Cecilia Sala intervista Zelensky

Geopolitica

L’inquietante pace di Donald Trump

L’evoluzione che sta prendendo la situazione Ucraina crea forte incertezza. Da una parte, si vede la luce alla fine del conflitto. Dall’altra, la possibile pace appare inquietante.

21 Febbraio 2025

L’evoluzione che sta prendendo la situazione Ucraina crea forte incertezza. Da una parte, si vede la luce alla fine del conflitto. Dall’altra, si tratta di una possibile pace inquietante. Sembra profilarsi una pace inquietante contro il diritto internazionale, determinata dalla volontà di spartirsi l’Ucraina da parte di Russia e Stati Uniti.

 

Le bufale di Trump

L’avvicinamento di Donald Trump alla Russia è infatti accompagnato da una totale accettazione della retorica di Vladimir Putin. Parole che pongono l’Ucraina come la principale responsabile della guerra e il presidente Volodymir Zelensky come un pazzo dittatore che opprime il suo popolo. Inoltre, Trump e il suo vice JD Vance insistono nel condannare l’Unione Europea come luogo poco democratico, artefice delle sofferenze americane. Ovviamente, sono balle colossali che vanno rigettate in toto.

Questa retorica sembra funzionale a una guerra psicologica dove prevale il narcisismo dei leader. Trump stuzzica Putin facendogli credere che la Russia abbia vinto la guerra, mentre attacca Zelensky. Putin può così celebrare una vittoria che non c’è, mentre Zelensky può pagare a caro prezzo il rifiuto di indagare sul figlio di Joe Biden, all’epoca in odore di candidatura.

In realtà, Putin ha attaccato l’Ucraina perché percepiva Zelensky come un leader debole, un comico che stava sinceramente provando a dialogare con Mosca per terminare il conflitto regionale iniziato nel 2014. Fortunatamente per l’Ucraina, il comico si è rivelato un ottimo leader al momento dell’invasione totale nel 2022. Grazie alle sue doti attoriali, ha mostrato grande tenacia e ha impedito alla Russia di avvicinarsi agli obiettivi iniziali, che comprendevano la capitolazione di Kiev.

 

I dolori di Putin e Zelensky

Dopo tre anni di guerra, l’Ucraina è esausta da un conflitto enorme per la sua economia e per la sua popolazione. Serve un leader che abbia le capacità politiche e diplomatiche per uscire dalla guerra. Sfortunatamente, nella bella intervista che ha concesso a Cecilia Sala, Zelensky traspare incapace di delineare una possibile conclusione della guerra. Il presidente ucraino afferma che la pace è un rebus per Trump perché le condizioni sono difficili e spera che il presidente americano possa prendere una posizione forte contro Putin.

Ma Trump ha preso la posizione forte di defenestrare Zelensky, perché il magnate non conosce rebus, visto che ha a cuore solo i suoi affari. In questo contesto, probabilmente l’Ucraina necessita di un leader diverso, più abile, più esperto e con il quale Trump non covi rancori personali. Entrambi i generali Valerij Zalužnyj e Kyrylo Budanov sono buoni profili.

Entrambi garantirebbero un futuro all’Ucraina che non sarà quello della Cecoslovacchia del 1938. In quell’occasione, Adolf Hitler si prese in poche settimane l’unico stato portatore di una sana democrazia nell’Europa continentale. Questo scenario per Putin è impossibile. In tre anni di guerra, tutti gli obiettivi russi sono rimasti lontani, tanto che il fronte non si è avvicinato a Odessa. La città sarebbe infatti cruciale per creare il corridoio che dalla Russia arriva alla Transnistria, il territorio autonomo moldavo gestito dalla mafia filorussa.

Senza Odessa, Putin non arriva alla Moldavia e all’Europa via Romania. Le nostre democrazie sarebbero salve, malgrado la pace inquietante, mentre Kiev resterebbe governata da un presidente filo occidentale.

 

La spartizione

Putin può solo far leva sul decennale problema politico che attanaglia l’Ucraina. Il paese è infatti sempre stato diviso in due tra una fascia di popolazione impiegata nell’agricoltura e nel terziario, la quale ha un’impronta filoeuropea. Questa fascia è contrapposta all’area delle industrie e delle miniere, il Donbass, che rimane russofona e nostalgica dell’URSS.

Queste due aree non riescono più a convivere e Putin può approfittarne per prendersi il Donbass. Ciò sarebbe un vulnus per il diritto internazionale. Ma dobbiamo anche ricordare che la Russia ha pagato il prezzo di tre anni di dura guerra sanguinosa accompagnata da sanzioni economiche che hanno stremato la popolazione. Non si capisce cosa Mosca avrebbe da festeggiare.

