Geopolitica

Lo spettro dell’URSS-Russia e di un accordo Trump-Putin sul continente africano

29 Febbraio 2024

Negli anni della guerra fredda l’influenza russa si fece sentire nel continente africano principalmente come tendenza protettiva vero i paesi oppressi dall’egemonia colonialista, principalmente francese nel Centrafrica e Sael, belga nel Congo e inglese in SudAfrica. Si spiega così il rapporto che esponenti progressisti come Enrico Mattei avevano con strutture moscovite come il KGB data la concordanza di interessi. A tal proposito, nel 1992 Giulietto Chiesa, corrispondente a Mosca de «La Stampa», scrive un articolo in cui afferma che un certo “Laurent”, nome di battaglia di Leonid Kolosov, corrispondente a Roma de la “Izvestija”, lo aveva avvisato di un possibile attentato ai danni del fondatore dell’Eni. Risulta anche che i dirigenti del Politburo abbiano allertato Mattei tramite intermediari del PCI. Ma lui – afferma nell’articolo Chiesa – continuava a ritenersi al sicuro con la sorveglianza del fedele Pachetti. Appare ovvia la domanda su chi avesse avvisato il KGB e come fosse venuto in possesso di questo timore, poi purtroppo avveratosi. Nell’articolo si parla di presunti rapporti del KGB con Mauro De Mauro ma siamo nella congerie delle illazioni.Non è comunque peregrino citare la concordanza degli interessi dell’ENI-URSS con l’Egitto di Gamal Nasser, l’Algeria di Boumedienne mentre Mosca si muoveva liberamente in Marocco, dopo una visita di Breznev nel 1961.

In quegli anni la presenza di Mosca e dell’URSS fu pressante specie in Congo, ricco di miniere d’uranio, elemento essenziale per la costruzione di ordigni nucleari. L’Angola fu oggetto di attenzione contro il Portogallo così come l’Etiopia specie nelle fasi del colpo di Stato del 1974, organizzato dal DERG contro Hailé Selassié, ne facevano un alleato prezioso. Nel 1974, la Repubblica del Dahomey, già colonia francese, aderì al marxismo-leninismo, trasformandosi in Repubblica Popolare del Benin, auspice il leader Kerekou.

Quando si formò il cosidetto “Gruppo di Casablanca”(Algeria, Ghana, Guinea, Mali, Sudan, Libia, Marocco), nel segno franco dell’anticolonialismo, l’URSS manifestò la sua presenza, si mosse per promuovere il commercio delle armi sia per facilitare il suo ingresso nel mercato delle materie prime o per contribuire alla realizzazione di grandi impianti come la diga di Assuan. Poi il vuoto del buco nero fino alla ricomparsa della Russia post sovietica la cui influenza era eminentemente di tipo commerciale. Ed è la fase del secondo Putin che, dopo la guerra cecena, sposta il suo obiettivo verso la realizzazione della potenza commerciale russa per favorire all’interno il mondo degli affari e all’estero esercitare un ruolo dominante nel mercato del gas.

La terza fase dell’impero di Putin trae origine dal 2014 quando mutano i suoi intendimenti commerciali, specie dopo la scomparsa di Muhammar Gheddafi e la progressiva uscita di scena internazionale di Berlusconi. Ripresi i rapporti di interlocuzione politica con Erdogan, allorchè alla Turchia vengono affidati compiti di presidio militare in Libia, Putin scatena esercito e potenza bellica in Ucraina nella guerra che, iniziata nel 2014, si è conclamata dal 2022. La strategia è nota: scendere progressivamente a valle del Mar Nero, presidiare attivamente il Mediterraneo quale sede degli incroci delle pipeline di gas e oil quali la Mattei (Algeri-Italia), la Green Stream, e soprattutto il Poseidon che drena il petrolio e gas dal Mediterraneo orientale (dai giacimenti Tamar, Leviathan, Aphrodite). Ma Putin ha bisogno della sponda nord-africana per meglio controllare il tutto, pur avendo ormai acquisito un certo controllo delle sponde libiche. La guerra della striscia di Gaza serve per determinare un controllo indiretto sul canale di Suez, cercare di deviare nel giro lungo circumnavigatorio dell’Africa il traffico commerciale da e verso Est, per determinare il sobbalzo inflattivo del mercato che grava principalmente sull’Europa.

Una progressiva discesa verso l’Africa fa parte della strategia putiniana a lungo termine, avendo il SudAfrica, tra i principali esponenti dei BRICS come principale ramo della tenaglia sud impiantata nel continente nero. Tenute presenti le adesioni di Etiopia e del Corno d’Africa ai Brics, la Russia cerca di espandere la propria influenza in tutta l’Africa attraverso l’applicazione di un’ampia gamma di strumenti e tattiche, tra cui la fornitura di assistenza in materia di sicurezza, vendita di armi, operazioni di informazione e leve diplomatiche. Ciò determinerà una sequenza di influenza geopolitica e interessi economici via via crescenti.

Come afferma Irene Ricca [1], spicca senza mascheramenti la presenza del colosso minerario russo Rusal in Guinea-Conakry e in Nigeria, consorzi russi come l’AAR (Alfa-Access-Renova) sono apparsi in Namibia, Sudafrica e Gabon per il manganese, in Angola e nella Repubblica Centrafricana per i diamanti con il gruppo Alrosa, oro in Sudafrica, data l’incetta che Mosca sta facendo di lingotti per aumentare le sue riserve, mentre Lukoil, terza Compagnia petrolifera russa, spadroneggia in Libia e Ghana. In quest’ultimo Mosca ha consolidato la sua presenza attraverso il progetto Deepwater Tano/Cape Three Points, al largo del Ghana nel Golfo di Guinea, al confine con la Costa d’Avorio. Non è più l’URSS che collaborava con Mattei, è la Russia dell’egemone Putin che si scontrerà con l’ENI, almeno in quello scacchiere.

La Russia è riuscita a trasformare il proprio attivismo nel continente nero in influenza politica crescente e palese, come dimostra un’analisi del ruolo di Mosca sul comportamento di voto degli stati africani all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

La prospettiva di benefici si proietta sulla New Development Bank alla quale i Paesi BRICS affideranno in primis il processo di de-dollarizzazione, in secundis la remissione del debito che affligge da decenni molti paesi africani, come quelli del Sud America su cui si sta proiettando l’ombra lunga del favorito Trump alla Casa Bianca. Quasi che Trump e Putin abbiamo già stretto un patto planetario: Make America (overall) great, let Africa be Russian.

Insomma c’è un altro Piano Mattei già da tempo in campo, sempre meno Mattei, dunque sempre più egemonico e che ha molte maggiori probabilità di successo rispetto a quello dell’attuale dirigenza di Palazzo Chigi.

[1] Ricca I. La crescita dell’influenza russa nel continente africano dall’era dell’Unione Sovietica ad oggi. Geopolitica.info, 06.02.2023

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