Geopolitica
Putin: finirà alla sbarra per crimini di guerra?
La domanda a cui cercherò dare una risposta è suggestiva ma non del tutto ipotetica: Putin potrà finire i suoi giorni alla sbarra come accadde a Milosevic e altri?
Per prima cosa occorre sapere che i crimini contro il diritto penale internazionale, con lo Statuto di Roma, la convenzione stipulata nel 1998 e successivamente ratificata da 123 stati, hanno nella Corte Penale Internazionale con sede a L’Aja un organo indipendente che li persegue e li giudica.
Non si tratta di condanne che rilevano unicamente sul piano politico o formale ma che obbligano gli stati che hanno aderito alla convenzione a dar loro esecuzione.
La giurisdizione della Corte, tuttavia, ha dei limiti, il primo dei quali è determinato dall’adesione o meno dei singoli stati alla convenzione. La Russia, così come la Cina e gli Stati Uniti, con l’avvento al potere di Putin, non ha perfezionato l’adesione alla convenzione restandone fuori, nonostante l’iniziale voto favorevole espresso al tempo della presidenza di Boris Eltsin.
La circostanza, per effetto dell’approvazione del cosiddetto emendamento di Kampala del 2010, porta a escludere dalla giurisdizione della Corte condotte degli Stati “non parte” della convenzione ancorché palesemente in violazione dei principi fondanti del diritto internazionale, recepiti nella carta delle Nazioni Unite, quali l’uso della forza armata e la proibizione inderogabile del crimine di aggressione.
In questo senso, nonostante che le sue azioni costituiscano indiscutibilmente un crimine in base al diritto internazionale, non sarà possibile portare Putin immediatamente davanti alla Corte per risponderne, non avendo la Russia ratificato lo Statuto di Roma.
La vicenda giudiziaria si chiude qui, senza che vi siano conseguenze, giuridiche e politiche, e senza che i crimini a cui stiamo assistendo possano trovare giustizia?
Forse, stavolta, non andrà così. L’Ucraina, con una dichiarazione formale del 2015 e poi approvando nel 2016 una specifica modifica della propria costituzione, ha formalmente accettato la giurisdizione della Corte Internazionale Penale sia in relazione ai fatti antecedenti la “rivoluzione di Euromaidan” che per quanto riguarda i crimini puniti dal diritto internazionale avvenuti nel proprio territorio successivamente ad essa (con particolare riferimento a quanto accaduto in Crimea e nel Donbass).
L’accettazione della giurisdizione da parte dell’Ucraina ha messo quindi in condizione il procuratore della Corte, il britannico Karim A. A. Khan (nella foto) di poter promuovere, a seguito della denuncia di 39 stati membri (fra cui l’Italia, che non si è sottratta alle proprie responsabilità politiche e morali, e addirittura la Svizzera, paese noto per la sua storica neutralità), un’indagine preliminare per i crimini commessi sul territorio della nazione aggredita.
Particolarmente significativa al riguardo la dichiarazione rilasciata dal procuratore Karim Khan sul sito ufficiale della Corte:
“Desidero inviare un messaggio chiaro a tutti coloro che partecipano alle ostilità.
Se gli attacchi sono intenzionalmente diretti contro la popolazione civile: questo è un crimine che il mio ufficio può indagare e perseguire. Se gli attacchi sono intenzionalmente diretti contro oggetti civili, compresi gli ospedali: questo è un crimine che il mio ufficio può indagare e perseguire.
Coloro che prendono parte a queste ostilità, sia come forze armate regolari, milizie o gruppi di autodifesa, devono sapere che indossando un’uniforme o portando armi non sono assolti dalla responsabilità, ma assumono obblighi legali aggiuntivi. Per coloro che non agiscono in conformità con il diritto umanitario internazionale, il mio Ufficio ha il potere di agire per garantire che coloro che hanno commesso crimini internazionali siano ritenuti responsabili in conformità con lo Statuto di Roma.”
Il messaggio è chiaro: se anche non sarà possibile perseguire la Russia e segnatamente il suo leader per il crimine di aver aggredito e invaso la nazione vicina, non per questo i crimini commessi in guerra, in relazione ai quali si stanno raccogliendo prove e testimonianze, potranno restare impuniti. Lo stesso Putin, se vi dovesse essere conferme in merito a un suo ordine di colpire intenzionalmente obbiettivi civili al fine di logorare la resistenza degli ucraini, potrebbe esserne ritenuto responsabile al pari dei suoi ministri e generali, portato alla sbarra, e condannato a scontare una pena detentiva.
A quel punto, oltre che aver portato il suo paese a diventare una sorta di paria nel consesso delle nazioni, Putin stesso potrebbe essere soggetto ad arresto non appena dovesse mettere il naso fuori dal proprio paese, perfino se dovesse recarsi in Svizzera, paese neutrale per eccellenza e ciononostante firmatario della denuncia per i crimini commessi in Ucraina in questi giorni.
Uno scenario meramente ipotetico? Forse, ma non del tutto irrealizzabile. In ogni caso, sarebbe lo scenario che meglio di ogni altro, affermando il primato del diritto sulla forza, restituirebbe fiducia ai cittadini di ogni parte del mondo nella giustizia internazionale.
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