Si prospetta un accordo imperiale che cessa la guerra ma divide l’Ucraina. Può essere un nuovo patto Molotov-Ribbentrop, con cui Germania e URSS si spartirono la Polonia e dettero il via alla seconda guerra mondiale. O una Jalta in cui le potenze si limitarono a spartirsi le loro sfere d’influenza. Per evitare che il risultato sia il primo, occorre la politica. Occorre che l’Unione Europea acquisisca senso compiuto.

 

Il ruolo dell’Europa

Per questo servono il protagonismo di Emmanuel Macron e le parole di Mario Draghi. Servono un debito, un mercato e un esercito comune, il più presto possibile. In questo contesto, la sinistra deve battersi perché il debito non sia usato per comprare armi, ma soprattutto per la sanità e la messa in sicurezza del territorio e delle acque. Solo così è possibile evitare il peggio, usando questa possibile pace per cristallizzare un nuovo assetto mondiale.

Non certo continuando una retorica bellicista che vorrebbe dare all’Ucraina una vittoria finale in cui non crede nessuno e per cui nessun giovane europeo è intenzionato a dare la propria vita. La pace giusta si ottiene con la diplomazia, visto che le armi hanno già parlato e dato un risultato soddisfacente per l’occidente.

Un risultato che non trapela perché siamo tutti vittime di una società polarizzata dalle opposte retoriche, quella atlantista e quella filorussa, entrambe deleterie. Se la propaganda atlantista è la “nostra” retorica, dobbiamo comprendere come mai si è diffusa quella filorussa. Putin ha sfondato i cuori occidentali perché l’attuale status quo non convince nessuno.

Quarant’anni di politiche neoliberiste hanno distrutto lo stato sociale e gettato nello sconforto la popolazione, che ora non si fida più. E finisce per credere le panzane più strampalate sui vaccini, sul clima e sulla guerra. Fino ad esaltare la politica promossa dal vicepresidente Vance. Una politica che vuole smantellare quel poco di stato sociale e di regole che sono presenti in Europa per favorire la sua cerchia di imprenditori di riferimento, chiamata carinamente “Paypal mafia”.

 

E la sinistra?

Si è creata una vera e propria sconnessione tra una parte dell’elettorato e la realtà. Una sconnessione che beneficia Trump, il quale emerge come una novità rispetto a un passato che per il cittadino medio avvolge tutti e tutto, da George W. Bush a Barack Obama passando per i Clinton.

Se la sinistra europea e il potere tradizionale vogliono risultare credibili, devono far crollare le diseguaglianze e allontanare una guerra che terrorizza la popolazione. Nel frattempo, si devono confrontare con la società problematica plasmata non tanto dalle bufale (che pur sono rilevanti), ma dalle politiche neoliberiste.

Per questo, in Italia non ci si dovrebbe scandalizzare di fronte alle ambiguità di Giuseppe Conte sulle proposte di Donald Trump. A livello fattuale, la sinistra ha bisogno di qualcuno che parli alla parte diffidente dell’elettorato, se intende costruire una coalizione di governo. Una coalizione di volenterosi che ripetono a pappagallo la propaganda occidentale e non accettano una pace inquietante, può piacere a Carlo Calenda, ma politicamente non va da nessuna parte.

Che lo voglia o no, se la sinistra ha intenzione di tornare al governo, ha bisogno di chi si mostra più vicino ai cittadini che alle élite politiche, economiche e burocratiche. Elly Schlein sembra averlo capito, rimanendo testardamente unitaria. I suoi compagni di viaggio molto meno.

 

Foto dalla pagina X di Cecilia Sala

1 Commento
  1. Tutto completamente sbagliato. Zelensky non stava affatto cercando un accordo ragionevole con la Russia nel 2022, cercava di armarsi in attesa del conflitto. I problemi nel 2014 nascono con il colpo di stato di maidan con cui è stato cacciato il presidente regolarmente eletto, la ribellione del Donbass ne è una conseguenza. Ma anche le vicende passate sono totalmente fraintese. Hitler intendeva asservire i popoli slavi e avere il suo “spazio vitale” a Est, la Russia semplicemente non vuole avere vicini ostili (=NATO). Il patto Molotov -Ribbentrop è la diretta conseguenza di Monaco, dove le potenze occidentali avevano dato sostanzialmente via libera a Hitler nei suoi piani di espansione a Est, e non è affatto la causa della seconda guerra mondiale, ma paradossalmente la ragione del suo esito (le potenze occidentali furono costrette a sostenere la Polonia e quindi furono poste le premesse per il “doppio fronte”). Stalin peraltro si limitò a ristabilire la linea Curzon che era il confine Urss-Polonia stabilito a Versailles, non si “divise” affatto la Polonia con Hitler, controlli pure (veda ad esempio il libro di Sandra Weber Il patto, per niente favorevole al dittatore sovietico, ma che mostra bene la realtà). Insomma, prima di parlare di “balle” altrui sarebbe meglio stare attenti a non dirne di proprie

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