Geopolitica
Miti russi, strategie militari e interessi economici nella guerra in Ucraina
L’evacuazione del personale dell’Ambasciata statunitense a Kyiv è una delle istantanee di questi giorni che fotografa un momento storico davvero critico ossia la concreta possibilità di un’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte del Cremlino con un probabile effetto domino in termini bellici su tutta l’Europa dal Baltico al Mar Nero.
Martedì 25 gennaio il Presidente americano Joe Biden ha avvertito Mosca che nel caso di invasione dell’Ucraina (sarebbe la più grande invasione dai tempi della Seconda Guerra Mondiale), le conseguenze per la Russia sarebbero enormi e ha minacciato addirittura sanzioni personali nei confronti di Vladimir Putin.
Agli alleati europei, spaventati per l’uso ritorsivo dell’arma energetica, Biden ha assicurato che gli Stati Uniti si sono già attivati per garantire al Vecchio Continente, che dipende per il 40% dal gas di Gazprom, forniture alternative da Algeria, Qatar e Norvegia.
La riluttanza di Germania e Croazia a schierarsi a fianco dell’Ucraina – Berlino, trincerandosi dietro a un pacifismo ipocrita, ha affermato che non invierà armi all’Ucraina, Zagabria, con il suo Presidente Zoran Milanović, ha dichiarato che non manderà truppe del contingente NATO se le tensioni tra Russia e Ucraina dovessero intensificarsi perché “non c’è un vero responsabile in questa crisi” – è molto probabilmente dovuta alla volontà di non inimicarsi Mosca dalle cui forniture di oro blu i due paesi dipendono rispettivamente per il 49 e il 68%.
Il nodo energetico e i rapporti economici, spesso opachi, tra diversi stati europei, tra cui l’Italia, e la Federazione Russa, sono alcune delle questioni che fanno da sfondo al conflitto che oppone Mosca e Kyiv, conflitto che, come spiegato in un articolo uscito lo scorso dicembre su questa testata, ha profonde radici storiche.
La situazione attuale, che ricorda per gravità la crisi dei missili a Cuba al tempo di Khrushchev, impone altresì riflessioni di ordine strategico, militare ed economico.
Dal momento che la guerra tra Russia e Ucraina è la prima guerra ibrida su vasta scala, è necessario passare in rassegna alcuni dei “miti” veicolati dal Cremlino per giustificare le sue azioni in Ucraina.
Il tema è di particolare rilevanza soprattutto nel nostro Paese dove le narrazioni della disinformazione russa vengono addirittura riprese da reportage del servizio pubblico.
Halya Coynash, giornalista del Kharkiv Human Rights Protection Group, portale che si occupa di diritti civili in Ucraina, in un articolo intitolato Italian public broadcaster pushes Russian lies about MH17 and war in Donbas ha evidenziato come la il TG1 della RAI abbia trasmesso diversi “servizi” dal Donbas occupato presentando una visione assai parziale del conflitto nell’Ucraina orientale, che corrisponde alla narrativa promossa dalla Russia e dall’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk (DNR) controllata dai russi e ha inoltrato aggiunto che “nessun tentativo è stato fatto per fornire punti di vista alternativi, né per citare informazioni provenienti da organismi internazionali e ONG per i diritti umani che dipingono un quadro molto diverso”.
Alcuni miti della dezinformatsiya russa
Prendiamo dunque in esame alcuni dei miti della dezinformatsiya russa sul conflitto tra Russia e Ucraina al fine di sgomberare il campo dai tanti equivoci che sorgono ogni qualvolta in Italia si parla di questa guerra che si protrae da 8 anni e che ha causato 14.000 vittime e l’evacuazione di oltre 1 milione e mezzo di residenti dalla Crimea e dall’Ucraina orientale.
Il primo può essere riassunto più o meno così: “le attuali tensioni sono il risultato del persistente comportamento aggressivo dell’Ucraina e dei suoi alleati in Occidente. La Russia non fa altro che difendere i suoi legittimi interessi e non è responsabile di questo conflitto”.
