Geopolitica
L’Europa, un’unione a sovranità limitata
Noi di IBI World abbiamo evitato, per quanto possibile, di parlare dell’invasione russa dell’Ucraina. Qualunque cosa si dica si parla a vanvera, perché non sappiamo la verità su nulla: né sulle azioni militari, né su ciò che le ha scatenate (anche se l’esperienza insegna che, a Mosca come a Washington, si fa guerra all’estero quando non si riesce ad affrontare i problemi a casa propria), né su chi sia il nemico (visti gli effetti, c’è da temere che l’Unione Europea sia direttamente chiamata in causa) e nemmeno sui veri effetti che la guerra ha portato con sé: un processo di riarmo mondiale, la crisi energetica, il collasso delle forniture cerealicole ai paesi in via di sviluppo, la sepoltura della timida politica ambientalista cui i governi di tutto il mondo, nell’ultimo decennio, avevano giurato fedeltà.
Ciò che sappiamo con certezza è che i prezzi degli idrocarburi e, di conseguenza, dell’elettricità, hanno superato la soglia dei costi che le famiglie europee possono affrontare senza ritrovarsi in condizioni di povertà e di bisogno – e questo sta provocando una pericolosa recessione in tutta l’Unione Europea[1]. Le sanzioni economiche, fino ad oggi, hanno arricchito molti paesi (Stati Uniti e Russia compresi) ed hanno colpito duramente i paesi in via di sviluppo e l’Unione Europea[2] – i veri sconfitti di questa guerra. Non solo. Sappiamo che, quest’inverno, avremo comunque problemi a riscaldare le nostre città e rifornire le nostre auto, anche perché i paesi dell’OPEC hanno deciso di diminuire la produzione di petrolio, invece di aumentarla, come avevano chiesto gli Stati Uniti[3], poiché Arabia Saudita, Emirati Arabi e nemici vari di Washington vedono finalmente una chance per vendicarsi di quasi un secolo di arroganza a stelle e strisce[4].
L’Europa è rimasta sola, stretta tra l’alleanza atlantica e la dipendenza dal gas russo, a cercare frettolosamente un’alternativa. Anche perché i russi non stanno a guardare, e dopo diverse riduzioni delle forniture ora accadono incidenti sospetti agli oleodotti sottomarini che collegano San Pietroburgo alla Germania. L’Unione Europea è schiacciata sui voleri della NATO, ed i singoli paesi dell’Unione decidono in ordine sparso, mettendo a repentaglio persino la sopravvivenza dell’Europa unita.
Il conflitto tra Washington e Bruxelles
L’invasione lampo dell’Ucraina è fallita, questo è sotto gli occhi di tutti. Il conflitto è mutato in una guerra di trincee: quella militare, quella diplomatica, ma soprattutto quella economica e quella industriale. La strategia della NATO è stata quella di imporre delle sanzioni economiche alla Russia – una decisione che ha spaccato l’opinione pubblica occidentale, di modo che, oggi, noi non sappiamo con certezza se le sanzioni stanno mettendo in difficoltà il regime di Putin tanto da causarne un’implosione o da costringere il presidente russo a ritirarsi militarmente. Si ha piuttosto l’impressione che la Russia, sul tavolo da poker coperto di sangue, sia disposta a tutto, pur di non perdere.
Per adesso, la conseguenza che sperimentiamo sulla nostra pelle è l’esigenza di un piano di progressivo sganciamento dei Paesi Europei dal gas russo: una cosa che fa piacere prima di tutto agli americani, che ci consideravano troppo amichevoli nei confronti del governo russo. Non è un mistero per nessuno che, da decenni, gli interessi dell’Unione Europea e quelli della NATO sono profondamente divergenti[6]. Su questo ha puntato la Russia, stipulando convenienti accordi pluriennali di fornitura con i Paesi UE, finanziando progetti congiunti di costruzione di gasdotti, e progettando oleodotti che non attraversassero l’Ucraina, paese sempre più vicino alla NATO e, quindi, pericolo per la Russia per via della sua posizione strategica. Non è un mistero che Gorbachev abbia acconsentito alla riunificazione tedesca in cambio della promessa (purtroppo non suggellata da un accordo scritto) che gli Stati Uniti non avrebbero mai inglobato i satelliti dell’URSS nella NATO – un accordo tradito in modo palese[7], visto che i confini dell’Alleanza Atlantica, oggi, raggiungono la Russia[8] – tutte adesioni, come quella recentissima della Macedonia del Nord[9], che i governi locali hanno motivato con la pioggia di soldi e di contratti infrastrutturali garantiti dall’Occidente[10], e che Washington ha voluto per impedire che l’estensione della NATO, col tempo, divenisse inferiore a quella dell’Unione Europea.
