Geopolitica
Ritorno a Kiev un anno dopo: «C’è tanta stanchezza e non si sa quando finirà»
Alex, ucraino d’origine, vive in Italia da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, un anno fa qui su Gli Stati Generali ci ha raccontato la sua storia. A settembre e per le vacanze di fine anno è tornato a Kiev, dove vive ancora la sua compagna e suo padre. Lo incontro per farmi raccontare, dopo due anni di guerra e dopo un anno dalla sua ultima visita nella capitale ucraina, come sono cambiate le cose.
“Apparentemente la città è cambiata, qualcosa è ripartito, ma la realtà è diversa, molte persone non ci sono più, perché morte o perché sono state reclutate per la guerra, chi ha potuto, soprattutto famiglie con bambini, si è trasferito in un altro Paese. Gli stipendi sono diminuiti, le aziende faticano a trovare personale, c’è chi fugge e chi decide di rimanere, ma si respira un’aria comune: la gente è stanca della guerra. I missili raggiungono la città quotidianamente, le sirene suonano di continuo, è doloroso per me che torno dopo tanto tempo constatare che tutto questo è diventato “normale”. I miei concittadini si sono abituati a questa triste realtà. A differenza di un anno fa, ho visto perdere la fiducia per il futuro, sono passati due anni, da quando è iniziata la guerra, quando finirà? E dopo cosa resterà? Questo è quello che mi confidano, quello che leggo nei loro volti, stanchezza e un futuro che non riescono ad immaginare. In Italia si vive la stessa stanchezza, ma solo per le notizie che si ripetono, la guerra non fa più notizia, si è persa l’empatia iniziale, se ne parla sempre meno e con una sensazione di sfinimento. Ho paura che la solidarietà iniziale sia diminuita. In questo momento chi è scappato con il desiderio di tornare come può farlo? Molte città sono andate interamente distrutte, non c’è più nulla, c’è una città che si chiama Artemovsk dove si faceva uno spumante famoso, commercializzato non solo in Ucraina, ma anche in Russia, realizzato con il metodo classico, oggi non esiste più. Questo è solo un esempio di come i russi vogliono imporre il loro stile di vita a noi ucraini, attraverso l’invasione. I prezzi sono aumentati del 30-40% in tutti i settori, anche nei trasporti. Miei ex colleghi che lavorano nel settore del caffè vengono pagati un terzo rispetto a prima della guerra, perché le stesse aziende guadagnano un terzo rispetto ad allora”.
Come fanno le aziende a sopravvivere, avendo un grosso problema di personale?
“Ci sono gli uffici militari che continuano a ricercare persone da reclutare per la guerra e siccome le aziende che assumono sono obbligate a dichiarare i lavoratori agli uffici preposti, spesso i nuovi assunti vengono reclutati per la guerra. Sì è quindi creato un sistema per il quale molti sono costretti a lavorare in nero o a lavorare da casa, ma non per tutti è possibile. Molte aziende licenziano persone per non farle risultare abili alla guerra, le fanno lavorare da casa ma con compensi inferiori. Capisci quindi che manca il personale, ci sono professioni come la mia, generalmente svolte da uomini, e le aziende non vogliono correre il rischio di vedersi privare di manovalanza a causa della guerra”.
Uso un termine forse un po’ forte ma che rende l’dea e gli chiedo: quindi sono persone imboscate?
“Si tratta di persone che non sono ancora state reclutate, perché per molti anni, a causa dell’eccessiva burocrazia in questi uffici militari, gli elenchi non sono stati aggiornati, è come se queste persone non esistessero, emergono nel momento in cui iniziano a lavorare ufficialmente. La regola dice che fino a 45 anni qualsiasi persona ritenuta idonea può essere arruolata nell’esercito ed è obbligata in caso di necessità. Fino a questa fascia di età gli elenchi sono più aggiornati, la fascia di cui parlo è quella che va dai 45 ai 60 anni dove c’è molto sommerso, c’è carenza di militari, ma anche loro potrebbero essere arruolati. Dopo due anni di guerra serve un ricambio, ma questo non è automatico, perché per il fronte serve una preparazione specifica che richiede tempo. Il governo vive la formazione dei nuovi soldati con preoccupazione perché spesso avviene all’estero, in Polonia, in Germania in Inghilterra e anche in Italia ma c’è il rischio che poi qualcuno scappi e non torni più. Questo è il risultato dell’incertezza che si respira, precedentemente tutti erano pronti a sacrificarsi per il Paese, oggi non più, mancano le strutture sanitarie all’altezza per accudire militari feriti, la gente ha paura”.
Molti decidono di rimanere, l’attaccamento alla terra è molto forte, nel Natale del 2022 Alex è riuscito a strappare una promessa al padre e alla fidanzata di raggiungerlo in Italia quando si fosse sistemato, cosa che è avvenuta nei primi mesi del 2023, ma loro fanno parte di quella categoria, la promessa non è stata mantenuta, almeno per ora.
