Geopolitica
Ramzan Kadyrov, l’utile ceceno al servizio di Putin
Uno dei protagonisti secondari della guerra in Ucraina ha un nome conosciuto. Si chiama Ramzan Kadyrov ed è il leader della repubblica cecena. La sua storia inizia almeno venti anni fa, in un paese dilaniato dalla guerra, in preda alle convulsioni interne di un separatismo e di un conflitto tra diverse fazioni militari e paramilitari che hanno destabilizzato l’area in modo sanguinoso e cruento.
Per tutti gli anni ’90 la Cecenia ha rappresentato al meglio il collasso dell’ex Unione Sovietica, umiliando, di fatto, il governo di Mosca con militanti risoluti e spietati che lottavano per la creazione di uno stato indipendente. Il problema non era limitato, perché la destabilizzazione che portava la Cecenia rischiava di infiammare l’intera regione caucasica e dare molto da fare a Vladimir Putin che aveva ereditato la situazione da Boris El’cin dopo il primo decennio — disastroso — della storia della federazione russa. La situazione in Cecenia era dominata dal caos, diverse fazioni che avevano portato l’integralismo islamico all’interno del paese sembrarono placarsi solamente quando l’allora mufti Achmat Kadyrov, prese in mano la situazione decidendo di collaborare con le autorità russe.
Con Kadyrov (padre), Putin stipula un primo accordo informale durante i primi mesi della seconda guerra cecena, un patto che sembra durare ancora. L’idea era quella di affidare a Kadyrov il governo della Cecenia chiedendo rassicurazioni sulla stabilità della repubblica, lasciando via libera al nuovo leader ceceno su come realizzare questa ritrovata “pace” strumentale. A Grozny, praticamente rasa al suolo, nacque dapprima l’amministrazione locale di Ahmad Kadyrov e poi la sua investitura come presidente. Di fatto la Cecenia divenne espressione della volontà personale di una sola famiglia, Mosca garantiva i finanziamenti per la ricostruzione e anche un livello di sussistenza minimo ai residenti. I gruppi politici ceceni non in linea con il nuovo governo vennero emarginati, talvolta eliminati, talvolta messi a tacere con l’affido di strutture di potere.
Tutto cambia però a maggio 2004. Ahmad Kadyrov viene ucciso in un attacco terroristico nella capitale. Non sappiamo con certezza chi sia stato ad ordinare l’eliminazione del leader, secondo diverse teorie potrebbe essere stato direttamente Putin, insoddisfatto della sua condotta autoritaria troppo personale e appariscente. Comunque sia è qui che ha inizio la storia di Ramzan Kadyrov. All’epoca 28enne, dimostra alla Russia di essere efficace nel mantenere il potere tanto quanto il padre e soprattutto di voler rimanere fedele al patto stipulato con Mosca.
Ramzan Kadyrov si sbarazza in fretta di rivali politici e attivisti. Alcuni li porta con sé, affidando posizioni di potere, altri li fa uccidere senza porsi troppi problemi, oppure li costringe a non interferire negli affari interni della repubblica. I legami con Mosca si fanno più saldi, anzi, diversi uomini d’affari ceceni diventano emissari del governo di Grozny al Cremlino, fanno girare denaro, ma politicamente restano sempre subordinati al nuovo presidente che tiene saldo il potere con dipendenti leali a cui si aggiungono esponenti dell’islam moderati. Kadyrov (figlio) realizza uno stato di cui è l’unico detentore del potere, di stampo medievale se vogliamo, in cui la popolazione viene terrorizzata con l’uso di unità armate paramilitare in cui ogni tentativo di dissenso viene represso fino alle estreme conseguenze. Rimanendo al passo coi tempi anche l’informazione viene saggiamente manipolata e diventa una unica enorme propaganda, che diffonde il culto del leader ceceno e della sua famiglia, tra cui ovviamente l’indimenticato Ahmad.
La Russia sta a guardare, implicitamente approva l’operato di Kadyrov, le sue nefandezze sono compensate dalla sua utilità: ha feroci unità militari disposte a tutto ed essendo una repubblica fondamentalmente islamica, rappresenta un ottimo biglietto da visita per il mondo arabo e medio orientale. Ma non solo. Kadyrov controlla l’economia e anche la criminalità cecena, che spesso travalica i confini e si espande al territorio russo. Sono state create società ad hoc per la ricostruzione e per progetti commerciali, ed anche la Fondazione Kadyrov una sorta di cassa di stato alternativa che non ha alcun vincolo e dirige il suo capitale su investimenti o aiuti alle famiglie più povere.
