Geopolitica

Narrazioni strategiche, guerra cognitiva e futuro del conflitto in Ucraina

18 Dicembre 2023

Prevedere l’esito di una guerra è impresa ardua, nel caso della guerra russa in Ucraina lo è ancora di più sia perché la posta in gioco per l’aggressore è la ridefinizione di un nuovo ordine mondiale (alcuni ideologi del Cremlino come Aleksandr Dugin teorizzano la fine del mondo unipolare dominato dall’Occidente liberale e il passaggio a un mondo multipolare) sia perché le tante variabili in gioco contribuiscono ad aumentare il livello di complessità del conflitto.

Il fatto che l’invasione su larga scala del Cremlino in Ucraina sia la prima guerra della storia mondiale in cui le armi non convenzionali (disinformazione, attacchi cyber, terrorismo, false flag operation, guerra psicologica) svolgono un ruolo determinante nell’economia del conflitto grazie alle nuove tecnologie digitali, ai social media, all’intelligenza artificiale e agli avanzamenti nelle neuroscienze e nelle neurotecnologie rende la situazione ancora più complicata. Per comprendere a che punto sia questa guerra, giunta ormai al suo ventiduesimo mese, e per provare ad azzardare qualche ipotesi sulla sua evoluzione futura è necessario passare in rassegna gli avvenimenti degli ultimi 6-7 mesi, dalla vicenda Prigozhin fino alla guerra tra Hamas e Israele, depurandoli dalle nebbie della dezinformatsiya.

Prima di procedere all’analisi è utile che il lettore familiarizzi con alcuni concetti, noti nelle élite intellettuali di paesi dove esiste una cultura della sicurezza nazionale (una democrazia sana e longeva non può prescindere dal tema della sicurezza), come quelli di narrazioni strategiche e guerra cognitiva. Alister Miskimmon, Ben O’Loughlin e Laura Roselle nel saggio Strategic Narratives: Communication Power and the New World Order definiscono la narrazione strategica come “un mezzo di cui si avvale un attore politico per costruire un significato condiviso del passato, del presente e del futuro delle relazioni internazionali al fine di plasmare le opinioni e condizionare i comportamenti di attori all’interno e all’estero”.

Le narrazioni strategiche, il cui scopo è creare una percezione distorta della realtà, nell’opinione pubblica e nei decisori politici dei paesi target, al fine di favorire gli interessi geopolitici dello Stato aggressore (nel nostro caso la Russia di Putin), sono uno dei principali strumenti adottati dal Cremlino nella sua guerra cognitiva contro l’Occidente. La guerra cognitiva è una forma di guerra in cui il campo di battaglia è rappresentato dalla mente umana. La guerra cognitiva, attuata dalla Russia e da altre potenze autocratiche del mondo non-occidentale come Cina e Iran, che si avvalgono della disinformazione, della propaganda e delle narrazioni strategiche, rappresenta una delle principali minacce alla stabilità e alla sicurezza delle democrazie occidentali.
Fatta questa premessa teorica, passiamo ad analizzare le narrazioni strategiche che hanno accompagnato i principali avvenimenti della guerra della Russia in Ucraina negli ultimi mesi.
(Chi volesse avere un quadro più esaustivo delle narrazioni strategiche filo-Cremlino sulla guerra in Ucraina dagli albori del conflitto nel 2014 fino al febbraio 2023, può consultare il paper pubblicato su questo tema dalla Fondazione Germani).

Torniamo per un attimo a metà giugno e al tentativo di golpe del capo della Wagner Evgeni Prigozhin, poi rientrato, secondo la versione ufficiale russa, grazie alla mediazione del presidente bielorusso Lukashenko.
Quell’episodio che evidenziava una crepa nella verticale di potere di Putin, non certo il crollo della Russia auspicato un po’ ingenuamente da certi sostenitori dell’Ucraina (un analista militare ucraino con cui ebbi modo di parlare in quei giorni sottolineò acutamente come si trattasse di un crack, non del crash del sistema e che tale crack introducesse un elemento di destabilizzazione per Mosca, ma non la vittoria immediata di Kyiv) veniva accompagnato in Italia dai media alternativi che diffondono e amplificano la disinformazione del Cremlino dalla narrazione della rivoluzione colorata finanziata dall’Occidente Collettivo.

In un articolo del 24 giugno apparso su l’AntiDiplomatico, si sosteneva che Prigozhin e la Wagner, la compagnia di mercenari russi attiva in molti teatri di guerra dall’Africa alla Siria, fossero al soldo di Kyiv e dei servizi occidentali per creare un Maidan a Mosca. Nonostante Putin abbia ammesso che la Wagner è stata finanziata dallo Stato russo partecipando alla guerra ibrida del Cremlino in Donbas dal 2014 e all’invasione su vasta scala dell’Ucraina nel 2022, le affermazioni complottiste sul coinvolgimento occidentale nelle attività della Wagner hanno trovato terreno fertile anche in Italia.

