Geopolitica
Netanyahu come Erdoğan: il sovranismo spera nel conflitto mondiale
C’è da essere entusiasti, quando si parla del miracolo israeliano. Un miracolo nato dagli orrori dell’Olocausto, realizzato in guerre lampo difensive da parte di chi, gli ebrei, non li voleva in Palestina; un miracolo fiorito grazie alla capacità straordinaria nel rendere fertile una terra arida e durissima. Ma questo non mi rende cieco di fronte alle ingiustizie commesse dai governi di Gerusalemme. Attaccare le basi nucleari iraniane, come è accaduto domenica, è l’ennesimo errore ingiustificabile – uno che potrebbe avere terribili conseguenze.
La situazione è veramente delicata. Israele ha giustamente paura della possibilità che l’Iran abbia una sua bomba atomica, e per impedire questo, da decenni, si batte, sia a livello diplomatico, sia a livello militare, con risultati positivi: a tutt’oggi il governo di Teheran non è pronto ad un eventuale (folle) conflitto nucleare. Nel 2015 era stato firmato un accordo, chiamato JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action), tra l’Iran ed il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: un accordo preparato dalla Germania che ha di fatto annullato la capacità iraniana di arrivare all’armamento atomico.
L’accordo prevede la riduzione dello stoccaggio di uranio arricchito da 10’000 a 300 kg (-97%); la sospensione per dieci anni dell’attività di due terzi delle centrifughe atomiche iraniane; la concentrazione degli studio scientifici sul nucleare alla centrale di Natanz e la costituzione di uno staff di controllo (150 scienziati americani ed europei) che segue due risultati – la capacità dell’Iran di costruire centrali elettriche nucleari e l’adesione di Teheran al Trattato Mondiale sulla Non-Proliferazione delle armi atomiche (NPT). In cambio, gli Stati Uniti e le Nazioni Unite cancellano le sanzioni economiche contro l’Iran.
Non sapremo mai se l’Iran sarebbe stato coerente con quanto firmato dai suoi capi. Non appena Donald Trump è arrivato alla Casa Bianca, gli Stati Uniti sono usciti unilateralmente dall’accordo, e nonostante il fatto che il governo moderato del presidente Rohani sia riuscito a far ratificare l’accordo in patria e vi è rimasto fedele nonostante la decisione americana, le sanzioni non sono state cancellate. L’effetto è che l’economia iraniana è in ginocchio, la popolazione è delusa ed inferocita (contro di noi, giustamente) e, alle prossime elezioni, il 18 giugno 2021, vinceranno gli ultra-conservatori, che sono anche i guerrafondai. Si tornerà quindi, presumibilmente, alla situazione che c’era prima dell’ottobre 2015 e della firma del JCPOA.
Il governo Netanyahu, nei cinque anni trascorsi dalla firma di quel Trattato, ha fatto qualunque cosa possibile per cancellarlo, usando la lobby ebraica negli Stati Uniti per convincere Trump a ritirarsi unilateralmente dal Trattato (Obama si era rifiutato di farlo), ed usando il proprio peso diplomatico per costringere l’Unione Europea a fare lo steso. Invano, per fortuna. Nell’isteria tipica dei regimi autocratici, come lo sono oggi in Israele e in Turchia, il governo spinge verso la guerra per evitare che la propria popolazione si arrabbi per le condizioni economiche miserevoli causate da politiche inefficienti ed incapaci.
A novembre il Mossad ha assassinato Mohsen Fakhrizadeh, il capo del progetto nucleare iraniano. Teheran non si è mossa. Tra il marzo e l’aprile del 2020 ci sono stati almeno cinque attacchi a navi commerciali iraniane. Teheran non si è mossa. I cacciabombardieri israeliani hanno colpito le basi missilistiche siriane in cui i consulenti iraniani fornivano assistenza agli Hezbollah libanesi. Teheran non si è mossa. Netanyahu ha quindi deciso di alzare il livello dello scontro e, domenica, ha attaccato la centrale di Natanz, non si sa se con le truppe speciali con un sofisticato sistema telematico[1]. L’effetto è che l’intero impianto elettrico di Natanz è distrutto e la centrale dovrà restare ferma per mesi, forse per un anno.