Per Washington, oggi come nel 1944, noi europei siamo nazioni a sovranità limitata, e tali dobbiamo restare. Qualcosa che Putin, invadendo l’Ucraina, forse ha mal calcolato, perché sta costringendo noi europei a scegliere tra Mosca e Washington, ed oltre cent’anni di storia dicono chiaramente che sceglieremo gli Stati Uniti, e che non ci fidiamo dei russi. Per questo, i veri perdenti, nella guerra combattuta tra russi ed americani in Ucraina, siamo noi Europei, che non abbiamo il gas con cui scaldarci ed il petrolio con cui rifornire le nostre auto. Parallelamente, a Bruxelles, chi guida l’Unione ha commesso un errore ancora più fatale: credere che i soldi europei per il gas russo fossero talmente esistenziali da costringere Putin a cambiare linea politica.
Il problema insoluto a Bruxelles è quello dell’incapacità di decidere autonomamente e, a quanto pare, sono pochissimi i passi intrapresi per risolverlo – come il contratto siglato il 22 gennaio 2019 da Angela Merkel ed Emmanuel Macron ad Aquisgrana, un trattato bilaterale che obbliga Francia e Germania a prendere comuni decisioni diplomatiche, politiche, militari ed economiche, anche nei confronti dell’Unione Europea, in vista della realizzazione della totale indipendenza dagli Stati Uniti[11]. In questo quadro si è acceso anche il dibattito sul possibile esercito comune europeo: deve comprendere i paesi NATO o solo UE? Anche i paesi UE con governi apertamente euroscettici? Anche se gli americani hanno più volte ribadito che non sono d’accordo[12]?
Anche in questo caso, la decisione di Putin di invadere l’Ucraina, e la conseguente paura dei popoli europei, non ci aiuta ad emanciparci. Per questo motivo, oggi, a Bruxelles, come in ogni capitale europea, si reagisce, nel panico, alla carenza di energia invernale, e ci si chiede se riattivare le centrali a carbone o addirittura prendere la decisione di investire nuovamente nell’energia nucleare. Per quanto riguarda le energie rinnovabili: certo, le vorremmo, ma nella situazione in cui siamo a chi viene veramente in mente di distogliere risorse dalla copertura dell’emergenza per poter veramente azzardare un investimento?
Il sabotaggio di Nordstream
Il 26 settembre 2022, a causa di violente esplosioni, i metanodotti posti a 90 metri di profondità nelle acque danesi del Mar Baltico hanno iniziato ad avvelenare le acque circostanti[14]. Difficile capire chi sia il colpevole: il sabotaggio è nell’interesse dei russi (che così strozzano ulteriormente l’Unione Europea bisognosa di gas[15]) e degli Stati Uniti (che hanno sempre visto quel metanodotto come una minaccia al loro potere in Europa[16]. Ma ci sono anche altri paesi che traggono giovamento da questo sabotaggio, e noi non abbiamo alcun dato convincente per sostenere la colpa di chicchessia. Ciò che si può facilmente dire, invece, è che il disastro colpisce solo e soltanto i paesi dell’Unione Europea.
Il primo di ottobre di quest’anno è giunto lo stop al gas russo anche per l’Italia: i flussi in entrata a Tarvisio, il punto di ingresso delle forniture tra il Friuli e l’Austria, si sono improvvisamente azzerati, come comunicato da ENI: “Gazprom ha comunicato di non poter confermare la consegna dei volumi di gas richiesti per oggi a causa della dichiarata impossibilità di trasportare il gas attraverso l’Austria. Oggi, pertanto, i flussi di gas russo destinati a ENI attraverso il punto di ingresso di Tarvisio saranno nulli”[17]. Si pensa ad una ritorsione contro l’appoggio italiano all’Ucraina, ma secondo il primo comunicato di ENI i problemi sono tra Russia ed Austria, e sono soprattutto di natura tecnica[18]. Solo più tardi sarà possibile capire che il problema era una garanzia di 20 milioni di Euro e l’incertezza su chi dovesse risponderne – un problema che è stato risolto in pochi giorni[19], ma che lascia capire quanto precaria sia la certezza delle forniture anche per i paesi del Mediterraneo.