Due giorni più tardi per confondere ulteriormente le acque l’AntiDiplomatico tornava sul tentativo di colpo di stato della Wagner con una narrazione che riprendeva il tema della guerra per procura per distruggere la Russia.
L’articolo sosteneva che l’Ucraina aveva avuto la possibilità di infliggere un duro colpo alle forze russe e di vincere la guerra ma questa opportunità non era stata colta perché non è Kyiv a comandare le forze ucraine, ma Washington e agli Stati Uniti interessa di più la “balcanizzazione” della Russia che la vittoria ucraina.

Le narrazioni sulla marcia su Mosca della Wagner, sono solo un esempio, ancorché eclatante di come le vicende belliche vengano strumentalizzate e distorte dalla potente macchina disinformativa del Cremlino al fine di creare una realtà parallela che in Italia non è solo appannaggio dei media alternativi ma anche dei media mainstream. È evidente che un ecosistema mediatico di questo tipo finisce per confondere il pubblico e per disorientarlo.

Prima di analizzare l’impatto che l’attacco di Hamas del 7 ottobre ha avuto sugli equilibri internazionali e sul conflitto in Ucraina, vorrei soffermarmi brevemente su un episodio accaduto il 18 settembre che è stato reso noto solo i primi di novembre. Mi riferisco allo “scherzo telefonico” fatta dai due “comici russi” Vovan & Lexus, al secolo Vladimir Kuznetsov e Alexey Stolyarov alla premier Giorgia Meloni, la quale credendo di parlare con il presidente della commissione dell’Unione africana affronta alcuni delicatissimi temi di politica estera, compresa la guerra in Ucraina.

Lungi dall’essere uno scherzo di due burloni, quello effettuato Vladimir Kuznetsov e Alexey Stolyarov, con molta probabilità due agenti del Cremlino – “Non faremmo scherzi a Putin. Non vogliamo danneggiare il nostro Paese. Non vogliamo disordini qui; non vogliamo fare nulla che possa aiutare i nemici della Russia” – è stata una vera e propria misura attiva il cui scopo era screditare le istituzioni italiane e il governo Meloni, un esecutivo che nelle intenzioni di Mosca non avrebbe sostenuto l’Ucraina ma che alla prova dei fatti si è rivelato europeista ed amico di Kyiv.
Come ha acutamente sottolineato Jacopo Iacoboni in un articolo su La Stampa, a riprova del “carattere di “operazione” della strana telefonata dei due “comici” russi a Giorgia Meloni, interviene anche Maria Zacharova, la portavoce del ministro degli esteri russo Sergey Lavrov”, sostenendo che Meloni ha legittimato l’elogio di Bandera da parte degli ucraini.

Se si ascolta il contenuto della telefonata si scopre che Meloni non ha in alcun modo elogiato Bandera. La conversazione è stata strumentalizzata da media legati al Cremlino, non solo dalla Zacharova, per accreditare la tesi che l’Italia ha un governo fascista che sostiene i nazisti ucraini e li glorifica, che l’Europa è stanca di inviare aiuti militari a Kyiv e che la controffensiva è un fallimento e che dunque l’Ucraina perderà la guerra.

Alcuni media mainstream italiani, anziché gettare acqua sul fuoco su questa vicenda, hanno addirittura amplificato la misura attiva. È il caso di LA7 che ha invitato i due sedicenti comici permettendo loro di screditare ulteriormente il governo italiano. Se la leggerezza del Primo Ministro Meloni, che fortunatamente non ha divulgato alcuna informazione riservata né detto nulla di compromettente, è sicuramente da stigmatizzare e mette impietosamente a nudo l’inefficienza di certi protocolli di sicurezza della presidenza del consiglio, è singolare che un programma televisivo italiano finisca, volontariamente o involontariamente questo non possiamo saperlo, per amplificare narrazioni strategiche russe dando spazio a due propagandisti del Cremlino (forse addirittura due agenti), senza fare loro alcuna domanda scomoda.

Veniamo ora all’attacco di Hamas del 7 ottobre, avvenimento che è stato usato anche in Italia per consolidare alcune narrative strategiche russe sulla guerra in Ucraina, quali il presunto doppio standard usato per Israele e Ucraina, la teoria cospirazionista per cui il conflitto in Ucraina sarebbe una guerra voluta dalle élite finanziarie che dominano il mondo, l’inutilità e la pericolosità dell’invio di armi all’Ucraina che in realtà finirebbero ad Hamas, il fatto che la guerra in Israele e in Ucraina sarebbero guerre per procura della NATO.

