Geopolitica
Ritratto di un Paese e dei suoi demoni interiori
Il Cremlino sta pianificando un’offensiva in Ucraina su più fronti all’inizio del prossimo anno.
Nel 1954 si decise di annettere la regione di Crimea alla Repubblica Socialista Sovietica d’Ucraina per migliorare l’economia della penisola distrutta dalla guerra. Non si trattava di un dono della “nazione fraterna russa” ma, visti gli stretti legami economici e culturali preesistenti e la vicinanza territoriale con l’Ucraina, di una esigenza economica
Dall’epoca in poi, gli ucraini hanno trasformato la Crimea nel “centro di benessere”, pubblicizzato da molti film dell’epoca e quelli recenti. Prima del 2014 la Crimea, famosissima per il suo clima e il mare, ospitava annualmente 5-6 milioni di turisti.
Nel 2014, in Crimea comparvero i primi militari non identificabili, denominati successivamente “omini verdi”. A Mosca si diceva che si trattava del “movimento di autodifesa di Crimea”, che aveva “tolto le armi all’Esercito ucraino” ed aveva “acquistato le uniformi nei negozi di articoli militari”. La propaganda russa iniziò attivamente a parlare della “necessità di proteggere i russofoni in Ucraina”, trovatisi secondo il Cremlino “sotto attacco”.
Esistono davvero russofoni? La smania di Putin di allargare i suoi confini annettendo la Crimea non è certamente dovuta alla volontà di assicurare una patria ai Russi residenti in Crimea, ma alla sua sete di espansionismo. In Russia, l’egemonia del Cremlino non consente alle minoranze di esprimersi pienamente. La popolazione russa è costituita da una immensa varietà di minoranze nazionali, un crogiuolo di gruppi etnici, lingue e religioni che sono impossibilitati a esercitare appieno i lori diritti. Si assiste ad una crescente emarginazione delle minoranze in quanto non sono previsti progetti di inclusione, basta pensare che si è realizzata una riduzione dell’istruzione nelle lingue minoritarie, nonché restrizioni generali sulle libertà fondamentali.
La richiesta dell’oscuramento dello spettacolo a tre giorni dalla prima mondiale dell’atteso balletto dedicato a Rudolf Nureyev sarebbe arrivata dal ministro russo della Cultura, preoccupato che lo spettacolo potesse violare la legge che vieta la “propaganda dell’omosessualità” tra i minori perché molti ballerini avrebbero danzato completamente nudi e sul palco sarebbe stata mostrata una gigantografia di Nureyev nudo.
Eppure la Russia è la madre di tanti artisti che anche quando erano costretti nei limiti dei canoni ufficiali, hanno saputo trasmettere qualcosa di speciale e unico, e le loro immagini continuano a emozionare ancora oggi. Si pensi a Rodchenko che ha influenzato l’arte della fotografia probabilmente quanto Cartesio ha influenzato la scienza. Scattò immagini del mondo dall’alto, dal basso e da tutti i lati, esortando lo spettatore a individuare l’invisibile. All’inizio degli anni Trenta, utilizzò la fotografia come uno strumento importante per il cambiamento sociale, mostrando il contrasto tra la vita sovietica romanticizzata e quella reale.
Il motivo per cui scattiamo e condividiamo foto personali sembra dovuto non solo alla presenza di tecnologie adatte, ma si abbina ai meccanismi neuronali, che rendono gli scatti una strategia cognitiva adatta alla nostra percezione. Gli scatti sono tecniche di rappresentazione visiva diverse dalle raffigurazioni pittoriche poiché sono realistiche e facili da creare, racchiudono informazioni casuali, elementi di contorno, e gli osservatori sono portati a credere che le immagini immortalate siano realmente accadute
L’anima russa è profondamente musicale e la musica accompagna tutta la vita del popolo russo; è caratterizzata da una malinconia che contraddistingue tante canzoni dei popoli oppressi e che raccoglie i riflessi del paesaggio, delle steppe senza fine, dei grandi fiumi, delle foreste impenetrabili, delle paludi, delle desolate pianure nevose. Aggettivo assolutamente calzante per l’arte russa e la Russia più in generale è struggente- È una terra ricca di voci sonore, particolarmente di bassi. Le emozioni forti à la rousse si elargiscono col contagocce, con lentezza, ma inesorabilmente, così, quasi senza accorgersene, ci si ritrova in una “valle di lacrime”.
Sappiamo da tempo immemorabile che la musica può avere effetti terapeutici: gli antichi greci individuavano un rapporto tra musica e medicina, e nella Bibbia, in particolare nei salmi, ci sono riferimenti agli effetti benefici del suono e degli strumenti. Gli stessi effetti che sperimentiamo in prima persona quando ascoltiamo una canzone che ci piace. E oggi stiamo cominciando a capire perché, grazie agi studi di neuroimaging che permettono di valutare gli effetti della musica sulla plasticità cerebrale, per esempio in neonati o su pazienti neurologici.
In foto: Cavalli G. DE Chirico
Cavalli in riva al mare
Firenze, Collezione Roberto Casamonti
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