A questo punto Netanyahu spera che Rohani abbandoni unilateralmente il JCPOA, per poi poter gridare “Al Lupo!” in sede diplomatica internazionale. Perché, in caso di aumento della temperatura, Netanyahu sa che Israele, i missili a testata atomica, li ha, eccome se li ha. Ricordo con grande fastidio l’occasione in cui venni invitato a partecipare ad una conferenza internazionale alla Marc Rich University di Herzliya. Era una bella conferenza, tante persone interessanti, una struttura veramente bella. Ma venne Netanyahu a parlare, e lo fece in ebraico, sicché nessuno degli stranieri (come me) capì una sola parola. Fino alla fine, quando cambiò in inglese e disse: “La questione non è se bombardare Teheran con i missili nucleari. La questione è: quando”. Insieme ad altri, mi sono alzato ed ho abbandonato la conferenza.
Conosco bene il trucchetto: se ritengo Netanyahu un fascista pericoloso, ecco che mi si accusa di antisemitismo. Un’accusa insopportabile, anche perché ritengo Netanyahu un NEMICO di Israele, uno di quei conservatori ed opportunisti (quelli che noi, con una parola buffa e inadeguata, chiamiamo sovranisti) che, non sapendo come risolvere i problemi della nazione che gli ha affidato democraticamente la responsabilità di governo, mitizza l’avversario esterno, facendo convergere emozioni, rabbia, paura e delusione dell’elettorato su questa presunta minaccia. Ma l’Iran non è una minaccia presunta, è un nemico reale. Se si è riusciti a costringerlo a firmare patti che lo vincolano, non dobbiamo umiliarlo, ma dimostrare, noi occidentali per primi, che noi teniamo fede ai patti.
Purtroppo l’Italia da oramai quattro anni non ha più un ministro degli esteri degno di questo nome e, quindi, non ha più una politica estera. Se l’avessimo, dovremmo allora esercitare tutta la pressione possibile su Gerusalemme. Netanyahu la deve smettere, subito, e dev’essere indicato per ciò che è: un nemico della pace e del suo stesso popolo. I torti orribili inflitti anche dal nostro Paese alla comunità ebraica durante gli anni del fascismo non giustificano in nessuno modo che noi, ora, accettiamo che il governo di Israele (che non è un’onomatopea per tutte le donne e gli uomini che professano la religione ebraica) trascini l’intero pianeta sull’orlo di una guerra nucleare.
Netanyahu ha torto: non esiste alcuna salvezza per Israele in un attacco militare all’Iran. Non esiste alcun modo per impedire che l’Iran, prima o poi, abbia in mano l’arma atomica – perché il suo governo se ne frega del benessere dei cittadini ed andrà avanti per la sua strada a prescindere dalle sanzioni. L’unica strada percorribile è quella della diplomazia e della pace come opzione reale ed efficace. E badate bene: non sono qui a rivendicare sanzioni economiche contro Israele, anche se le violazioni dei trattati internazionali, specialmente contro il popolo della Palestina e, più in generale, in tema di vendita di armamenti e di tecnologia militare effettuati da Gerusalemme nell’ultimo ventennio prefigurano certamente i presupposti per una misura del genere.
La pace regna solo in un mondo libero e pacifico. Senza sanzioni. L’Iran aveva fatto la sua parte. Noi, per l’ennesima volta, abbiamo tirato il sasso e nascosto la mano. Come se servisse a qualcosa.
[1] https://www.bbc.com/news/world-middle-east-56722181 ; https://ilmanifesto.it/israele-attacca-la-centrale-iraniana-catastrofe-nucleare-sfiorata/
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