Una parte importante del conflitto riguarda quindi un’annosa questione economica: le forniture di petrolio vengono calcolate in dollari, e questo sorregge il valore della valuta americana – qualcosa che i russi rifiutano, esigendo il pagamento in rubli, e che trova ora anche il consenso dei paesi dell’OPEC+ (tredici paesi tra cui Iran, Kuwait, Arabia Saudita, Venezuela e Russia): decidono un taglio della produzione di due milioni di barili al giorno, il che farà ulteriormente lievitare i prezzi e, secondo Washington, favorisce Mosca, che pur vendendo meno gas ottiene gli stessi guadagni di prima della guerra[20]. Il presidente Biden ha quindi chiesto al Congresso di approvare un aumento della produzione di petrolio nazionale che permetta un riequilibrio dei prezzi[21]. Una misura necessaria, perché l’accordo preso a settembre dai pesi del G7 sul tetto per il prezzo del petrolio russo arriverà troppo tardi[22].
L’accordo del G7 prevede una serie di misure per la limitazione del prezzo delle esportazioni del petrolio russo, al fine di ridurre la capacità del Cremlino di finanziare la sua guerra in Ucraina e proteggere i consumatori dall’impennata dei costi energetici, una misura cui Mosca ha risposto minacciando di interrompere la vendita di greggio ai paesi che approveranno le limitazioni[23]. In base all’accordo raggiunto, l’acquisto sarà consentito solo se il petrolio russo costerà un prezzo pari o inferiore a quello “determinato dall’ampia coalizione di Paesi che aderiscono”[24] ed entra in vigore il 5 dicembre[25]: i governi dei paesi del G7 hanno richiesto l’approvazione unanime di tutti gli stati membri dell’Unione Europea[26].
La confusione regna sovrana, perché nessuno può influire sugli accordi eventuali di paesi come l’India e la Cina, che trattano con la Russia e non con il G7, e che stabiliranno prezzi e quantità autonomamente, e le società di trading internazionale con sedi in Svizzera, a Singapore o altrove, e che quindi non sono colpite dalle misure[27]. Non solo: nulla vieta ai paesi del G7 di comprare petrolio ad un prezzo più alto da un venditore non russo il quale, a sua volta, può averlo comprato da Mosca, aggirando le misure del G7. Ma l’accordo resta. Come ha spiegato il ministro delle finanze tedesco Christian Lindner, il tetto massimo di prezzo sulle esportazioni di petrolio russo è concepito per “frenare l’aumento dei prezzi energetici globali” e “ridurre l’inflazione a livello globale”[28]. Ma siamo di fronte ad un castello di carte, perché la richiesta unanimità dell’Unione Europea non è stata raggiunta, almeno per il momento[29], vista l’aperta opposizione di Ungheria e Cipro[30].
Far rispettare il divieto è teoricamente possibile grazie al fatto che i contratti di assicurazione dei trasporti marittimi di tutto il pianeta sono concentrati al 95% a Londra, ma anche questo tassello rischia di trovare sistemi per essere aggirato, come stanno facendo la Cina[32] e l’India[33], e presto faranno tutti gli altri[34]. E nel frattempo, come spiega l’Agenzia Internazionale per l’Energia, “nonostante la Russia abbia registrato un calo dei volumi di esportazione di petrolio, i ricavi delle esportazioni di giugno sono aumentati di 700 milioni di dollari rispetto a maggio, grazie ai prezzi più alti dovuti alla guerra in Ucraina”[35].
Se le sanzioni, come annunciato, diventeranno un embargo totale degli idrocarburi russi, il petrolio potrebbe schizzare a prezzi superiori a 140 dollari al barile: ha oscillato per anni tra i 40 e i 60 dollari e poi, dopo alcuni mesi di follia dovuti alla crisi globale del 2008, ha oscillato tra i 60 ed 80 dollari al barile[36]. Quello che doveva essere un segnale di unità del G7 al mondo si è rivelato un segnale della sua intrinseca debolezza, perché coloro che non aderiscono alle decisioni del G7 già comprano ad un prezzo inferiore ai 100 dollari al barile, e non hanno intenzione di smettere[37], anche perché l’industria petrolifera russa guadagna a sufficienza anche se vende il petrolio ad una cifra inferiore ai 40 dollari al barile, e può quindi scendere ancora di prezzo, se politicamente utile[38].
