Geopolitica
Salario minimo più alto e maggiori tasse ai ricchi: in Nuova Zelanda si può
Non è un pesce d’aprile. Da domani, primo aprile, in Nuova Zelanda il salario minimo sarà di 20 dollari neozelandesi l’ora (circa 12 euro) e l’aliquota fiscale massima per i cittadini più ricchi sarà portata al 39%.
Come riporta il Guardian, da domani parte una nuova era sull’isola. Oltre a queste due misure, decisamente le principali della riforma in procinto di vedere la luce, ci sarà un aumento delle indennità di disoccupazione e malattia. L’aumento del salario minimo sarà di 1,14 dollari ogni ora (0,97 euro) e interesserà oltre 175mila lavoratori. Sull’intera economia l’aumento sarà di 216 milioni di dollari.
Un aumento graduale e continuativo
Jacinda Ardern, la popolare premier neozelandese, ha aumentato gradualmente il salario minimo negli ultimi quattro anni. Lo ha fatto in maniera continuativa, di anno in anno, tramite piccoli aumenti. In tal modo, ha rispettato e continua a rispettare una delle sue promesse elettorali.
Il prossimo passo potrebbe essere quello della riduzione della settimana lavorativa a 4 giorni, come il primo ministro sta incitando a fare da quando è al potere. Nel disegno di Ardern per uscire dalla crisi dovuta alla pandemia – che comunque in Nuova Zelanda è stata ben più blanda che in altre parti del mondo, per motivi geografici e politici – la flessibilità sul lavoro è un aspetto chiave.
Sull’agenda economica del governo sono ben evidenziati due problemi lancinanti per gli isolani: costi di alloggio e povertà infantile. Ad Auckland, capitale e principale centro economico – diciamo pure nevralgico – dell’intero sistema kiwi, i prezzi delle abitazioni sono tra i più insostenibili al mondo. Il prezzo di una casa si attesta a circa 11 volte il reddito medio. È una proporzione che parla da sola. La povertà delle famiglie delle fasce più deboli finisce per riversarsi molto spesso sui membri più piccoli del nucleo.
Nonostante Ardern possa godere di livelli di popolarità elevatissimi, la riforma che entrerà in vigore domani ha riscosso più di una critica. L’opposizione, naturalmente, si è subito scagliata contro la decisione; Scott Simpson, portavoce del partito nazionale per le relazioni sul posto di lavoro è stato molto netto: “Aumentare bruscamente il salario minimo durante un periodo di estrema incertezza per le piccole imprese è vandalismo economico” ha affermato uno dei più accesi rivali di Jacinda Ardern. Anche all’interno dell’esecutivo c’è stato chi non è parso troppo d’accordo. Il ministero degli Affari, dell’Innovazione e dell’Occupazione aveva consigliato al governo di ritardare l’aumento a causa dell’incertezza economica dovuta alla pandemia da COVID-19.
L’aumento delle tasse e il gettito atteso
La nuova aliquota fiscale massima si applicherà solo ed esclusivamente a chi guadagna oltre 180mila dollari all’anno. Parliamo dunque di redditi che superino i 107mila euro nei 12 mesi. Le persone interessate dovrebbero essere circa il 2% di tutti i neozelandesi. Le entrate aggiuntive stimate dal governo per il 2021, a seguito dell’entrata in vigore di questa nuova tassa, ammontano a 550 milioni di dollari.
I dati dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) mostrano che il salario minimo neozelandese era già tra i 5 più alti al mondo, fin dal 2019. Ne hanno goduto numerosi lavoratori anche durante la pandemia dunque, a partire da quelli impiegati nelle mansioni più sensibili per la difesa contro il virus: i dipendenti degli aeroporti e chi è occupato alle frontiere.
Leggendo queste notizie ci viene scontato domandarci se non sia possibile prendere esempio e ispirazione dalle politiche del governo Ardern in tema di lavoro.
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