Geopolitica
Monica Guerzoni: “La democrazia in italia non è in pericolo, peró…”
Elezioni europee, la frenata della destra in Francia, la rivincita del PD alle amministrative in Italia, sono alcuni dei temi che ho affrontato nell’intervista a Monica Guerzoni, giornalista del Corriere della Sera e “Chigista” dal 2006, ovvero una giornalista dotata di un cartellino speciale per entrare nella sala stampa di Palazzo Chigi. Un’esperta di politica e una grande appassionata di letteratura, musica e poesia. La sua frase da ragazzina era: “entrare nel giornalismo dalla porta della letteratura o entrare nella letteratura dalla porta del giornalismo?” È arrivato prima il giornalismo, anche se il sogno della poesia e della letteratura resta sempre.
Un commento sugli esiti delle elezioni europee? Dobbiamo temere questa ondata delle nuove destre?
Le Pen in Francia ha stravinto alle Europee e al primo turno delle elezioni francesi e Giorgia Meloni ha segnato un successo importante alle Europee. Il passo in avanti delle destre c’è obiettivamente stato, ma i pilastri dell’europeismo hanno retto. Non c’è stata la svolta clamorosa che tanti temevano e il secondo turno delle elezioni francesi hanno visto il risveglio della sinistra e la resurrezione di Macron. Segnali di una inversione di tendenza che trovano conferma nella vittoria del Labour in Gran Bretagna, dopo 14 anni di governo dei conservatori. Anche in Italia le Europee hanno visto risorgere il centrosinistra, con il successo di Fratoianni e Bonelli e il buon risultato del Partito Democratico, che hanno dimostrato come un’alternativa al governo della destra sia possibile. Mentre è entrato fortemente in crisi il Movimento5Stelle guidato da Conte.
La sinistra italiana deve ripartire da AVS?
Avs ha avuto un successo importante, ha azzeccato la candidatura di Ilaria Salis, per quanto controversa, e ha marcato i temi della sinistra, ma penso che l’alternativa progressista debba partire dal Partito Democratico che ne è tradizionalmente il fulcro. Sul terreno della sinistra Conte ci è arrivato dopo aver guidato un governo con Salvini e se è entrato in crisi così presto è anche perché si è in parte sovrapposto al terreno su cui si muove il PD.
Cosa succederà al Movimento5Stelle?
La possibilità che il Movimento provi a tornare alle origini ovviamente esiste, magari affidandosi a Di Battista, in tandem con una delle due donne forti, Raggi o Appendino. Giuseppe Conte però è molto resistente, è una persona che ha dimostrato di amare moltissimo la politica, di essersi innamorato di questo gioco nuovo per lui, d’essere furbo, tenace e trasformista. Oggettivamente per lui è anche un pregio, nel senso che si sa adattare ai cambiamenti, potrebbe quindi cambiare rapidamente passo. C’è poi l’incognita Beppe Grillo, che a volte c’è a volte no, può essere che lui stesso imponga un cambiamento, certo è che questo partito in questo momento non ha una grandissima ragione d’essere, si è troppo sovrapposto al Partito Democratico, perdendo il suo volto di anti-sistema che aveva all’inizio. Il fatto che Di Maio abbia “rottamato” molti big quando fece la scissione ai tempi di Draghi, ha indebolito il partito. Se fossi in Conte e in Grillo metterei la possibilità del terzo mandato, non si può formare un dirigente, un parlamentare e appena l’hai formato buttarlo a mare, questo rende il partito debole; chi li conosce quelli che si sono da poco candidati alle elezioni europee? Chi conosce gli aspiranti sindaci che naturalmente non vincono? Questa è la loro debolezza.
Le elezioni europee sono percepite dall’elettorato come qualcosa di lontano, diversamente dovrebbe essere per le elezioni amministrative, che prevedono un’oggettiva vicinanza ai candidati. Perché c’è molto astensionismo anche per queste? Ha ragione il presidente del Senato, La Russa, quando dichiara che il doppio turno incrementa l’astensione?
Non sono d’accordo con il presidente La Russa, non credo che il sistema del ballottaggio indebolisca la partecipazione. Quando i candidati sono forti, i cittadini a votare ci vanno. Penso ci sia un problema diffuso di classe dirigente. Noi che stiamo in Parlamento da un po’ di tempo notiamo molta fatica alla formazione di nuove leadership, non ci sono molti leader carismatici nei partiti, anche nello stesso PD, che pure ne ha avuti tanti. Forse questa continua guerra al correntismo ha indebolito un po’ i partiti, le correnti se non servono a distribuire poltrone, servono a formare l’identità dei partiti e a far progredire il dibattito culturale, che oggi è debole e caotico. Si procede solamente per titoli che poi sono quelli che avanzano sul web, sui social, mancano le idee, i titoli non sono idee, le correnti dei partiti un tempo portavano avanti le idee, oltre che le ideologie. Il Pd che aveva al suo interno i lettiani, i dalemiani, i bindiani, i bersiani, i renziani, era un partito oggettivamente più forte. È un bene combattere le correnti, ma spesso si rischia di azzerare i dibattiti all’interno dei partiti. Mi rendo conto che la mia opinione possa essere una voce fuori dal coro, in un momento in cui le correnti vengono viste come il male assoluto, però bisogna stare attenti, perché anche il partito di un solo leader o di una sola leader al comando, e vale naturalmente anche per la destra, indebolisce di molto il partito stesso e le forze politiche, bisognerebbe tornare alla formazione delle classi dirigenti. Poi la triste realtà è che i giovani non si appassionano alla politica, lo dimostra il fatto che non vanno a votare, probabilmente anche l’anti-politica del Movimento5Stelle ha contribuito ad allontanare i cittadini, questa immagine del “magna magna”, la casta, non ha aiutato, mi sembra un periodo molto declinante per la politica in Italia, come del resto anche in Europa e negli Stati Uniti.
