Geopolitica

Midterm: Biden può sorridere?

19 Novembre 2022

Come da recente consuetudine, ci sono voluti giorni per avere la certezza dei risultati. Oramai però i numeri ce li abbiamo e siamo in grado di dire che i presagi più catastrofici, per l’attuale inquilino della Casa Bianca, sono stati smentiti.

Alle elezioni di metà mandato, o midterm elections, una sorta di verifica dei primi due anni che si tiene negli USA a 24 mesi di distanza dall’elezione del Presidente, Joe Biden è uscito sconfitto dalla Camera (com’era ampiamente previsto), passata sotto controllo repubblicano, riuscendo però a mantenere il controllo del Senato.

La vera battaglia era proprio in questa camera. Dovremo attendere qualche settimana per assegnare lo Stato della Georgia ma l’impatto di quella votazione sarà minimale perché i Dem ce l’hanno fatta: con la vittoria in Nevada di Catherine Cortez Masto sul forte candidato rosso (leggi: repubblicano) Adam Laxalt, l’onda è stata arginata.

Joe Biden president
Joe Biden in conferenza stampa il giorno dopo le elezioni di midterm. Foto: REUTERS/Tom Brenner

1 Camera per parte: che significa?

“Sono molto fiera dei nostri candidati.”

Ha ammesso Nancy Pelosi, speaker della Camera bassa e democratica di ferro, nonché acerrima nemica – ricambiata – dell’ex presidente, e futuro candidato alla presidenza, Donald Trump. Per quale motivo la coordinatrice della Camera persa dovrebbe essere fiera di chi le è costato la sconfitta e, potenzialmente, il posto di lavoro?

Perché, semplicemente, storicamente le midterm vedono sempre la sconfitta del partito del Presidente e, questa volta, si tratta di una debacle di misura, ridimensionata anche dalla vittoria in Senato.

Se il diagramma dei colori ci indica Camera rossa e Senato blu, non dobbiamo pensare che i rispettivi partiti siano in saldo controllo delle due assemblee. In realtà, in ambedue i conclavi, le maggioranze sono risicatissime, tanto che la governabilità fino al 2024 è tutt’altro che garantita.

A parte questo, si tratta comunque di un risultato accettabile per Biden, il quale si è senz’altro indebolito ma non ha completamente perso il controllo del Congresso. Soprattutto, poi, ne esce meglio del suo ultimo sfidante alle presidenziali: i candidati di Donald Trump, infatti, hanno perso quasi ovunque. Tra i due, l’ha spuntata nuovamente il democratico.

Che attendersi in prospettiva?

Il pensiero a questo punto non può che andare al 2024. Potrebbe sembrare presto visto che mancano due anni e ancora attendiamo i risultati ufficiali di questa tornata ma negli USA l’intera agenda politica si basa sul presidente e, data l’altissima polarizzazione del Paese, ora più che mai è necessario provare ad avere un pò di prospettiva.

Biden dovrà rimboccarsi le maniche e trattare con i repubblicani al Congresso per proseguire, senza troppi incidenti, il suo mandato. Era comunque ampiamente previsto che andasse così. Quello che non era affatto scontato era che la diga avrebbe tenuto. Questo fatto potrà essere rivendicato dall’attuale presidente.

I dem hanno due anime, una più centrista e una più spostata a sinistra. Da quest’ultimo lato ci sono proposte fortissime ma ancora un pò acerbe, perché giovani e inesperte come il ciclone Alexandria Ocasio – Cortez, la quale ha vinto, come ci si poteva attendere, nella sua circoscrizione del Bronx e Harlem dove non c’è rivale che possa tenerle testa. Difficilmente però lei o altri astri nascenti vorranno bruciarsi nel 2024 per tentare di strappare la presidenza a un uomo del loro partito. Sull’altro asse invece, quello che non può neppure essere definito di sinistra, dal momento che tiene posizioni totalmente centriste e pare essere più gradito dalla maggior parte dell’elettorato, Biden può ora battere i pugni sul tavolo, riaffermandosi come leader del partito e candidato alle presidenziali. Dal momento che i dem sono già nello Studio Ovale, ci possiamo attendere primarie poco scoppiettanti, in quanto è lecito ritenere che non si vorranno mettere bastoni tra le ruote di Joe Biden.

Sull’altro fronte le prospettive sono ben diverse. Sappiamo già che Trump correrà tra 2 anni, come ha pubblicamente dichiarato lo scorso 15 novembre, in una conferenza stampa che ha soltanto ufficializzato quello che tutti già sapevano; non siamo però certi che sia in una posizione di dominio all’interno del suo partito. Molto dipenderà infatti da quale sarà la strategia che i conservatori sceglieranno di tenere a Washington tra oggi e novembre 2024.

È possibile sostenere di fatto The Donald continuando a demonizzare Biden, a prenderlo in giro per le sue gaffe, a chiamarlo dormiglione e a invocare impeachment e inchieste parlamentari ma non servirebbe a dimostrare che i repubblicani sanno fare meglio di lui il suo lavoro. Potrebbe essere ben più produttivo fare un’opposizione intelligente, sui temi, allontanandosi dalle piazze aizzate da Trump e proponendo alternative alle proposte democratiche, cosa fattibile dal momento che controllano la Camera. In tal maniera si potrebbe continuare l’opera di conquista delle minoranze etniche, principalmente quella ispanica, che sta abbandonando in massa i democratici e strappare anche qualche voto di esponenti di una middle class che ha poco interesse nel carnevale trumpiano e vuole soltanto vivere nella stessa maniera in cui ha fatto negli ultimi decenni. Questo elettore è il tipico conservatore. Non ha problemi a schierarsi con Biden se il partito democratico si dimostra più disposto ad ascoltarlo rispetto a un miliardario lontanissimo da lui (o lei), più interessato alla gestione del suo club di golf che a quella degli Stati Uniti.

Ron DeSantis
Ron DeSantis, governatore della Florida e possibile candidato repubblicano nel 2024. Foto: CNBC.

Ai repubblicani farebbe comodo avere un leader per questa ala moderata. Al momento non c’è ma molti immaginano possa essere Ron DeSantis, governatore della Florida che è stato riconfermato grazie a una vittoria nettissima. Altri nomi da tenere in considerazione sono quelli di Mike Pence, ex vice di Trump; Mike Pompeo, ex segretario di Stato; Marco Rubio, sempre citato ma mai capace di convincere in termini di voti, nonché la quasi outsider Nikki Haley, ex ambasciatrice all’ONU e repubblicana di ferro ma ben più diplomatica e carismatica di molti tra questi citati accanto a lei.

Le bocce, comunque, non sono certo ferme. Da qui al 2024 potrebbero cambiare molte cose perché Biden guadagnerà o perderà popolarità con la sua azione politica mentre Trump dovrà attendere i risultati delle inchieste che lo coinvolgono, sia quella sull’invasione del Campidoglio del 6 gennaio 2021 sia quella sulla sparizione di alcuni documenti secretati dalla cassaforte della Casa Bianca. Entrambi questi provvedimenti potrebbero impedirgli la ricandidatura qualora fosse dichiarato colpevole.

Crediti fotografici: Roll Call.

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