Geopolitica
ONG: istruzioni per l’uso
ONG, cosa c’è dietro all’acronimo? Ospito volentieri il mio amico che ogni tanto, “quasi a scopo terapeutico” come dice lui, mi manda dei pezzi/riflessioni.
Non ne posso dire il nome perché coopera con alcune ONG in zone piuttosto pericolose, il che fa di questi post delle cose preziose.
A voi, amici.
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La sinistra è stata incapace di elaborare una visione realista sulle migrazioni capace di mettere alla prova un qualche tipo di risposta al di là dell’urgenza, ma non per questo l’unico discorso capace di azione è quello della Lega. Il fenomeno delle migrazioni è senza dubbio complesso dal punto di vista storico, antropologico, demografico, economico, sociale e politico, ma non per questo dobbiamo chiuderci nella semplificazione.
Sebbene si preferisca Facebook al dizionario, non vi sono dubbi che le Organizzazioni Non Governative (ONG) agiscono per definizione in modo autonomo e indipendente rispetto alle politiche degli Stati. Anzi, questa è la loro ragion d’essere; laddove gli Stati non ottemperano ai trattati internazionali e non rispettano i diritti umani fondamentali, sia per fini politici o per inadempienza o per mancanza di mezzi, le ONG intervengono con sempre maggiore professionalità. Per essere ancora più chiari: in quanto membri attivi della società civile le ONG sono da sempre attente al rispetto delle leggi, a cominciare dal Diritto Internazionale. Anzi, spesso e volentieri si impegnano per spingere proprio gli Stati ad adottare provvedimenti che loro (le ONG) mettono già in pratica: rispetto dei diritti dei lavoratori, politiche di genere, sistemi di controllo anticorruzione. Nessuno e’ perfetto – si dirà- ma di fianco alle dichiarazioni di principio ci sono buone pratiche in cui invece le amministrazioni spesso non eccellono. Collaboro da anni con diverse ONG e questa vuole essere più che altro una testimonianza diretta.
Soffiare sul fuoco della narrativa dell’invasione è un racconto da piccoli dopo aver visitato la Giordania (meno di 10 milioni di abitanti, accoglie 660mila rifugiati) e il Libano (meno di 5 milioni di abitanti, accoglie 1 milione i rifugiati, dati UN-OCHA).
Detto questo, accendere ancora una volta i riflettori mediatici sulle ONG che salvano i migranti naufraghi in mare, è uno stravolgimento di prospettiva. Come quando il professore tornava in classe dopo una pausa furibonda e pigliava sempre il più buono di turno ancora in piedi che, oltretutto, si portava a casa un’ingiusta punizione.
Mi spaventa la cecità della politica che ignora completamente le situazioni che spingono a migrare, situazioni che ho visto in qualità di operatore umanitario sul campo: si muore davvero di fame in Somaliland, la guerra davvero distrugge le case in Siria, i ragazzi hanno davvero perso il futuro in Afganhistan.
In fondo, ribattere che le navi delle ONG alzano le aspettative dei migranti che con la loro famiglia hanno già abbandonato tutto e attraversato il deserto in mano a dei trafficanti mafiosi, è come dire che la mensa degli ospedali è il motivo per cui i malati di cancro si fanno ricoverare.
Teniamo presente che un paese che ha recentemente strumentalizzato e chiuso le porte alle ONG internazionali che per il semplice aiuto umanitario erano testimoni scomodi di politiche sporche è stata la Turchia di Erdogan. Una deriva fascista, nazionalista e su base religiosa non lontana da quella di Orban in Ungheria e del suo fan Salvini.
E se poi proprio Salvini si chiede perché i (quasi) giovani come me, dottorato in tasca, non tornano in Italia, dovrebbe solo riascoltarsi in podcast.
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