Non solo: nessuno sa cosa farà Vladimir Putin, e se lui decidesse di ridurre ancora le esportazioni, ciò porterà in pochi mesi ad un collasso dell’intero sistema industriale e del welfare europeo[39]. I tre comparti principali del consumo energetico (industria, riscaldamento e traffico stradale) usano ciascuno poco meno del 30% del petrolio e del gas[40], mentre per ciò che riguarda l’elettricità il consumo da parte dell’industria è percentualmente leggermente superiore[41]. Se tutto questo viene ridotto anche di solo il 10%, e ciò non viene fatto ricadere sulle abitazioni e sul sistema commerciale, questo significa automaticamente una diminuzione della produzione industriale e, quindi, del prodotto interno lordo, con un significativo aumento dei numeri della disoccupazione.
I tragici errori dei governi europei
Il 30 settembre 2022 la riunione del Consiglio UE a Bruxelles si è conclusa con un nulla di fatto. L’introduzione del tetto del prezzo degli idrocarburi non è nemmeno stata discussa[43], il che costringe ogni singolo paese a fare scelte individuali. Il Governo tedesco vuole spendere 200 miliardi di euro, aumentando il debito pubblico nazionale, per compensare il prezzo di mercato con quello sopportabile dai privati cittadini, dal sistema commerciale e – soprattutto – dall’industria[44].
Paesi che sono già indebitati fino al collo, come l’Italia, la Grecia ed il Portogallo, propongono la riduzione obbligatoria della domanda di elettricità, l’introduzione di un limite ai ricavi delle aziende elettriche e un contributo di solidarietà dei produttori di combustibili fossili – tutte cose che non si sa se siano applicabili o meno[45]. In ogni caso, questa soluzione crea, all’interno dell’Unione Europea, un vantaggio illegittimo delle aziende che operano in Germania in confronto a quelle che operano in paesi in cui quei 200 miliardi di euro da spendere non ci sono – e che quindi saranno costrette a produrre a prezzi completamente fuori mercato[46]. Quanto alla vita dei cittadini, fuori dalla Germania, l’unica all’orizzonte è quella del razionamento dei consumi[47].Una crisi di proporzioni tali da mettere in dubbio la capacità dell’euro di continuare ad esistere[48], e che piace a coloro che sono contrari per principio alla nascita di una vera Europa Unita. Ma la Germania ha un bisogno esistenziale del mercato comune europeo, sicché il nuovo governo federale, diviso al suo interno e gravemente incerto sul da farsi, si limita alla dichiarazione del Cancelliere Scholz: “Siamo tutti concordi che i prezzi del gas sono troppo alti e dobbiamo discutere con la Norvegia, gli Stati Uniti, il Giappone e la Corea su come abbassarli”[49]: una dichiarazione che si commenta da sola. Angela Merkel, a chi le chiede oggi cosa pensa di tutto ci, risponde che alla fine si arriverà comunque ad una decisione comune europea, perché le nostre economie sono oramai talmente interconnesse che, se qualcuno dovesse scegliere l’egoismo, l’intera Unione crollerebbe in un effetto domino[50].
Ursula Von der Leyen scrive una lettera ai governi, che recita: “Sebbene i prezzi del gas siano scesi nelle ultime settimane, rimangono molto alti e stanno gravando pesantemente sulle persone e sulla nostra economia”, il che impone di “proteggere il nostro mercato unico, che ha ripetutamente dato prove di resilienza d fronte alla crisi”. La signora Von der Leyen pensa ad un intervento deciso sul “mercato all’ingroso europeo” dell’energia, che è l’hub virtuale olandese chiamato TTF (Title Transfer Facility)[51], che riunisce fornitori ed acquirenti per consegne di gas immediate e future sulla base di prezzi fissati in euro per megawattora – prezzi che cambiano su base giornaliera e rappresentano il principale punto di riferimento per l’intero settore energetico europeo[52].