“Mio padre è stanco della guerra, ma penso che non verrà mai, sono rassegnato, la mia fidanzata lavora in un supermercato non ha ancora deciso, capisco che si tratti di una scelta forte, devi decidere senza pensare a ciò che lasci, altrimenti non lo farai mai. Mio cugino ad esempio, che viveva a Odessa, lo scorso ottobre ha deciso di trasferirsi in Germania, pur avendo un figlio molto piccolo. Ora sta iniziando ad imparare la lingua, lì ci sono procedure ben definite. Come ti raccontavo un anno fa, un mio caro amico che si era costruito la casa dei sogni a Irpin, completamente rasa al suolo dai bombardamenti, si è trasferito in Inghilterra, ha trovato lavoro in un’azienda che si occupa di logistica e collabora con altri ucraini con un’associazione umanitaria, sua figlia ha studiato inglese e ora è stata inserita nella scuola secondaria, insomma nuove vite, sicuramente non quelle che avrebbero desiderato, ma almeno riaffiora una speranza per il futuro”.
La tanto attesa controffensiva non ha dato i risultati sperati, il mondo intero si aspettava un esito diverso e una svolta nel conflitto, chiedo ad Alex come i cittadini di Kiev hanno reagito alla mancata aspettativa.
“Sì è vero, le aspettative erano sicuramente diverse, ora la preoccupazione è sulla durata del conflitto, tutti si chiedono quando finirà e come sarà il dopo, come torneranno i militari dopo anni di guerra, quali strascichi lascerà il conflitto nelle loro vite, ma non vedo rassegnazione, la guerra può finire solo trovando un giusto compromesso altrimenti si va avanti”.
In una situazione come questa gli domando se la fiducia nel presidente Zelensky è ancora alta.
“Il presidente ha sicuramente commesso degli errori, ma si è speso molto per il suo popolo e continua a farlo; non tutti i componenti del suo partito sono però ben visti, alcuni continuano a mantenere uno stile di vita elevato, spese superflue, auto lussuose, che in un momento come questo sono uno schiaffo in faccia ai cittadini, sono aumentate le critiche, complessivamente la fiducia è diminuita”.
La Casa Bianca, alle prese con i negoziati tra democratici e repubblicani, ha interrotto fondi e assistenza all’Ucraina, Kiev vede assottigliarsi sempre di più il tempo per assicurare al Paese invaso nuove forniture militari da parte dei partner occidentali.
“È vero mancano armi, ma in qualche modo ancora arrivano, si tratta di forniture deliberate e concordate in precedenza, il problema potrebbe verificarsi tra sei mesi, se la situazione non si sblocca a breve. Il premier britannico è venuto di recente a Kiev e ha annunciato 3 miliardi di aiuti, il presidente Zelensky si è recato in Svizzera per chiedere ospitalità per un vertice di pace, la Svizzera pur dichiarandosi neutrale, ci aiuta attraverso la Svezia e la Norvegia”.
La sensazione che avverto dai suoi racconti è quella di un popolo che non percepisce un’attuale situazione di debolezza, anzi traspare la volontà di resistere per rientrare in possesso dei territori occupati, nonostante la stanchezza, secondo Alex il 60-70% della popolazione vorrebbe continuare a combattere, ma anche che tra tutte le persone uscite dal Paese, chiedendo ospitalità principalmente ai Paesi Europei, almeno il 50% non farà ritorno.
“A Kiev il lavoro è ripartito, funzionano i bar, i ristoranti, devi considerare però che il coprifuoco inizia alle 23 e termina alle 5 della mattina. In questo lasso di tempo non si può assolutamente uscire di casa, salvo autorizzazioni particolari, per cui il lavoro per le attività commerciali è limitato. Durante il giorno il suono delle sirene si ripete incessante, molte persone non si ritirano nemmeno più nei rifugi”.
Ci sono ancora tanti bombardamenti?
“Altroché. Dal 29 dicembre al cinque gennaio ogni notte la città è stata bombardata. Il due gennaio alle 8.30 della mattina un missile ha colpito un magazzino nelle vicinanze di Kiev, che aveva appena accolto i lavoratori, completamente distrutto, non si è salvato nessuno. Non si è più sicuri di nulla, da un giorno con l’altro potresti non trovare più la tua casa. Ora che è arrivato il freddo di notte si arriva fino a -14°, i bombardamenti si concentrano sulle infrastrutture che portano il riscaldamento nelle case, con l’obiettivo preciso di lasciare le persone al freddo. Gli aiuti permettono alla città di proteggersi, ma anche 100 droni contro 80 missili non sono sufficienti, qualche missile elude la difesa e inesorabilmente colpisce l’obiettivo. Qualche struttura viene ripristinata, strade ponti, ma quanto possono nuovamente durare? Anche i russi a mio avviso sono stanchi, anche loro patiscono la diminuzione di forniture militari da parte di aziende colpite dalle sanzioni degli americani. L’inverno in queste condizioni è ancora più duro, aspettiamo la primavera con la speranza che qualcosa cambi”.
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