La realtà dei fatti è che la Russia continua a violare il diritto internazionale così come altri accordi che aveva sottoscritto. Annettendo illegalmente la penisola di Crimea e commettendo atti di aggressione armata contro l’Ucraina, la Russia, che è uno dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ha violato almeno 12 trattati internazionali e bilaterali. Questi includono la Carta delle Nazioni Unite, l’Atto finale di Helsinki e la Carta di Parigi, che garantiscono l’uguaglianza sovrana e l’integrità territoriale degli Stati, l’inviolabilità delle frontiere, l’astensione dalla minaccia o dall’uso della forza e la libertà degli Stati di scegliere o cambiare le proprie disposizioni di sicurezza. In altre parole, le azioni della Russia che minano e minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, in particolare nel Donbas, sono illegali.
Il comportamento della Russia minaccia l’ordine di sicurezza europeo al suo interno e mette a rischio l’ordine internazionale basato sul diritto.
Un secondo “mito” ripreso anche da alcuni media italiani sostiene che “è stata l’Ucraina ha innescare il conflitto e che ci sono prove che l’Ucraina stia commettendo atrocità contro la sua popolazione di lingua russa nell’Est del paese”.
Corollario di tale affermazione è che “la Russia deve intervenire, anche perché Ucraina e Russia sono la stessa nazione e l’Ucraina appartiene alla ‘sfera di influenza privilegiata’ del Cremlino”.
Le accuse secondo cui l’Ucraina stia attaccando il proprio territorio e perseguiti i propri cittadini sono assurde. Per galvanizzare il sostegno interno all’aggressione militare russa, i media controllati dal Cremlino hanno cercato di diffamare l’Ucraina, accusandola di presunto genocidio nell’Ucraina orientale, tracciando parallelismi infondati con il Nazismo e la Seconda Guerra Mondiale e inventando storie mirate a colpire le corde emotive del pubblico.
Una delle storie più eclatanti in tal senso è quella trasmessa da una tv russa che accusava le forze ucraine di aver crocifisso un ragazzo nell’Ucraina orientale all’inizio del conflitto. I fact-checker si sono affrettati a dimostrare che la storia era totalmente inventata. Storie simili continuano a essere prodotte.
Non esistono prove che i residenti di lingua russa o di etnia russa nell’Ucraina orientale siano oggetto di persecuzioni – per non parlare del genocidio – da parte delle autorità ucraine. Ciò è stato confermato nei rapporti pubblicati dal Consiglio d’Europa, dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e dall’OSCE.
L’affermazione spesso utilizzata secondo cui Ucraina e Russia sono un’unica nazione è uno dei miti più antichi e radicati usati contro l’Ucraina. Anche da una prospettiva storica a lungo termine, questa argomentazione non regge. Sebbene Ucraina, Russia e Bielorussia abbiano radici comuni risalenti allo stato medievale della Rus di Kyiv non ha alcun senso sostenere che ucraini e russi siano la stessa nazione 800 anni dopo. Nonostante i lunghi periodi di dominio straniero, l’Ucraina ha una forte cultura e identità nazionale ed è un paese sovrano.
La nozione di “nazione tutta russa” senza confini politici è un costrutto ideologico che risale all’epoca imperiale ed è stato utilizzato come strumento per minare la sovranità ucraina e l’identità nazionale. Dal 2014 il governo russo coltiva questo mito con rinnovato vigore nel tentativo di giustificare la sua aggressione militare contro l’Ucraina.
La nozione di “sfera di influenza” non ha alcun senso nel 21° secolo. Come tutti gli stati sovrani, l’Ucraina è libera di determinare il proprio percorso, le sue politiche e alleanze estere e di sicurezza e la sua partecipazione alle organizzazioni internazionali e alle alleanze militari.
Per promuovere l’idea che l’Ucraina appartenga alla “sfera di influenza” russa, le autorità russe e i media statali affermano spesso che l’Ucraina non è uno stato “reale”. La propaganda russa cerca di travisare la storia per legittimare l’idea che l’Ucraina appartenga alla sfera naturale degli interessi della Russia.
Un altro messaggio di disinformazione sulla guerra in Ucraina che trova spesso spazio negli outlet russi è che “la Russia non è responsabile delle attuali tensioni in Ucraina, che l’’Ucraina ha deliberatamente violato gli accordi di Minsk, che l’Occidente sta armando ulteriormente l’Ucraina e che la Russia deve reagire rapidamente difendendo i suoi confini”.
In realtà è la Russia che ha accumulato 140.000 soldati e materiale bellico ai confini dell’Ucraina, compresa la penisola di Crimea annessa illegalmente.