Chi conosce il TTF obietta: “I prezzi che emergono da questa bisca quotidiana non hanno nulla a che vedere con i costi di produzione del gas ma semplicemente con la speculazione finanziaria sul gas europeo. È infatti bene ricordare che mentre il prezzo del petrolio è determinato su scala mondiale, il prezzo del gas è stabilito su scala “regionale” (nello specifico europea) e che il problema è tutto europeo e prodotto artificialmente dalle politiche europee. In questa situazione di “volatilità dei prezzi”, come dicono gli esperti, tutti i problemi vengono amplificati: la ripresa delle produzioni post-Covid è stata una prima grande occasione di speculazione e la guerra in Ucraina la seconda”[53]. Tra gli elementi che favoriscono la speculazione, che riguarda anche il gas liquefatto, c’è ovviamente l’apprensione dei Governi europei all’approssimarsi dell’inverno, che permette agli speculatori di alzare i prezzi all’inverosimile[54]. La proposta auspica anche piani di riduzione di uso del gas ancora più rigorosi, che contemplino una riduzione dei consumi superiore a quella del 15% concordata a luglio di quest’anno[55].
Nella lettera della signora Von der Leyen si discute del costo dell’energia elettrica: poiché nel libero mercato il prezzo dell’elettricità è fissato dal prezzo della fonte energetica più costosa necessaria per produrla (oggigiorno: il gas), la Commissione è disposta a discutere un tetto massimo al prezzo che le centrali elettriche a gas devono pagare per i propri rifornimenti[57]. Questo, in linea di principio, esclude il gas utilizzato per altri scopi, come la produzione industriale e il riscaldamento delle abitazioni. La misura ricorda il cosiddetto “modello iberico”, adottato da Spagna e Portogallo, consistente in un massiccio programma di aiuti di Stato compensativi degli alti costi sostenuti dagli impianti a gas che dovrebbe durare per dodici mesi e dovrebbe impedire lo sfondamento del limite di 40 euro al megawattora nel primo semestre, e di 70 euro nel secondo[58]. Una soluzione che, secondo alcuni esperti, potrebbe portare a un maggiore consumo di gas[59].
Se si ragiona in prospettiva europea, l’unica vera soluzione è quella di istituire un programma di acquisti congiunti che consenta all’Unione di agire come un unico acquirente, promuovendo nel contempo gli investimenti nelle tecnologie green e nell’efficienza energetica, allo scopo ridurre drasticamente la dipendenza dai combustibili fossili importati[60]. Questo sarebbe possibile ampliando i fondi pubblici stanziati per il programma REPower EU: la risposta UE alle perturbazioni del mercato causate dall’invasione dell’Ucraina – avente come obiettivi il risparmio di carburante, l’aumento della energia pulita e la diversificazione dell’approvvigionamento energetico comune[61]. Si tratta di un programma sostenuto da misure finanziarie e provvedimenti legislativi tesi a costruire nuove infrastrutture e mira a raccogliere fino a 300 miliardi di euro entro la fine del decennio, di cui 225 proverranno, a quanto pare, da prestiti inutilizzati presi dal fondo per la ripresa dal coronavirus[62]. Si tratta di capire se ci sia la forza sufficiente per convincere tutti i paesi dell’Unione a scegliere questa strada – una forza che, probabilmente, potrebbe nascere dal fallimento di qualsiasi altra strategia comune o individuale.
Il crescente ruolo del gas liquido (LNG)
A dispetto di qualsiasi discussione sul cambiamento climatico, sulla guerra in Ucraina o sulle strategie dei paesi aderenti all’OPEC+, il mercato che al mondo cresce più costantemente è quello del gas liquido (LNG)[64]. Si tratta di gas naturale liquefatto, prevalentemente metano, che è stato raffreddato in forma liquida per facilitare e rendere più sicuro lo stoccaggio o il trasporto non pressurizzato[65]. Occupa circa 1/600 del volume del gas naturale ed è inodore, incolore, non tossico e non corrosivo. Il processo di liquefazione prevede la rimozione dei residui di polvere, gas acidi, elio, acqua e idrocarburi pesanti, che potrebbero causare difficoltà, dopodiché il gas viene condensato in un liquido a pressione prossima a quella atmosferica, molto meno inquinante di altri idrocarburi[66]. A rigassificazione avvenuta il prodotto può essere distribuito attraverso le usuali reti.
