Geopolitica
Oltre l’ombrello di sicurezza USA una Difesa Europea Integrata Federale: necessità della “Nuova Europa”
La sicurezza UE non potrà più essere assicurata “dall’ombrello a stelle e strisce” ma da uno scudo triangolare tra UE-Nato-USA. Allineamento a 3 anche per una “soluzione Ucraina condivisa” verso una pace “giusta e duratura” e una spesa UE di difesa aggregata e comando integrati
Le vicende ucraine di irragionevole “spiazzamento” di Zelensky da parte di Trump pur “tamponato” dalla pronta visita dei governi occidentali a Kiev di solidarietà (senza Meloni nell’impegno – trasferibile – con gli Emirati del Golfo) nella ricorrenza del tragico triennio dell’invasione, evidenzia da una parte un conflitto tra USA e UE (come “due separati in casa”) attraverso l’imprudente avvicinamento a Putin al “buio” di negoziati ancora da cominciare e con una inversione a U del tycoon di Mar-a-Lago anche cancellando dalla lavagna indelebile della storia 80 anni di Atlantismo condiviso e di pace nel benessere e con questo il termine “invasione” nonostante il voto contrario all’ONU poi solo in parte integrato e corretto. Accelerando fortemente – dall’altra parte – la necessità di aprire l’ombrello di una difesa europea autonoma con una spesa (e un comando interforze) integrata dei 27. Funzione del fatto che la sicurezza UE non potrà più essere assicurata “dall’ombrello a stelle e strisce” ma con uno scudo – potremmo dire – triangolare tra UE, Nato e USA. Dall’allineamento di questo triangolo dovrà scaturire anche la “soluzione Ucraina” (per una pace “giusta e duratura” che non potrà escludere a tutta evidenza né l’Ucraina e il suo popolo e né l’Europa viste anche le sanzioni in corso verso la Russia) con forze di interposizione europee (distanti dal fronte caldo?) che non potrà fare a meno della Nato e della sua intelligence di coordinamento e d’arma che fa dire a Zelensky che addirittura “potrebbe farsi da parte se il suo paese fosse ammesso nella Nato“. Un ultimo gesto eroico del Soldato Zelensky” per provare a salvare il suo popolo e la sua terra dopo la devastazione condotta dall’”orso russo” alla riconquista di un “sogno imperiale” ormai svanito anche per l’emergere della forza stellare della Cina e che Trump vorrebbe contenere. Esito di un ingresso dell’Ucraina nella Nato tuttavia già escluso da Trump (in linea anche qui con Putin) minacciando i paesi europei se non alzeranno il loro budget di contribuzione fino al 5%, mentre gli USA stessi sono al 3,4% (?). Ma nel dubbio “amletico” del novello imperatore se rimanere ancora nella Nato e a “protezione” di un perimetro dell’Occidente come finora lo abbiamo conosciuto con pratiche commerciali transazionaliste (o del denaro). Vista la richiesta di terre rare all’Ucraina e di una fee a Taiwan per tenere aperto l’ombrello armato anticinese nell’indo-Pacifico. Tenendo conto che un buon matrimonio di interesse non può funzionare solo sulla base di un semplice do-ut-des monetario (minaccioso e di breve) ma necessita comunque di visione condivisa, alleanze, contesti e continuità nell’affidabilità di una salda amicizia di lungo periodo. Un “Patto di Difesa” dunque che dovrebbe unire l’Europa come una Federazione al suo interno e con i partner esterni nella condivisione di un coordinamento politico forte, innestato nei valori dell’Occidente social-liberale e di un welfare universalistico, basi di una società meno diseguale nella prosperità condivisa. Un Patto di Difesa dunque capace di prevenire le guerre, innanzitutto dissuadendo con una efficace deterrenza. In una ampia parte della sinistra si tende a sostenere la tesi (sbagliata) che ampliare la spesa militare sarebbe inutile perché soffierebbe ancor di più sull’onda astensionista degli elettori dai governi e accrescerebbe il distacco dall’Europa stessa. Ma forse non è proprio così vero visto che il tema sicurezza è ritornato di forte sensibilità essendo cresciuta