La Russia è parte degli accordi di Minsk e questi sono i documenti formali più recenti in cui la Russia ha riconosciuto la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina. La Russia, tuttavia, non ha attuato gli accordi di Minsk. La parte russa e i suoi delegati non sono riusciti ad attuare il cessate il fuoco, a ritirare tutte le armi pesanti, ad attuare lo scambio politico di tutti i prigionieri e a garantire la fornitura di assistenza umanitaria basata su un meccanismo internazionale. Al contrario, la Russia ha rafforzato le formazioni armate illegali nell’Ucraina orientale. La Russia, inoltre, non consente l’accesso illimitato agli osservatori SMM dell’OSCE, incluso il confine tra Ucraina e Russia, dove la missione di monitoraggio è stata interrotta a causa del veto russo nell’estate 2021.
Senza la piena attuazione del cessate il fuoco, il ritiro delle armi pesanti e l’autorizzazione per il pieno accesso a tutti i territori per la missione di monitoraggio dell’OSCE, è difficile discutere l’attuazione delle parti politiche dell’accordo Minsk II. Ciononostante l’Ucraina ha attuato quanto più possibile gli accordi di Minsk, pur non avendo il controllo del territorio, e ha affrontato ogni punto. Ha approvato – e prorogato con rinnovi – la legislazione sullo statuto speciale e l’amnistia (2014) e ha preparato un progetto di legge sulle elezioni locali (2014). L’Ucraina ha approvato emendamenti costituzionali per fornire maggiore autonomia ai territori attualmente al di fuori del suo controllo (2015).
Veniamo ora alla disinformazione sul ruolo della NATO e a due narrazioni che trovano frequentemente spazio anche sui media italiani.
La prima è riassumibile così: “la crisi attuale è colpa della NATO e dell’Occidente. Se avessero onorato la loro promessa di non allargare l’alleanza, la Russia non si sentirebbe minacciata”.
Una simile promessa non è mai stata fatta, né mai richiesta alla NATO. I media controllati dal Cremlino hanno spesso affermato che al leader sovietico Mikhail Gorbaciov era stato promesso “verbalmente” che la NATO non si sarebbe estesa oltre la Germania riunificata.
In realtà, lo stesso Gorbaciov ha negato questa affermazione in un’intervista del 2014, dichiarando che “il tema dell’espansione della NATO” non era stato affatto discusso e non fu sollevato in quegli anni. Gorbaciov ha ribadito che “nessun paese dell’Europa orientale ha sollevato la questione, nemmeno dopo che il Patto di Varsavia cessò di esistere nel 1991”.
I membri della NATO non hanno mai preso alcun impegno politico o giuridicamente vincolante a non estendere l’alleanza oltre i confini della Germania riunificata.
Inoltre l’affermazione secondo cui la NATO ha promesso di non allargarsi travisa la natura dell’alleanza. La NATO, come alleanza difensiva, non si “espande” in senso imperialistico. Le decisioni relative all’adesione alla NATO spettano a ogni singolo candidato e agli attuali 30 alleati della NATO. Ogni stato sovrano può scegliere la sua strada e gli stati confinanti – in questo caso la Russia – non hanno il diritto di intervenire.
Il secondo mito è che “a causa dell’aggressiva espansione della NATO, la Russia è ora ‘circondata da nemici’ e ha bisogno di difendersi”.
Nessun paese e nessuna alleanza sta complottando per invadere la Russia. Nessuno minaccia la Russia. Unione Europea e Ucraina sono strenui sostenitori della sicurezza in Europa. La Russia è geograficamente il paese più grande del mondo, ha una popolazione di oltre 140 milioni e ha una delle più grandi forze armate del mondo con il maggior numero di armi nucleari. È assurdo ritrarre la Russia come un paese gravemente minacciato. In termini geografici, meno di un sedicesimo del confine terrestre della Russia è con i membri della NATO. Dei 14 paesi confinanti con la Russia, solo cinque sono membri della NATO.
Inoltre, non vi è alcuna argomentazione che suggerisca che la forza militare sia l’unica soluzione. Esistono diverse organizzazioni internazionali, accordi bilaterali e formati in cui la Russia può impegnarsi in un dialogo collaborativo e pacifico, ad esempio nel quadro dell’OSCE e nei regimi di controllo degli armamenti. L’UE mantiene aperti i canali di comunicazione con la Russia. Tuttavia, in quanto paese sovrano, l’Ucraina ha tutto il diritto di scegliere le sue politiche e alleanze. L’idea che la Russia dovrebbe avere un potere di veto sulle decisioni sovrane dell’Ucraina è infondata. A questo proposito, né l’UE né la NATO affermano di avere un veto su quali Stati possono essere membri dell’Organizzazione del Trattato per la sicurezza collettiva (CSTO), perché la UE e la NATO non sono parti di quel trattato.
