Geopolitica
Lo spettro del patto Molotov-Ribbentropp e la “variante” Putin
Il fantasma del patto Molotov-Ribbentropp si aggira per l’Europa. Uno dei patti più sciagurati della storia europea inebria fino allo stordimento chi in questi giorni simpatizza, più o meno esplicitamente, con il dittatore russo.
Inutile spiegare che in Ucraina non c’entri la Nato. Chi difende (o finge di essere equidistante sottolineando però il fatalismo della nazione russa offesa) non vede il fantasma del patto che prese il nome dai due Ministri degli esteri, uno sovietico e l’altro nazista. Con quel patto le due potenze si divisero una parte della zona est dell’Europa: Paesi Baltici, Polonia orientale e Bessarabia all’Urss (vecchi territori dell’Impero zarista) e la Polonia occidentale alla Germania di Hitler. Siglato a Mosca il 23 agosto del 1939 il patto tenne fino al giugno del 1941. Il patto di non aggressione illuse Stalin di potersi dividere l’Europa con Hitler. Purtroppo, l’evento servì a Hitler a concentrare a Ovest tutte le forze del proprio esercito, a sconfiggere e a occupare con un Blitzkrieg (quello fallito in Ucraina!) i paesi occidentali.
Successivamente, occupato, consolidato e annesso l’Ovest, Hitler si dedicò all’invasione dell’Urss. Solo a quel punto l’intero mondo comunista si accorse dello spettro di un patto nauseabondo che aveva permesso a Hitler di sentirsi invincibile. E solo l’ingresso degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, a dicembre del 1941, trasformò il conflitto riequilibrando le forze. Stalingrado fu una delle battaglie epiche, che in parte servì alla retorica stalinista e alla sua propaganda a nascondere la scelleratezza del patto con Hitler.
Ma cosa c’entra con la situazione attuale? C’entra molto. Un despota che vede l’avversario lasciargli fare tutto, che abdica di fronte ai conflitti matura un senso di coraggio e di risolutezza unico. E bene lo rappresentano i militari del proprio esercito mentre sfilano vittoriosi per le vie delle città occupate, ieri come oggi. Non è semplice follia (solo un cretino pensa che una buona dose di follia non vi sia!). È pragmatismo folle, è il voler cercare il risultato e la storia, ad ogni costo, anche quando il proprio intelligence militare informa maldestramente della possibilità di instaurare senza problemi un “governo amico”.
Vladimir Putin lo abbiamo tollerato per anni. Uccideva giornalisti che indagavano sugli oligarchi; e noi parlavamo delle squadre di calcio degli oligarchi russi che vincevano la Champions League. Incarcerava gli oppositori (o li avvelenava); e noi lo invitavamo in Sardegna. Metteva al bando le organizzazioni non governative e per i diritti umani; e noi pensavamo di comprarlo con la dipendenza dai nostri soldi.
Abbiamo sottovalutato il dittatore fino all’ultimo, fino allo scorso autunno, quando in Bielorussia l’opposizione è scesa in piazza a manifestare (come nel 2004 in Ucraina) contro un sistema marcio e dipendente da Mosca; ma noi abbiamo continuato a scherzare sul vaccino russo. Una parte del mondo continua a sottovalutarlo oggi, narrando la storia del battaglione fascista Azov.
Oggi lo spettro del Patto Molotov-Rippentropp si aggira inconsciamente tra i simpatizzanti di Putin. D’altronde, fare qualcosa è quasi impossibile, visto che una terza guerra mondiale non la vuole nessuno. Come anche parlare di negoziati tra Ucraina e Russia (senza la Cina che gli ha assicurato l’acquisto di gas) è aria al vento.
Il disegno di Vladimir Putin è una “variante”. E l’obiettivo non è quello di non far istallare i missili della Nato a Kiev. Con le 5.000 e oltre testate che Usa e Russia hanno a disposizione non ci sarebbe nessuna guerra, se non l’ultima guerra. Lo ha spiegato invece molto bene ieri, in un’intervista apocalittica, Alexander Dugin, guru politico-filosofico di Putin, nonché del sovranismo mondiale. “Vivo nel centro di Mosca. Non c’è nessuno che protesta…”. È giunto il momento in cui la Russia si difenda, “se necessario useremo l’atomica”. E ancora, “l’Occidente ha finto di non vedere, perché odiare i russi è più importante che odiare i nazisti”. Conclusione su Putin, che definisce “iper-solare”: “Il Putin solare è il Putin della Grande Eurasia, il Putin patriota e sovranista, l’uomo che rompe con la postmodernità occidentale, contro la globalizzazione”. Chissà cosa ne pensano i cinesi, i maggiori sponsor della globalizzazione.
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