Geopolitica

Musica contro Putin, la nuova frontiera delle Pussy Riot

15 Marzo 2022

“Non puoi essere corretto con Putin. È un pazzo e potrebbe aprire il fuoco sui suoi stessi connazionali.”

L’affermazione è forte e proviene da Nadya Tolokonnikova, voce della band punk russa Pussy Riot, da tempo oppositrice di Putin. L’artista, insieme alle altre componenti del suo gruppo, ha trascorso due anni reclusa in Siberia a causa di una canzone definita dalle stesse Riot come una preghiera punk anti-Putin. Lo zar non ha evidentemente apprezzato.

Intervistata dal Guardian, la cantante ha svelato in quale maniera sta combattendo contro il suo presidente.

Una spina nel fianco di Putin

Nadezhda Tolokonnikova, detta Nadya, del gruppo Pussy Riot, durante la Women’s March e il Rally for Abortion Justice a Austin, Texas, il 2 ottobre 2021.  Foto di Sergio FLORES / AFP – (Photo by SERGIO FLORES/AFP via Getty Images)

“Quando combatti contro un dittatore, devi mostrargli che sei pronta a farlo fino alla fine. Io ero pronta a morire e penso che sia questo il motivo per cui l’Ucraina potrebbe vincere questo scontro, perderà uomini e città ma è pronta a battersi fino alla fine; non è lo stesso per l’Armata Russa.”

Tolokonnikova è stata arrestata quand’era molto giovane, poco più che ventenne, e in carcere, in Siberia, si distinse subito per le sue proteste significative, come il lungo sciopero della fame che interruppe solo nel 2014, quando venne rilasciata. L’arresto era stata una mossa politica e la cantante si guadagnò il supporto di star note per il loro spirito ribelle, come Madonna, e donne che si battevano pubblicamente per il cambiamento, come Hillary Clinton, la quale fece della rivoluzione femminile il mantra delle sue campagne elettorali, tutte e tre le volte che corse per il titolo di presidente USA.

Lo sciopero della fame servì ad ottenere un dialogo – telefonico – che alleggerì un pò le condizioni di prigionia, almeno per lei e i membri della sua band che erano donne e godevano di una certa popolarità internazionale. Il direttore del carcere fu pubblicamente condannato per i suoi metodi schiavisti e allontanato dall’incarico. Probabilmente quel posto fu subito occupato da una persona altrettanto crudele ma l’opinione pubblica ebbe il suo contentino e la cantante fu rilasciata, togliendole la possibilità di denunciare i soprusi del sistema carcerario russo.

“La prigione mi lasciò traumatizzata, quando fui rilasciata ero a malapena in grado di reggermi in piedi. Per tutto il 2014 ho attraversato un periodo di profonda depressione e prendo ancora medicinali per lo shock da disturbo post-traumatico.”

L’esperienza non ha comunque spuntato il suo attivismo che ora, con la maturità dei 30 anni, si è evoluto e non coinvolge più quelle esibizioni esplosive – e spesso fuori dai limiti della decenza – che hanno contraddistinto il primo periodo delle Riot. Oggi la frontiera è tecnologica e l’arma si chiama NFT. Da donna anarchica e anticapitalista come si è sempre dichiarata, Nadya Tolokonnikova non è certo stata una fan della prima ora delle criptovalute, poiché le riteneva un giocattolino per ricchi tecnocrati ma ora tratta in token non fungibili ogni giorno da oltre un anno.

È possibile raccogliere fondi per le più disparate cause benefiche. Siamo riusciti a costruire rifugi per le donne vittime di violenza domestica e a spostare perseguitati politici fuori dalla Russia. Il mondo degli NFT è a mio avviso un grande modo per ridistribuire la ricchezza.”

In un Paese dominato da oligarchi dal cospicuo conto in banca com’è la Russia, di fondi c’è molto bisogno per combattere ad armi più o meno pari. Il ragionamento dell’artista ha un senso compiuto ed è ampiamente sottoscrivibile.

La via di chi si oppone

Il problema con le criptovalute è che sono molto volatili. Se usate per racimolare fondi da destinare al cambiamento sono veramente una potente leva, come sostiene Tolokonnikova; dobbiamo però tenere sempre in considerazione che questi canali nascondono – anch’essi – il rischio di una deriva antidemocratica in quanto nascono per sovvertire il sistema e l’ordine delle cose. La cantante, però, non sembra dare troppo peso a questi risvolti:

“Servirebbe una ribellione di milioni di persone, un fiume di gente disposta a scendere in strada e rimanerci finché Putin non se ne sarà andato. Questo, ovviamente, è incredibilmente pericoloso. Putin è un tale pazzo che potrebbe davvero cominciare a sparare sulla sua gente, non è difficile capire perché molti non manifestino.”

“Il presidente si sta scavando la fossa. Il numero di oligarchi che sono a lui vicini si restringe sempre più e molti hanno condannato pubblicamente la guerra, andando contro Putin come mai hanno fatto nel corso degli ultimi 20 anni.”

Secondo Tolokonnikova il degno successore di Putin, per una Russia più giusta, è il noto oppositore Alexei Navalny, ancora in carcere. L’artista ci tiene a specificare che il suo lavoro non è in alcun modo legato a Putin, soltanto il suo attivismo è diretto contro lo zar.

“Ogni cosa per cui mi batto finirà per essere una spina nel fianco di Putin. Questa lotta è troppo importante per me.”

La determinazione di Tolokonnika è un sentimento condiviso tra gli oppositori russi di Putin, che sono sempre di più, tanto che si parla di migliaia di arresti al giorno nella Federazione Russa, sanzione perfettamente legale ora che è stato disposto l’arresto fino a 15 anni per chiunque si opponga alla linea governativa.

Le Pussy Riot sono sempre state fiere oppositrici di Putin e del suo regime, fin da giovanissime. Ciò è costato loro la libertà per due anni ma è anche stato un importante veicolo di marketing, traducendosi in popolarità per le componenti della band. Il gruppo si è anche battuto spesso per la causa femminista. Grazie a un NFT rappresentante semplicemente la bandiera dell’Ucraina, un collettivo online in collaborazione il gruppo delle Pussy Riot è riuscito a raccogliere 7 milioni di dollari da destinare al Paese invaso.

La cifra è consistente e crea un precedente importante. Siamo infatti abituati a sentir parlare di NFT in contesti molto distanti da cause come queste, in trattative tra ricchi collezionisti e, invece, anch’essi possono rappresentare un’ottima piattaforma per raccogliere fondi da destinare a iniziative benefiche o di assoluta rilevanza sociale come il sostegno ai profughi ucraini.

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