Strategie e tattiche militari
La domanda che viene più spesso rivolta agli esperti di Ucraina in questi giorni è se davvero la Russia invaderà l’Ucraina.
Il quesito, ancorché legittimo, ignora un fatto essenziale. L’Ucraina orientale è già stata invasa nella primavera del 2014 e l’occupazione della Crimea nel febbraio dello stesso anno è anch’essa un’operazione militare in territorio straniero.
I famosi omini verdi inviati da Putin la notte tra il 27 e il 28 febbraio 2014 quando iniziò, con la presa degli aeroporti di Sebastopoli e Simferopoli, l’invasione su larga scala della penisola ucraina sul Mar Nero erano truppe russe. Nello specifico unità militari della Flotta del Mar Nero, del battaglione Est Ceceno e altre compagini per un totale di 35.000 uomini in qualità di contractor.
Anche il fatto che Putin abbia posto quale ultimatum alla NATO una richiesta irricevibile, ossia che l’alleanza Nordatlantica non annoveri mai tra le sue fila l’Ucraina, testimonia la volontà di agire scaricando la colpa su Stati Uniti e NATO per non aver voluto “negoziare”.
Detto ciò è oggettivamente complesso prevedere modalità e tempi dell’invasione.
Il generale Ben Hodges, ex comandante delle Forze americane in Europa dall’inizio del conflitto in Donbas, sostiene che Putin invaderà a fine febbraio per non rovinare le Olimpiadi al suo alleato cinese Xi Jinping, facendo un parallelo con quanto avvenne nel 2014. In quell’occasione la Russia invase l’Ucraina pochi giorni dopo la conclusione delle Olimpiadi invernali di Sochi.
A detta di Hodges il Cremlino farà largo uso di artiglieria e di attacchi cibernetici, che serviranno inizialmente a ostacolare la comunicazione tra i militari e il governo di Kyiv, poi a bloccare le infrastrutture essenziali del Paese, trasporti, banche, sistema elettrico.
Il problema dell’Occidente a detta di Hodges è che ancora oggi non riesce a credere che nel 2022 Putin possa compiere simili azioni.
Interessante anche l’analisi fatta dagli esperti del Center of Defense Strategies Andriy Zagorodnyuk, Alina Frolova, Oleksiy Pavliuchyk.
A detta di costoro un’operazione offensiva russa su larga scala contro l’Ucraina nel 2022 sembra improbabile, per una serie di motivi.
Al momento la Russia non ha il numero di truppe necessario per questo tipo di operazione.
Per un’invasione totale occorrono centinaia di migliaia di contractor addestrati in grado di partecipare all’offensiva contro l’Ucraina.
In secondo luogo, sarebbe necessario addestrare e coordinare i gruppi militari di nuova formazione e garantire un sistema affidabile per gestirli.
In terzo luogo, vi è la necessità di fornire alle truppe armi ed equipaggiamento militare, comprese munizioni e carburante. Ciò richiede riserve strategiche e una logistica affidabile, anche nei territori occupati.
In quarto luogo, c’è la discutibile capacità della Russia di mantenere i territori occupati a fronte della resistenza nazionale, dove l’esperienza di combattimento di molti ucraini supera di gran lunga quella delle truppe russe che hanno combattuto in Siria o in altri conflitti armati negli ultimi decenni.
Un’operazione offensiva su larga scala con il tentativo di mantenere sotto il proprio controllo vasti territori occupati è una scommessa che non ha possibilità di esito positivo per la Russia. È impossibile calcolare il corso di tale operazione e, una volta implementata, giungerà rapidamente a un punto incontrollabile.
Se a questa formula aggiungiamo componenti non militari, come l’isolamento internazionale e le sanzioni, il risultato di un’invasione sarà un suicidio politico per il Cremlino.
A meno che Putin e il suo team non abbiano perso la capacità di pensare razionalmente, non opteranno per questo scenario.
Altri sono invece gli scenari minacciosi che potrebbero concretizzarsi.