È importante sottolineare anche che la Cecenia rimane uno stato molto lontano dal “mondo russo”, ha una propria cultura, propri costumi e un’identità molto forte. La lingua cecena, ad esempio, è diventata negli ultimi anni sempre più usata anche a livello pubblico: incontri formali nel governo della repubblica sono condotti in lingua locale e non tradotti in russo, così come le dichiarazioni che i funzionari rilasciano ai media locali. Stessa situazione vi è anche a livello giuridico. Ad operare nella regione sono tribunali russi applicando la legislazione federale ma di fatto la repubblica è governata da un misto di leggi storiche cecene e sharia islamica. Nemmeno Ramzan Kadyrov ha fatto mistero di ignorare le leggi della Federazione Russa, proseguendo con quelle della tradizione locale e della religione. Non è un problema, ad esempio, sparare a truppe che entrano nei confini ceceni, siano esse di paesi limitrofi o della federazione russa. Tutti fanno capo solo esclusivamente al presidente, compresa, ad esempio, la polizia, che nominalmente fa parte del sistema federale, ma tecnicamente è un personale esercito ai comandi di un solo uomo.
L’utilità di Kadyrov
La stabilità della Cecenia ha permesso all’amico di Putin di iniziare a partecipare, con le proprie truppe, a conflitti al di fuori dei propri confini, come in Georgianel 2008 (con il famoso battaglione Vostok), oppure in velate occupazioni come quelle della Crimea e del Donbas nel 2014. Mediaticamente Kadyrov è forte, Putin lo sa e gli concede il lusso di commentare attivamente la situazione della Russia, prendendo ovviamente le parti del governo contro l’opposizione, lanciandosi in tempi non sospetti contro il governo fascista di Kiev e rimarcando la sua amicizia con Mosca. Innegabilmente Kadyrov ama e controlla benissimo la propaganda. Ha costruito attorno a sé la figura dell’uomo forte, religioso e fedele a Putin. È passato dal controllo delle televisioni a quello dei social media, partecipa spesso a talk show dei media russi e ne invita volentieri molti in Cecenia. Le sue pubbliche relazioni lo hanno fatto diventare popolare anche nel mondo dello spettacolo, dello sport, stringendo amicizia con personaggi noti a livello internazionale, ma si è fatto anche promotore di stili di vita sani (lotta all’alcolismo e alla tossicodipendenza) e osservatore di valori tradizionali ceceni e islamici. Dai media russi viene presentato come un leader positivo e come tale è conseguentemente considerato dai russi.
La sua attività lo ha portato a diventare molto amico dei paesi del medio oriente: incontra politici locali, uomini d’affari, religiosi e si reca spesso in visita in capitali e luoghi di culto. Grazie alla sua intraprendenza e alla fiducia accordatagli da Putin è uscito dalla sfera d’influenza locale acquisendo una discreta notorietà in tutta la federazione russa. Riesce a fare ciò dimostrando la sua fedeltà — nonostante la rivendicazione della propria autonomia — e soprattutto la sua utilità al governo di Mosca. Mediaticamente per Kadyrov è importante mantenere lo status di “vassallo”. La sua forza propagandistica è anche la sua carta vincente, senza di essa sarebbe sopraffatto, probabilmente come il padre. Le truppe inviate in Ucraina per conquistare Kiev e sconfiggere il nazismo sono l’ennesima riprova che il leader ceceno deve dimostrare qualcosa a Putin e in questo caso lo ha fatto per sopperire ad un calo di popolarità del suo stesso mentore, mentre le proteste e le repressioni nelle piazze di Mosca e San Pietroburgo incrinavano ancor di più la posizione di Putin nei media locali e internazionali.
Non tutti in Russia però amano Kadyrov. Lo sanno bene i “siloviki” che, da esponenti di una vecchia politica ed establishment politico post sovietico, non hanno mai visto di buon occhio le attività del leader ceceno, soprattutto quando si è trattato di operazioni in territorio russo, attentati e omicidi a giornalisti e oppositori che avevano inevitabilmente destato il sospetto del marchio delle squadre cecene.
La questione per Putin è di riuscire a gestire Kadyrov senza scatenare l’ira dei siloviki, strutture di potere che nonostante tutto continuano ad essere molto rilevanti nonostante lo status ormai consolidato di uomo solo al comando da parte del nuovo zar. Mentre il problema per Kadyrov è quello di riuscire a perpetuare il proprio potere personale in Cecenia, una regione storicamente e mentalmente egualitaria, in cui non sono mai state presenti autorità così forti che hanno consolidato il proprio potere sulla violenza, ma una società basata su rapporti tra famiglie e clan alla pari.
Al momento però l’utilità è più forte della preoccupazione. Kadyrov per Putin rappresenta stabilità della Cecenia, strumento di controllo e megafono di propaganda, nella federazione russa e soprattutto in medio oriente. Il rischio di una rottura del patto è minimo. Il separatismo ceceno è ancora un problema per Mosca, ma per il momento sia Mosca che Grozny hanno l’uomo giusto. L’indebolimento del potere di Putin, una crisi politica ed economica, potrebbe far perdere il controllo della Cecenia e con esso potrebbe inasprirsi un ritrovato indipendentismo, mosso anche dai movimenti delle diverse fazioni messe a tacere dal primigenio accordo con Kadyrov padre, pronte a un regolamento di conti che sarebbe davvero cruento e sanguinoso.
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