Geopolitica

Salvini, gli USA e l’interesse nazionale dell’Italia

20 Giugno 2019

Salvini a Washington fa le prove da premier e gli Usa cercano un alleato affidabile. Per l’Italia l’alleanza è imprescindibile, ma la nostra casa è l’Europa. 

 

Grande risalto ha avuto nel nostro paese la visita di Matteo Salvini a Washington, ove il ministro degli interni è stato indubbiamente trattato come un leader politico nazionale di prima grandezza, in procinto di assumere la responsabilità di guidare l’Italia. I colloqui con il capo della diplomazia americana Mike Pompeo e con il Vice Presidente Mike Pence sono una dimostrazione di riconoscimento di un ruolo ben maggiore di quello concesso a Di Maio, nel viaggio di tre mesi fa, sebbene sia mancata la stretta di mano con Donald Trump, forse non a caso.

 

È facile presumere che il nostro vice-premier sia stato approfonditamente interrogato, soprattutto da Pompeo, in merito a tutte le questioni di politica internazionale oggetto dell’attenzione americana: Cina, Iran, Siria (chissà che avrà risposto alle richieste di invio di soldati italiani già notificate a Roma), Russia/Ucraina, Venezuela, Tap e, infine, Unione Europea (leggi Germania). Su diversi di questi temi la politica del governo italiano è stata ondivaga, per non dire posizionata prevalentemente in modo ostile ai desiderata di Washington, per quasi esclusiva volontà del M5s. Le affinità ideologiche dei pentastellati con i chavisti di Maduro, lo stop al Tap e le azzardate aperture a Pechino culminate con l’adesione alle “Vie della Seta” non sono state per nulla apprezzate oltre oceano e rischiano di compromettere pericolosamente l’ottimo rapporto esistente da alcuni anni tra Italia e Usa, rinsaldato lo scorso anno dall’iniziale credito concesso al governo Conte. Il voltafaccia di Trump in Libia e l’inclusione del nostro paese tra quelli “colpevoli” di eccessivo surplus commerciale verso la superpotenza lo dimostrano. Non stupisce perciò che sul Potomac cerchino un cavallo più affidabile sul quale puntare.

 

Salvini (e soprattutto Giorgetti) ha quindi da qualche tempo capito che per governare l’Italia è opportuno essere gradito a Washington. L’ha capito così bene che si è praticamente messo a disposizione di Trump, manifestando quasi totale adesione alla linea americana, peraltro in netto disaccordo con la politica del governo di cui fa parte, anche su questioni in cui l’interesse nazionale italiano (li chiamavano sovranisti…) è opposto, come nel caso dell’Iran. Sugli ambigui rapporti con Putin si potrebbe giurare che il mastino Pompeo non abbia fatto sconti, ma è chiaro che in Via Bellerio hanno da tempo capito l’antifona e soprattutto inteso i limiti da non valicare, come dimostrano i pochissimi (eufemismo) fatti, al netto delle tante parole spese, riguardo al miglioramento delle relazioni italiane con Mosca.

 

 

Indubbiamente gli Usa sono un alleato di importanza e potenza unica, con cui mantenere un profondo e proficuo rapporto, vitale per qualsiasi governo sieda a Palazzo Chigi e da utilizzare anche contro certi eccessi dell’Europa germanocentrica, se necessario. Tuttavia, esso andrebbe coltivato avendo ben chiaro quali siano i rapporti di forza e quali gli effetti per l’Italia della politica ostile e, nelle intenzioni, disgregatrice, dell’amministrazione Trump verso l’Unione Europea, di cui, volenti o nolenti, facciamo parte. Apparire come i protetti dalla Casa Bianca non sarà molto probabilmente sufficiente a surrogare la scarsità, per non dire l’assenza, delle alleanze nel nostro continente, né garantirà all’Italia quella libertà di azione che spesso rivendicano i nostri leader politici. Di certo, collaborare ad indebolire l’Ue sarebbe la peggiore strategia possibile nel perseguimento del nostro interesse nazionale, con buona pace di chi pensa che l’industria italiana possa sfuggire a eventuali dazi aggiuntivi indirizzati verso l’Europa.

 

 

Francesco Linari

 

P.s. Il giorno dopo la visita di Salvini, Trump ha twittato con i toni abituali contro Mario Draghi e il discorso in cui il Presidente della Bce ipotizza la ripresa dell’utilizzo di strumenti di politica monetaria espansiva non convenzionali per sostenere l’inflazione, da noi Italiani, e in particolare dalla Lega, sempre richiesti. E’ forse l’antipasto di probabili forti tensioni tra le due sponde dell’Atlantico nei prossimi mesi. Dovrebbe essere superfluo spiegare da che parte debba stare l’Italia.

 

Vero, Capitano?

 

 

 

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