Lo scenario di base è quello di un’invasione ibrida che è già in fase di attuazione. A detta degli esperti questa sarà l’opzione principale per eventuali ulteriori sviluppi.
Parliamo di attacchi informatici, peraltro già in corso, che si intensificheranno ulteriormente e di guerra psicologica come misure attive, minacce di bombe a scuole, metropolitane, uffici amministrativi e altre strutture, insieme alla diffusione della disinformazione.
Una escalation di tale attività è assai probabile e comporterebbe il danneggiamento di
infrastrutture essenziali come centrali elettriche, comunicazioni mobili, Internet, comunicazioni governative, trasporti.
L’obiettivo di tali operazioni è la destabilizzazione interna e la demoralizzazione della popolazione.
L’obiettivo potrebbe anche essere quello di esaurire psicologicamente i membri delle forze dell’ordine, dei militari e la popolazione nel suo insieme a causa del costante livello di elevata minaccia. Molto realistica è anche una intensificazione armata su larga scala nell’Ucraina orientale con l’ingresso ufficiale di forze armate russe nei territori attualmente occupati.
Tale escalation potrebbe essere accompagnata da una “giustificazione fabbricata”, in gergo militare una false flag operation, con l’uccisione di cittadini russi, ad opera di truppe russe mascherate, nei territori occupati dal Cremlino o un attacco terroristico russo sempre attribuito all’Ucraina.
Gli esperti del Center of Defense Strategies affermano che quest’ultimo scenario viene considerato come una possibilità anche dai governi dei partner ucraini.
È inoltre probabile anche un significativo aggravamento della sicurezza nella regione del Mare d’Azov e del Mar Nero, con il blocco dello stretto di Kerch e delle rotte marittime dell’Ucraina per ostacolare l’attività economica del Paese.
A questi scenari vanno aggiunti: la possibile occupazione dell’isola Zmiyniy nel Mar Nero, vicino al confine con la Romania, o lo sbarco di unità navali sulle coste del Mar Nero come attività di distrazione o di supporto ad altri scenari; l’effettuazione di attacchi terroristici in Ucraina, principalmente su oggetti infrastrutturali critici; l’utilizzo del territorio bielorusso per il dispiegamento di truppe russe anche su base permanente; l’uso di truppe di stanza in Transnistria, enclave russa in Moldova e possibili attacchi missilistici o aerei su infrastrutture militari o critiche come parte dei preparativi per un’invasione di terra limitata per provocare una risposta da parte delle forze armate ucraine, o come misure autonome per creare panico tra la popolazione.
Make business not war
Da sempre uno degli obiettivi del Cremlino è quello di rompere l’unità della UE e della NATO.
Il caso diplomatico del vice ammiraglio tedesco Achim Kay Schoenbach, poi costretto alle dimissioni, che la scorsa settimana ha affermato che “Putin merita rispetto e che la Russia è un paese cristiano che ci serve contro la Cina”, dicono di un’Europa in cui, nonostante la guerra in Ucraina, tanti sono i Russland versteher (sostenitori della Russia) e i Putinversteher pronti a perorare la causa del Cremlino.
Se Berlino con il suo fermo sostegno al Nord Stream 2, il gasdotto costruito assieme a Mosca per trasferire gas dalla Federazione Russa alla Germania bypassando quattro stati membri della UE (Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania) ha spinto alcuni analisti geopolitici a paragonare questo progetto a una sorta di nuovo Patto Molotov-Ribbentrop, anche il mondo imprenditoriale italiano, nonostante l’orientamento atlantista del premier Draghi e di parte del suo esecutivo, è attivissimo nel consolidare i suoi rapporti economici con il Cremlino.
Nei giorni in cui la diplomazia occidentale si muove alla ricerca di una soluzione alla grave crisi ucraina, desta una certa inquietudine il meeting virtuale organizzato dalla Camera di Commercio italo-russa, tenutosi mercoledì 26 gennaio cui ha partecipato il gotha del business made in Italy e lo stesso Putin.
L’inquilino del Cremlino, che si è presentato all’incontro con mezz’ora di ritardo, ha affermato che la Russia è un partner affidabile e che Gazprom continua a vendere all’Italia gas “a prezzi molto più bassi di quelli di mercato grazie ai contratti a lungo termine”.
Il presidente della Camera di Commercio italo-russa Vincenzo Trani, interrogato sull’opportunità di tale meeting visti i venti di guerra in Ucraina, ha laconicamente risposto “make business not war”.
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