Geopolitica
Putin e la centralità russa nella sfera euroasiatica
Il discorso di Wladimir Putin è già storia. Un discorso iconico, preparato, addirittura registrato da giorni mentre pubblicamente fingeva di trattare con Macron e i leader europei. L’immagine con alle spalle la bandiera russa col simbolo di San Giorgio che uccide il drago – simbolo degli Zar, dei Romanoff – incarna benissimo il messaggio. L’obiettivo infatti non è tanto l’occupazione dell’Ucraina, quanto quello di riportare la Russia al centro del nuovo ordine mondiale, con un ruolo da protagonista nella sfera euro-asiatica, rispolverando l’arma militare.
Al diavolo (per ora) economia, finanza, cultura, immagine e quant’altro ha dominato la società europea negli ultimi trenta anni. L’obiettivo è ricreare un nuovo ordine mondiale nel quale la Russia (non l’Unione Sovietica comunista, attenzione!) sia uno dei perni politici e militari con cui fare i conti, un paese che controlla una parte del mondo euro-asiatico, l’unico paese europeo a non farsi problemi ad invadere, bombardare e annettere terre, come accadeva nel 1800. E il tentativo, maldestramente narrato dallo stesso Putin, è quello di creare una centralità russa.
La Russia, una democratura che non esita a scaraventare in carcere o a eliminare gli oppositori politici, ha partecipato a tutte le guerre degli ultimi 20 anni, sviluppando aviazione, armamenti e persino corpi di mercenari (la famosa Agenzia Wagner presente in Libia, Siria, Mali… ) che non ha eguali in Europa. In questa situazione gli eserciti europei devono apparire a Wladimir Putin delle pompose e ben lucidate truppe di guardie svizzere. E la NATO, fino a ieri in agonia e incapace persino di controllare l’alleato Erdogan in Siria e in Libia, un vetusto club di vecchi amici che propone illusorie adesioni all’Ucraina.
Nel suo messaggio al mondo Putin ha spiegato la sua versione della storia, attaccando persino Lenin e i bolscevichi che crearono, sempre nella sua curiosa ricostruzione storica, lo stato ucraino. Paradossalmente, mentre lo faceva la nostra bolletta del gas saliva di prezzo. E questa è la seconda arma utilizzata dal nuovo Zar.
Putin ha capito che prima Trump, oggi Biden, sono assorbiti dalla competizione e dal contenimento del vero competitor: la Cina. Tanto che da mesi l’intelligence americano ha spiegato come i russi avrebbero attaccato. Il non intervento americano era chiaro, fatta eccezione per la difesa delle repubbliche baltiche. L’Europa deve gestire le proprie cose da sola, senza più l’aiuto americano, era il messaggio trumpista, perché per Washington il problema numero uno è un altro. Putin ha colto il messaggio, ha visto uno spazio, un vecchio continente dipendente dal suo gas, in crisi di identità e che agli occhi suoi sa parlare solo di diritti. Per il nuovo Zar una grande debolezza.
L’Europa gli appare come una grande Svizzera, fondata sui diritti, attentissima a far rispettare i vincoli di bilancio dello zero virgola, energeticamente dipendente dalla Russia e portata a illudersi di poter dettare la linea morale ed etica a dittatori e a paesi illiberali. Da oggi, forse, per l’Europa cambierà qualcosa. Per gli Stati Uniti l’ennesima conferma che l’Europa non riesce neanche a gestire le questioni interne.
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