Queste narrative, apparse su outlet “alternativi” come Byoblu, l’AntiDiplomatico, VisioneTv e Geopolitika.ru, sono approdate nei media mainstream grazie ad opinion maker quali, per esempio, Alessandro Orsini e Alessandro Di Battista, ospiti fissi di trasmissioni televisive nazionali:

Più in generale se analizziamo le narrative strategiche russe sulla guerra in Ucraina diffuse in Italia, prima e dopo il 7 ottobre, osserviamo che l’obiettivo fondamentale del Cremlino è affermare che l’Ucraina non riceverà più alcun aiuto da Stati Uniti e UE perché l’Occidente è impegnato a sostenere Israele, che la controffensiva ucraina è fallita, che l’Ucraina è sull’orlo del collasso per via delle lotte intestine tra il capo delle forze armate Zaluzhny e il Presidente Zelenskyi, etc.

A partire dall’estate 2023 la narrativa sul fallimento della controffensiva ucraina è stata la più diffusa nei media italiani filo-Cremlino. Ripresa frequentemente anche in ambito mainstream, questa narrativa di disinformazione è stata spesso veicolata avvalendosi dell’uso manipolativo e selettivo di dichiarazioni prese dalla stampa occidentale, attraverso la falsa equazione secondo cui lo stallo della controffensiva ucraina significa necessariamente il suo fallimento e l’inizio della fine per il “regime nazista di Kyiv”.
Alcuni esempi:

Ma qual è la reale situazione sul campo?

Le parole dell’analista militare Orio Giorgio Stirpe fotografano una realtà molto diversa da quella raccontata dagli outlet filo-Cremlino e dai media che diffondono, consapevolmente o inconsapevolmente, le veline del Cremlino.

Scrive Stirpe in un lungo post su Facebook del 14 dicembre.
“… Bene, cosa ci lascia il 2023 ai fini della conclusione del conflitto in Ucraina? Ci lascia in una situazione di stallo tattico, in gran parte dovuto all’esaurimento delle scorte e alle condizioni meteorologiche, e in una di contemporanea evoluzione operativa, che lascia un numero di opzioni aperte per la campagna dell’anno 2024. Innanzitutto la mia previsione: come tutti ricorderanno, avevo dato 51% di probabilità che la controffensiva ucraina sortisse l’effetto di far crollare l’esercito russo entro il 2023, e il 49% che questo si verificasse nel 2024. […]

L’esito della controffensiva Ucraina del 2023 potrà essere definitivamente giudicato solo al termine del conflitto, ma sicuramente NON può essere definito come un “fallimento”: al massimo come “indeciso”. Dal punto di vista strategico però, ha debilitato l’esercito russo in una misura rilevante, che si evince proprio dall’andamento dei suoi attacchi ad Avdiivka, che sono condotti con le modalità tipiche di un esercito che opera con molti uomini ma per il resto in condizioni di inferiorità qualitativa molto pesante, come i giapponesi nel Pacifico o gli iraniani nel Golfo.
Condizioni ripeto, che all’inizio del conflitto erano opposte. Ma allora perché tutta questa enfasi mediatica sul “fallimento” ucraino e sull’imminente “vittoria” di Putin?

Perché su un fronte diverso da quello militare, i russi stanno vincendo. Stanno vincendo la guerra informativa, condotta con gli strumenti “ibridi” di cui sono maestri e che sono così letali soprattutto nei nostri (occidentali) confronti”.
La lucida analisi di Stirpe, che invito a leggere per intero, sottolinea alcuni punti fermi.

La controffensiva è in un momento di stallo anche perché le armi promesse dall’Occidente non sono state ancora consegnate, l’esercito di Mosca non fa progressi a Avdiivka e l’avanzamento di qualche metro è avvenuto al prezzo di un numero esorbitante di perdite umane, la Russia è competitiva solo nell’ambito della guerra informativa. A parere di chi scrive l’Ucraina ha ottime possibilità di vincere a patto che l’Occidente mantenga fede a quanto promesso in termini di forniture militari e assistenza economica giungendo alla piena consapevolezza che dall’esito del conflitto in Ucraina dipende la sopravvivenza stessa del mondo libero e delle democrazie occidentali. Siamo a un crocevia della storia!

Se da un lato il via libera all’apertura dei negoziati di adesione dell’Ucraina all’Unione Europea del 15 dicembre sono un’ottima notizia per il futuro Kyiv, dall’altro la dirigenza ucraina deve continuare sulla strada delle riforme e aprire a un governo di solidarietà nazionale che coinvolga le altre forze democratiche quali il Partito Solidarietà Europea dell’ex Presidente Petro Poroshenko come suggerito dal giornalista ucraino Vitaly Portnikov in un articolo del 3 dicembre.
Un governo di larghe intese tra il partito di Zelenskyi e le forze democratiche ed europeiste servirebbe a rafforzare l’azione diplomatica di Kyiv a livello internazionale e a rinsaldare i rapporti con un alleato storico come la Polonia di Donald Tusk dal cui supporto, politico, economico e militare, l’Ucraina non può prescindere nella guerra contro il regime genocidario di Mosca.

 

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