proprio la percezione di un rischio di guerra dei cittadini europei come non succedeva dal 1945 e nonostante i tempi bui della “Guerra Fredda” fino al 1991 con il crollo del regime sovietico. Tanto che lo stesso voto tedesco potrebbe essere interpretato come un sostegno ad uno “scudo europeo contro la guerra e la minaccia russa” con cittadini tedeschi spaventati e inorriditi dalle interferenze sguaiate e scorrette di Musk nel supporto ad AfD (filorussa e neonazista). Infatti, registriamo l’84% dei votanti sugli aventi diritto (la più alta dagli anni 60) e di questi oltre l’80% di fatto “europeisti” e discrimine forte del prossimo Governo tedesco di una coalizione attorno a Cdu-Csu guidata da Merz che giustamente vuole “l’indipendenza dagli USA” con una “forte autonomia di difesa UE” guidata ovviamente dalle due forze nucleari come Francia e UK e con innesto delle forze di terra della Polonia a cui si aggiungeranno gli altri paesi con funzioni differenziate. Dunque del tutto comprensibile che la Commissione abbia promesso che le spese per la difesa vengano escluse dal patto di stabilità (come peraltro richiesto dal Governo italiano), mentre ha sempre escluso di separare dal patto qualunque altra spesa per investimenti sociali per la semplice ragione che frazionare la spesa di difesa è inefficiente e costoso come stima l’Università Cattolica in “Improving the quality of public spending in Europe”. Accorpare gli eserciti produrrebbe risparmi per 32 miliardi di euro e centralizzare acquisti di attrezzature altri 13 miliardi, ma altri 10 da allineamenti di manutenzioni e da standardizzazione di sistemi d’arma come segnalano alcuni esponenti dell’Alto Comando Nato. Allora, non vi è alcun dubbio che sia necessario spendere di più per riequilibrare i contributi all’interno della NATO, ma senza esagerare questo incremento di spesa. Infatti, solo se si coordinasse questa spesa tra i 27, si otterrebbero i considerevoli risparmi sopra segnalati. Affinché tutti i paesi NATO spendano la stessa proporzione di PIL sarebbero necessari – secondo molti analisti – 148 miliardi addizionali (di cui 27 italiani) ma più di un terzo di questi rappresenta un risparmio netto sul monte della spesa militare europea aggregata. Perciò coordinare significa risparmiare considerevolmente sulla spesa aggregata militare per la difesa europea, accrescendone l’efficacia e le prestazioni anche del 50%. Motivo fondamentale per avviare (e rapidamente) questa “aggregazione coordinata” richiesta anche nella audizione preoccupata di Draghi al Parlamento Europeo ed espressa nell’urlo “do something“. Dunque necessario (ora) un Comando Militare Integrato Sovranazionale UE guidato dalla Francia unica forza militare nucleare europea in coordinamento stretto con l’altra forza nucleare europea che è la Gran Bretagna. Essendo peraltro altrettanto chiaro che questo “scudo di sicurezza e difesa” è assolutamente necessario anche ai commerci e allo “stato di fiducia” nelle società dei 27 e senza il quale il rischio di consumi e investimenti depressi potrebbe continuare e infatti già incrinati dalle minacce delle insensate politiche tariffarie dei dazi trumpiani per (provare) a “compensare” l’enormità rischiosa di quasi il 25% di debito USA in mani estere (di cui il 10% in mani cinesi per 800 mil.di dollari). Quindi alle contraddizioni e volatilità del transazionalismo del denaro trumpiano che ci riporta alle aree di influenza dell’800, l’Europa dovrà rispondere con ordine integrazionista ed una efficacia e rigore nel coordinamento delle sue politiche di difesa e commerciali ripartendo dai fondatori e variabilizzando il voto all’unanimità. Perché l’”ordine sparso” di difesa e commerciale produrrebbe solo “marginalità”, inefficienza da sovra-costi, inefficacia da conflitti di competenza e di interesse cioè la “fine del sogno europeo” e dunque del mondo intero.
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