Geopolitica

L’uscita americana dal conflitto ucraino e la spartizione del pacifico

28 Dicembre 2024

Il conflitto in Ucraina, ormai giunto alla sua fase più complessa, ha sollevato una serie di interrogativi sulle dinamiche geopolitiche che lo alimentano, sulle sue implicazioni globali e sulle future evoluzioni possibili. A un anno e mezzo dall’inizio dell’invasione russa, la guerra si sta trasformando in un teatro di scontro non solo tra Mosca e Kiev, ma anche tra potenze globali, con gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la Russia che si trovano a gestire una crisi dai risvolti imprevedibili. Tuttavia, uno degli aspetti più significativi è il coinvolgimento degli Stati Uniti, la cui politica verso l’Ucraina potrebbe subire un radicale cambiamento con il ritorno al potere di Donald Trump.

L’Ucraina sta affrontando una difficoltà crescente nel mantenere il ritmo della sua resistenza nei confronti dell’aggressione russa, in particolare a causa della scarsità di risorse, tra cui le munizioni a lungo raggio. Secondo il New York Times, uno dei motivi principali di questa difficoltà è il rallentamento del lancio di missili Atacms, forniti dagli Stati Uniti. Questi dispositivi sono cruciali per il potenziale di attacco ucraino sul suolo russo e per indebolire la capacità della Russia di sostenere il conflitto, ma le scorte sono limitate e non vi è certezza riguardo alla possibilità di nuovi invii da Washington. Inoltre, la guerra in Ucraina sta esaurendo le risorse militari degli Stati Uniti, mettendo sotto pressione il bilancio della difesa americana, un fattore che potrebbe determinare una revisione delle priorità strategiche della Casa Bianca.

A ciò si aggiunge il contesto politico interno negli Stati Uniti, che vede la figura di Donald Trump come uno degli attori più critici nei confronti del coinvolgimento militare americano nella guerra in Ucraina. Il tycoon ha sempre sostenuto che gli Stati Uniti dovrebbero concentrarsi su altre aree strategiche, come l’Indo-Pacifico, piuttosto che impegnarsi in un conflitto europeo che, secondo lui, non rientra negli interessi vitali americani. La “Dottrina Trump” potrebbe, quindi, tradursi in una ritirata o, perlomeno, in un alleggerimento del sostegno a Kiev.

Il ritorno di Trump alla Casa Bianca potrebbe segnare un cambiamento radicale nelle politiche estere degli Stati Uniti. Nonostante il conflitto in Ucraina occupi l’attualità geopolitica, Trump sembra essere molto più preoccupato della crescente influenza della Cina nel Pacifico. Il fatto che il presidente cinese, Xi Jinping, sia stato invitato all’inaugurazione della sua presidenza è un segnale inequivocabile che l’asse Washington-Pechino potrebbe essere ridefinito. Piuttosto che cercare uno scontro diretto con la Cina, Trump appare più incline a negoziare una spartizione delle sfere di influenza nel Pacifico, cercando di mantenere la stabilità in quella regione strategica.

In questo scenario, la crisi in Corea del Sud potrebbe essere utilizzata come leva per disinnescare la “guerra per procura” che si stava sviluppando tra Corea del Sud e Corea del Nord, con ripercussioni sulla guerra in Ucraina. È probabile che una soluzione politica, magari sostenuta da un’influenza silenziosa ma concreta da parte delle forze vicine a Trump, possa portare a una de-escalation nella penisola coreana, riducendo così uno degli altri fronti caldi che distolgono le risorse e l’attenzione americana.

Se gli Stati Uniti sembrano pronti a rivedere il loro ruolo nel conflitto ucraino, l’Europa si trova in una posizione difficile. Il continente ha accettato di sostenere l’Ucraina contro l’aggressione russa, ma il rallentamento del conflitto e la crescente insoddisfazione riguardo alle spese e alle perdite umane potrebbero far emergere divisioni all’interno dell’Unione Europea. La politica estera europea, generalmente subordinata alla leadership americana, si trova ora a fare i conti con l’incertezza sulle future alleanze e strategie.

In questo contesto, alcuni paesi, come la Polonia e l’Ungheria, potrebbero cercare di trarre vantaggio dalla situazione. La Polonia, ad esempio, potrebbe ottenere concessioni in termini di approvvigionamento energetico, come il gas naturale, ma anche avanzare pretese territoriali economiche, in particolare in riferimento alla Galizia, una regione storicamente legata alla Polonia. L’Ungheria, dal canto suo, potrebbe capitalizzare sullo status della Transcarpazia, una zona situata nell’ovest dell’Ucraina, tradizionalmente abitata da una significativa minoranza ungherese. Sebbene la situazione non sembri favorevole a un’annessione giuridica, le dinamiche politiche e territoriali potrebbero comunque portare a una “annessione economica” che rafforzerebbe l’influenza di Budapest nell’area.

Tra i paesi che potrebbero uscirne con maggiore forza vi è la Romania. Grazie alla sua posizione geografica strategica e alla sua partecipazione attiva nel sostegno all’Ucraina, la Romania potrebbe trarre beneficio dalla stabilizzazione della regione. Il possibile ingresso della Moldova nell’Unione Europea potrebbe essere un passo significativo per Bucarest, che vedrebbe rafforzato il suo ruolo di potenza regionale. Un’ulteriore vittoria per la Romania potrebbe consistere nell’assunzione di un maggiore controllo politico ed economico su questa nazione, pur mantenendo la sua autonomia.

La Romania, sotto la guida di figure politiche come Crin Antonescu, potrebbe approfittare della situazione per navigare abilmente tra le sfide geopolitiche che si presentano. Antonescu, noto per la sua conoscenza della storia e della politica romena, potrebbe dimostrarsi un abile interlocutore in un periodo in cui le dinamiche internazionali sono in rapida evoluzione. La sua capacità di gestire l’equilibrio tra il pro-europeismo e la necessità di rafforzare il ruolo della Romania nel contesto globale, potrebbe rivelarsi decisiva.

In sintesi, la fine della guerra in Ucraina, sebbene ancora lontana, potrebbe segnare un momento di cambiamento radicale per la geopolitica mondiale. Con il possibile ritorno di Trump alla Casa Bianca, la politica estera degli Stati Uniti potrebbe subire una trasformazione decisiva, con un alleggerimento del coinvolgimento in Ucraina e un riorientamento verso la competizione con la Cina nel Pacifico. L’Europa, divisa tra i suoi membri, potrebbe essere costretta a fare i conti con una realtà in cui i suoi interessi non coincidono più perfettamente con quelli di Washington. In questo scenario, alcuni paesi come la Polonia, l’Ungheria, la Romania e, forse, l’Italia, potrebbero ottenere vantaggi significativi, mentre la Moldavia e altri stati limitrofi potrebbero trovarsi a giocare un ruolo chiave nel ridefinire gli equilibri regionali. La guerra in Ucraina, per quanto tragica, potrebbe quindi portare a un nuovo ordine geopolitico in cui gli Stati Uniti, la Cina e l’Europa si trovano a dover rinegoziare i loro interessi e alleanze.

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