Geopolitica
Massacri in Ucraina: da che parte stiamo?
L’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia non è una guerra di civiltà. Non lo è non solo perché i due popoli sono storicamente fratelli, ma perché non si scontrano due strutture valoriali e morali opposte.
L’Europa, l’Ucraina e la Russia condividono lo stesso senso comune morale. I crimini di guerra sono tali per tutti: non si uccidono i civili inermi, non si bombardano scuole, ospedali, condomini civili; non si massacrano donne e bambini, non si infierisce su chi si è arreso. Non si usano armi illegali, bombe a grappolo, bombe al fosforo e, Dio non voglia armi chimiche o nucleari. Tanto è vero che la Russia rimbalza l’accusa, vuoi nella maniera maldestra di attribuirla agli ucraini, vuoi con l’escamotage di evocare la fake news, la costruzione di un set cinematografico nel quale quei morti – in cui noi ci riconosciamo, quei gruppi di adulti e bambini bruciati, quelle macchine schiacciate dai carrarmati come fossero vuoti a rendere, che stanno popolando l’immaginazione tanato-(porno)grafica delle nostre bacheche social, e degli schermi televisivi – sono sì accettati come qualcosa di intollerabile dalla Russia, ma semplicemente la Russia ne rifiuta la responsabilità.
Questa non è una guerra di civiltà: questa è una barbara guerra civile unilateralmente mossa da una parte della nostra civiltà verso un’altra.
Anche la stessa categoria di «nemico» viene rinnegata da parte Russa: ufficialmente la Russia non sta combattendo un nemico (hostis publicus), ma un bandito, un terrorista, il governo «abusivo» ucraino. Tanto è vero, inoltre, che la Russia non ha dichiarato ufficialmente «guerra,» e nella sua narrazione sta intervenendo quasi in una missione di pace, per difendere i cittadini russi del Donbass. E tanto è vero, da ultimo, che la Russia si rifà alla narrazione della «guerra civile patriottica», la guerra contro Hitler, per giustificare questa infame campagna militare. E, per soprammercato, la Russia non accetta nemmeno di interfacciarsi con uno stato nemico, ma rifiuta all’Ucraina lo status giuridico di stato sovrano, la considera una parte integrante del proprio territorio, usurpato da «banditi nazisti»: ecco la vera ragione perché la Russia non può accettare un negoziato. Si negozia con un nemico dichiarato, con un’altra nazione con cui si è in guerra, non con una banda di terroristi «drogati e nazisti»(come la Russia chiama il governo ucraino), terroristi entro il proprio territorio (By the way, non condivido l’analisi di Donatella di Cesare. Qui non sono in guerra due stati, due nazionalismi!)
Tutto questo lo sappiamo, e chi non lo sa, o finge di non saperlo, è responsabile della propria ignoranza, o del proprio «analfabetismo funzionale».
La prima violenza semantica da parte Russa è misconoscere semanticamente a questa guerra il titolo di «guerra», chiamandolo «azione militare speciale», o con termini analoghi. Tutto ciò è finalizzato a far accettare alla propria opinione pubblica l’aggressione criminale di cui si sta rendendo colpevole Putin e il suo entourage militare e politico. Ci si dovrà prima o poi anche domandare quanto siano corresponsabili i cittadini russi. L’obbedienza non è più una virtù. Chi obbedisce o non si ribella è complice. Onore, dunque, a cittadini russi che rischiando il carcere manifestando e polemizzando in piazza e in altri modi. Stanno dalla parte della stessa resistenza. Accettare l’idea che i cittadini russi non ne sappiano nulla, che non sappiano che il loro governo sta combattendo una guerra unilaterale e criminale, non è accettabile nel tempo dei social e del world wide web. E chi non frequenta il web non ha difficoltà a collegarsi con le radio e le televisioni internazionali.
Non ho le minime competenze né militari, né geopolitiche per decifrare il senso profondo di questa guerra, esprimo solo in questo articolo il senso di insorgenza di fronte alla mostruosità di quanto sto vedendo, di quanto i nostri occhi stanno vedendo e i nostri fragili sistemi nervosi – già provati da quasi tre anni di pandemia – debbono sopportare. Ma una cosa è chiara, nessuno, dopo Bucha può più dire che la resistenza ucraina sia la causa di questo accanimento bellico mostruoso. Quei cittadini civili di Bucha si erano arresi, eppure sono stati barbaramente massacrati. Bucha si pronuncia in inglese come butcher, «macellaio». Chi se ne è reso colpevole è un macellaio, dall’ ultimo soldato fino al capo dello Stato russo. Queste stragi ricordano quelle dell’esercito tedesco durante la Seconda guerra mondiale: Sant’Anna di Stazzema, Monte Sole, e molte altre che qui potete conoscere. E chissà quante Bucha, Irpin e Borodyanca, si stanno verificando ora, ogni giorno, ogni minuto, anche mentre leggete questo articolo.
Dire «Ma anche gli americani hanno fatto stragi», non significa nulla, non è un argomento, è appellarsi alla fallacia del tuquoque. Lo so anche io, ad esempio, che numericamente i bombardamenti angloamericani sull’Italia (solo sull’Italia) fecero almeno 70.000 morti (si legga ad esempio, The bombing War, di Richard Overy, o L’Italia bombardata. Storia della guerra di distruzione aerea 1940-1945, di Gioannini-Massobrio), e le stragi nazifasciste fecero invece “solo” 23.669 vittime. Questo rende quelle stragi meno disumane, solo per un mero fatto numerico? Questo ribalta minimamente la responsabilità di quella guerra? Per nulla: noi – allora, cittadini italiani, volenti o nolenti – fino al ’43 – stavamo con Hitler, eravamo noi il nemico della pace e della civiltà.
Da che parte vogliamo stare ora?
Perché noi – adesso, se non lo abbiamo ancora fatto – dovremmo farci un esame di coscienza. Stiamo dalla parte di questi criminali di guerra che hanno massacrato i civili a Bucha (e in chissà quanti altri posti), o stiamo dalla parte dell’umanità e dei diritti umani, della resistenza e del diritto alla libertà? Stiamo dalla parte della Russia o dell’Ucraina, e quindi dei valori democratici nostri, e anche, a ben vedere, di quelli della stessa Russia che deve negare di essere una dittatura perché sa che, nella opinione pubblica mondiale, dirsi una dittatura non passa più?
Non sta a me, a noi, trovare il modo di fermare la guerra. Ma sta a me, sta a noi, dirlo forte e chiaro ai nostri amici che – pur appellandosi al 25 aprile e alla Resistenza, dicono che non dobbiamo dare armi agli Ucraini per non prolungare la loro agonia. No, cari amici, noi non siamo terzi e neutrali. Noi non siamo neutrali, noi siamo l’Ucraina, con l’Ucraina, noi dobbiamo essere con l’Ucraina, in nome della nostra Costituzione (leggete gli articoli 2, 10, alla cui luce va letto anche l’articolo 11 – ma leggete e ascoltate anche i discorsi dei grandi padri costituenti, soprattutto quello di Calamandrei ai giovani) Quei civili ucraini che sono stati massacrati si erano arresi. Se non lo capite, siete responsabili della vostra cecità di giudizio morale e politico.
Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti.
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