Dopo il voto favorevole del Senato la strada verso il decreto di legge sul Premierato sembra sempre più in discesa. La democrazia nel nostro Paese è in pericolo?
Sul Premieranno c’è stato un primo voto favorevole, quello che non è chiaro è se Giorgia Meloni avrà la convenienza di andare diritta verso un referendum così divisivo. La premier ha condotto le elezioni europee come un referendum su se stessa e questo le ha portato molti voti, ma quando in ballo c’è la Costituzione la storia dimostra, da Berlusconi a Renzi, che i cittadini sono molto sensibili e molto legati alla figura del Capo dello Stato, in modo particolare oggi a Sergio Mattarella. Andare ora allo scontro, alla spaccatura del Paese a metà tra favorevoli e contrari, su una riforma di questo tipo, è un azzardo. Come tutti gli azzardi potrebbe portare a un clamoroso successo, il quesito “volete voi eleggere direttamente il Capo del Governo” è molto fascinoso, ha un forte appeal, però ancora il tracciato non è chiaro, Giorgia Meloni potrebbe avere l’interesse a far slittare il referendum alla prossima legislatura.
Fatta questa premessa, rispondo alla domanda. Non siamo ancora in una situazione di pericolo per la democrazia, però penso che quando un Premier mancato, come Pierluigi Bersani, da sinistra dice: “là in fondo c’è Orban” non dica proprio un’eresia, nel senso che le democrazie rischiano in quest’epoca di prendere una piega che rappresenta un po’ uno scivolamento. L’Italia è ben lontana dall’essere una democratura, i pilastri della democrazia sono ancora tutti in piedi, però l’allentamento di certi principi fondamentali a volte si intravede, soprattutto nel combinato disposto tra queste tre riforme: dare tutti i poteri al Capo del Governo, allentare i poteri del Quirinale e il presidio di pesi e contrappesi che il Colle rappresenta e contemporaneamente fare una riforma della giustizia che preveda la separazione delle carriere e magari in prospettiva che metta i Pm sotto il controllo del governo. E, come terzo step, aver approvato l’autonomia differenziata senza aver prima determinato i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) rischia di dividere il Paese in regioni di serie A e di serie B, cittadini più o meno liberi di accedere alle cure sanitarie, alle scuole eccetera. Questo trittico preoccupa.
Fra la fine di maggio e l’inizio di giugno, in una settimana, sono stati licenziati 3 direttori di giornale: Alessandro Barbano de Il Messaggero, Enrico Bellavia de L’Espresso e Cristina Sivieri de La Svolta. Sono tempi difficili per il giornalismo in Italia?
Certamente sì, ma le motivazioni di questi avvicendamenti sono tutte diverse. Per il giornalismo in italia è un momento difficile perché il potere ha, non da oggi e non solo con il Governo della destra, la tendenza a restringere gli spazi di libertà dell’informazione. Questo Governo è quello che probabilmente sta mostrando una maggiore attenzione a questo tema, lo dimostra il caso dell’AGI (Agenzia Giornalistica Italiana), con il tentativo di vendere la seconda più importante agenzia italiana, da decenni di proprietá di una importante società quotata come l’ENI, a un parlamentare che fa parte della maggioranza, oggi in quota Lega, ma molto vicino a Fratelli D’Italia, sto parlando naturalmente di Antonio Angelucci.
Ci sono state le vicende Rai che tutti conosciamo, con la censura di Antonio Scurati per il monologo sul 25 Aprile e la sospensione di Serena Bortone. E c’è un’attenzione fortissima a conquistare sempre maggiori spazi dell’informazione per renderli filo governativi. Il che progressivamente porta a una riduzione degli spazi di libertá di stampa.
Esiste da parte dei giornalisti una reattività e una vigilanza, ma vorrei ci fosse una mobilitazione più forte e importante e che tutti capissimo quanto la stampa è un presidio di democrazia.
Con le guerre in corso, che stanno cambiando rapporti di forza e alleanze, il volto di tante democrazie sta cambiando ed è necessario essere molto vigili e attenti, evitando di lasciar correre alcune cose che avvengono, così come bisogna evitare di enfatizzare, di gridare al regime, di gridare al fascismo ogni minuto.
Non abbiamo ovviamente un Governo fascista, ma un Governo che fatica a tagliare i ponti con certi ambienti e certe nostalgie, anche per questioni elettorali e che ha un po’ la tendenza ad allargarsi nel mondo dell’informazione. In conclusione bisogna essere molto vigili, ma anche non esagerare nel gridare ad un attacco alla democrazia.
L’intervista completa a Monica Guerzoni sarà pubblicata agli inizi del 2025 in un libro intitolato “Giornaliste Italiane” un progetto nato con l’editore Luca Sossella e che comprende già un primo volume “Giornalisti Italiani” nelle librerie in questi giorni. L’idea è quella di proseguire il viaggio, iniziato con i giornalisti, attraverso la storia del giornalismo italiano e del nostro Paese, dagli anni ’70 a oggi. Come già successo per le interviste ai giornalisti, anche per questo secondo volume, alcune parti delle interviste alle giornaliste, soprattutto quelle che riguardano argomenti di attualità, saranno pubblicate in anteprima su GliStatiGenerali
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