Geopolitica
Mare Nostrum a chi?
L’interesse nazionale va difeso ogni giorno e una politica estera conseguente non si inventa dalla sera alla mattina. Mentre tre delle nostre Forze Armate in questi anni di continue esperienze internazionali hanno maturato una formazione elevata dei propri gruppi dirigenti esposti a confronti nei teatri più delicati con i migliori degli altri Paesi, certamente non altrettanto si può dire degli inquilini della Farnesina e in generale dei governi che si sono succeduti. Vedo e sento (con insofferente sofferenza) che si richiama come momento di aurea gloria italica il periodo del Governo Berlusconi, un tycoon considerato dalla opinione pubblica internazionale “unfit to lead Italy” e ciò la dice lunga su cosa comprendiamo di ciò che accade fuori dalle cordate interne di ciò che resta di quelli che furono, forse, dei partiti: ma si sa, all’estero studiano Machiavelli e noi pratichiamo il “particulare” di Guicciardini.
Quattro sono le considerazioni generali delle quali dobbiamo prendere atto, più un corollario che spiego subito: vedere come nel caso della Libia, la politica estera come materia di politica interna gestita dal ministero sbagliato con obbiettivi demagogici è stata una idiozia il cui prezzo è al momento incalcolabile ma che da solo dovrebbe far sparire dalla scena per il nostro bene i protagonisti di quella e questa stagione.
La prima considerazione è che l’Italia rimane un paese trasformatore sul confine dell’Unione Europea al centro del Mediterraneo e come tale non può sottrarsi al ruolo di potenza regionale demandando a terzi, ora alla Nato ora all’Unione Europea stessa ora agli amici americani, un ruolo di difesa dei nostri interessi che non è loro. Certamente ogni azione va inquadrata nei rapporti con gli alleati (e nel compromesso su interessi che possono anche essere divergenti, l’Unione Europea è nata per quello e i primi 4 articoli del Trattato del Nord Atlantico a quello fanno riferimento) ma ciò non significa non avere idea di dove si viva e regolarsi di conseguenza: senza le basi siciliane scioccamente concesse dal cedimento del governo di gloria italica succitato (appunto…) Gheddafi, un despota sanguinario con il quale però avevamo un bilaterale che ci impegnava sulla difesa che abbiamo bellamente tradito, starebbe ancora a dilettarsi con le gentili signore della sua guardia personale sotto una tenda beduina prima di andare a dormire nel suo palazzo.
La seconda considerazione è che mentre la Germania ha un limes orientale che da sempre si chiama Russia l’Italia, considerato che il Mediterraneo non è un confine ma demarca i confini, è cheeck to cheeck con 19 paesi più San Marino e il non riconosciuto Principato di Seborga dei quali meno di una decina sono in qualche modo parte di alleanze peraltro non omogenee. Abbiamo poi una area di proiezione degli interessi nazionali che ne coinvolge circa 40 divisi tra tre continenti e in almeno quattro aree geopolitiche tra loro non omogenee (cercateveli, è un buon primo esercizio per farsi venire i brividi). Di questo nella nostra opinione pubblica non vi è alcuna coscienza, ed è grave, ma ve ne è scarsa percezione anche nei “palazzi del Potere” (virgolettati perché il potere esiste se ne sei consapevole e lo usi, sennò è la stanza dei bottoni senza bottoni di Pietro Nenni).
La terza considerazione è che sono cambiate le regole del gioco e da equilibri irenici dove il soldo sembrava poter pagare la pace oggi gli interessi nazionali di paesi che intendono esercitare il ruolo di potenze regionali (Turchia, Iran, Egitto per dire i primi che vengono in mente che aspirano a diventare anche potenze nucleari considerando che i russi si considerano invece potenza globale) camminano grazie ai “boots on the ground”, quella roba che quando se ne parlò qualche anno fa pensando di mandare i “nostri” sul bel suol d’amore insorse l’universo politico italico perché non sarebbero stati né istruttori né distributori di pacchi viveri, medicine e pannolini. Il problema non è che noi siamo per la guerra, è che disposti spregiudicatamente al conflitto lo sono gli altri: noi non siamo nanche riusciti a dare la pensione di guerra a Cocciolone e Bellini abbattuti catturati e torturati dagli iracheni perché legalmente il Parlamento non aveva votato nulla e vorrei capire come tratteremo i cinque della Task Force 44 in missione “Centuria” gravemente feriti qualche mese fa dalle parti della Siria o di quel che ne resta.
La quarta considerazione sono i rapporti con gli alleati e qui la cosa si farebbe lunga e la rimandiamo ad una riflessione successiva. Però anticipiamo che esiste un problema grosso come una casa (e che potrebbe diventare una opportunità) ed è il rapporto con i nostri cugini del meraviglioso Palazzo Farnese a Roma (non si confonda con la Farnesina…) che al momento possiamo definire diplomaticamente “Franco e isterico”. Vero, Sarkò ci fece un pessimo servizio in Libia (ma glielo lasciammo pavidamente fare); vero che in Libia noi e loro in seguito siamo stati su fronti opposti ma era una conseguenza dell’errore iniziale. Oggi il rapporto con la Francia nel Mediterraneo è per l’Italia non una scelta ma un obbligo vitale rafforzato da due cosette che sono FCA-Peugeot e la delicata ma interessantissima operazione Fincantieri-Chantiers de l’Atlantique; e all’orizzonte il futuro di Unicredit e, chissà, di Eni e Total.
Poi possiamo continuare a litigare come bambini offesi con i tricolori in mano sugli immigrati a Bardonecchia o sulla indimenticabile testata di Zidane ma intanto i Turchi si riprendono ciò che gli strappammo nel 1912 e quello che non si prendono loro se lo mangiano gli egiziani con i quali abbiamo rapporti sotto zero per le note vicende e, ancora, la Rodina si è prepotentemente affacciata sul Mare Nostrum dove nel vuoto Franco Italiano raccoglie copiose messi.
Ecco, in politica estera qualche ideale non fa male (non troppo però perché l’esoterico Obama e l’esportatore di democrazia Bush ci hanno provocato un gran mal di testa) ma il pragmatismo e la razionalità sono fondamentali e ci dicono che la “collaborazione rafforzata” con i cugini al momento congelata dalle loro presunzioni e dal nostro provincialismo va sbloccata alla rapida anzi intensificata perché senza ci facciamo male tutti e due: quindi, alla rapida e a tutta forza diamoci una svegliata.
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