasciando l’assurda pretesa di tenere la politica fuori dal calcio, è normale, però, chiedersi cosa ci sia di politico o offensivo nel ricordare degli innocenti.
Srebrenica è un tema che ritorna anche sugli spalti degli stadi in Serbia, dove però i messaggi sono di segno opposto. Nel 2017, i tifosi della Stella Rossa hanno celebrato Ratko Mladić, il generale serbo che ha diretto il genocidio, con lo striscione: “La tua onorevole battaglia, la nostra eterna libertà: siamo con te, generale!”. E anche i tifosi dell’altra squadra di Belgrado, il Partizan, non mancano di intonare un coro celebre fra le formazioni serbe più nazionaliste: “Coltello, filo spinato, Srebrenica”. Questo è stato anche uno dei motivi cantati dai tifosi della Serbia durante la controversa partita contro la Svizzera, giocata ai mondiali di Russia dell’anno scorso, e lo stesso messaggio è stato esposto in forma di striscione dai tifosi della nazionale greca nel novembre del 2016, allo stadio Karaiskakis di Atene, durante una partita fra le nazionali di Bosnia-Erzegovina e Grecia. La vicinanza di una parte della tifoseria greca agli ambienti del nazionalismo serbo non sorprende, visto l’aperto sostegno che la Grecia ha offerto alla Serbia durante la guerra in Bosnia-Erzegovina, con l’invio di soldati volontari che, secondo le indagini del giornalista Takis Michas, hanno partecipato a diversi crimini di guerra. Secondo il giornale croato Index, il sostegno alle azioni militari serbe ha avuto un grande favore sia nei circoli politici che, più in generale, nella società greca degli anni Novanta.
Il discorso, però, è più sfaccettato di quanto possa apparire e, proprio in Grecia, si è verificato un caso di solidarietà nei confronti delle vittime del genocidio. Nel luglio del 2014, durante una partita contro il Sarajevo, i tifosi dell’Atromitos di Atene hanno ricordato Srebrenica con lo striscione “Le vittime di Srebrenica non saranno dimenticate”. A breve giro, è arrivata anche la risposta ufficiale della dirigenza del Sarajevo, che in una lettera aperta ha espresso profonda gratitudine per la solidarietà della tifoseria greca.
ASMIR SULJIĆ E IL GOL AL LEVSKI
Insomma, il tema è attuale e scottante. Lo era anche nel 2012, quando nel secondo turno di Europa League si sono affrontati il Sarajevo e il Levski Sofia. La tensione è stata alzata dai tifosi bulgari, che nella partita di andata, a Sofia, hanno esposto uno striscione che celebrava Mladić, Arkan e i crimini di guerra da loro commessi. È seguito uno scontro diplomatico fra Bosnia-Erzegovina e Bulgaria, dopo che i tifosi del Sarajevo avevano risposto creando disordini a Sofia. Sul campo, la doppia sfida è stata vinta dai bosniaci: nella partita di ritorno, in un clima incandescente allo stadio Olimpico di Sarajevo, i calciatori di casa hanno sconfitto il Levski per 3:1. La seconda rete è stata segnata da Asmir Suljić, nato a Srebrenica nel 1991.
Il gol di Suljić si può vedere al minuto 0:30. L’attaccante segna in contropiede e corre verso la curva dei propri tifosi, prima di essere bloccato con un abbraccio da uno dei militari che mantenevano l’ordine in uno stadio sul punto di esplodere. Suljić, in seguito, ha giocato con grande successo in Ungheria, ottenendo anche il passaporto del Paese. Oggi è un calciatore dell’Olimpija Lubiana.
Da Srebrenica non sono partiti tanti giocatori che abbiano fatto carriera nel mondo del calcio. Dopo Suljić, il più noto è Mirzad Mehanović, nato a Srebrenica nel 1993: probabilmente uno dei luoghi peggiori in cui un bambino potesse nascere in quel periodo. Mehanović ha giocato a lungo in Repubblica Ceca, prima di approdare all’Ordabasy, una formazione di vertice del campionato kazako.
FK GUBER: IL CALCIO A SREBRENICA
A Srebrenica oggi c’è una squadra di calcio: il Guber. Il club era attivo anche prima della guerra e nel 1990 aveva raggiunto i sedicesimi di finale della Coppa di Iugoslavia. Poi il conflitto ha fermato tutto. Nell’immediato dopoguerra, la cittadina era abitata solo da serbi-ortodossi, fino a che, nel 2002, i bosniaco-musulmani sono tornati a casa. Le ferite, però, erano troppo recenti e il campo del Guber risultava diviso dalla linea di metà campo, con i bosniaco-musulmani da una parte e i serbo-ortodossi dall’altra. Con il tempo, però, è stato necessario tornare a passarsi il pallone anche oltre quella linea. Nel 2004, il Guber è tornato in attività, riunendo le due etnie sotto un’unica maglia blu. Oggi, gli idoli della squadra sono il bosniaco-musulmano Sadik Hasanović e il serbo-ortodosso Njegoš Ilić: forse un raggio o una speranza per un futuro di pace, che ancora oggi pare quanto mai lontano.
(L’immagine di copertina è stata realizzata da Sandro Schuh.)
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