L’UE è il maggior importatore di gas naturale al mondo, e siccome i produttori sono moltissimi e sparsi in tutte le aree del mondo, si tratta del prodotto ideale su cui investire nel momento in cui alcuni paesi produttori di gas e petrolio smettono di esportare: i Paesi dell’Europa occidentale che posseggono terminali LNG sono molto più resistenti alle possibili interruzioni di fornitura[67]. Attualmente, il mercato LNG costituisce circa un quarto del mercato energetico totale: circa il 26% di questo gas è utilizzato nel settore della produzione di energia e circa il 23% nell’industria – il resto viene usato soprattutto per il riscaldamento degli edifici[68]. La domanda attuale di gas dell’Unione Europea è di circa 400 miliardi di metri cubi all’anno[69], e gli esperti si dividono tra coloro che credono che il mercato resterà stabile[70] e quelli che invece credono che ci sarà un’impennata dai 30,3 miliardi di dollari del 2020 a 66,1 miliardi di dollari nel 2027[71].
Fino allo scoppio della guerra, l’Unione produceva circa la metà del proprio fabbisogno ed importava principalmente dalla Norvegia (30%), dalla Russia (39%) e dall’Algeria (13%) il resto[72]. Nella situazione attuale i governi europei hanno iniziato a bussare alla porta di nuovi possibili fornitori: Qatar, Malaysia, Australia, Nigeria, Indonesia, Trinidad ed Oman[73]. Alcuni paesi in via di sviluppo si stanno attrezzando per diventare esportatori (Papua Nuova Guinea, Mozambico, Brunei, Angola e Tanzania)[74]. Tutto questo non accade senza che Mosca se ne accorga, per cui i russi stanno cercando di recuperare il tempo perduto puntando solo sui gasdotti[75]. Sicché il quadro è cambiato velocemente: sulla base dei dati del 2021, l’Australia (108,1 miliardi di metri cubi) è il più importante esportatore di LNG, seguito dal Qatar, dagli Stati Uniti e via via molti altri[76]. Una nuova produzione di 487,7 miliardi di metri cubi, capace di superare l’attuale fabbisogno dell’Europa intera e rendere la Cina il principale paese importatore di LNG al mondo[77]. Un fatto che spaventa giustamente Bruxelles: “mentre nell’Europa nord-occidentale i mercati sono competitivi e ben collegati, con una serie di terminali con una notevole capacità di importazione di LNG – i mercati del gas nelle regioni baltiche, centro-orientali, sud-orientali e sud-occidentali sono meno sviluppati”, per cui è necessario costruire nuovi rigassificatori e nuove infrastrutture di stoccaggio, e farlo il più velocemente possibile[78]. In Italia il governo Draghi ha compiuto una scelta obbligata: li ha comprati già pronti[79]: due navi rigassificatrici aggiunte ai tre impianti già disponibili[80].
Il gelido e duro inverno che ci aspetta
Nei giorni immediatamente successivi all’invasione dell’Ucraina, tutti noi siamo stati giustamente travolti dallo sdegno e dalla paura. La decisione delle sanzioni contro la Russia ha incontrato lo stesso consenso popolare che ha reso possibile il miracolo dell’accoglienza, nell’arco di pochi giorni, di cinque milioni di ucraini in fuga dalla guerra. Eppure, nemmeno in quei primi giorni, quando l’indignazione era al culmine, e si pensava di dover essere pronti ad accettare di pagare un prezzo per fermare Putin, qualcuno ha pensato di bloccare completamente le importazioni di gas e petrolio dalla Russia. Il motivo principale è che non tutti i Paesi dell’Unione Europea hanno gas sufficiente per superare l’inverno imminente[82].
L’uso da parte del Cremlino del gas come arma contro la NATO è il fulcro (efficace) della strategia militare di Mosca. In queste settimane, Putin ha cercato di impedire che i paesi UE negoziassero con una sola voce, come suggerito per mesi da Mario Draghi. Nel frattempo le cose sono cambiate, e Mosca è in grado di piazzare 16 miliardi di metri cubi di gas in Cina con un nuovo impianto siberiano. Si tratta solo di un inizio (la Russia vende 200 miliardi di metri cubi di gas all’anno all’Unione Europea) ma è un segnale raccolto dai paesi più deboli: “un Paese che dipende dal gas russo e che ha un settore industriale energivoro è in una situazione ben diversa da quella di chi dipende poco dal gas russo e ha un gran settore dei servizi. Un comportamento solidale tra questi due Paesi non è facile da perseguire”[83].
Un esempio su tutti: al centro della prima riduzione dei flussi via NordStream, a giugno, c’era una turbina di pompaggio targata Siemens, spedita in una divisione canadese del colosso tedesco per lavori di manutenzione e che, secondo Gazprom, non poteva essere consegnata a causa delle sanzioni occidentali che ne avevano bloccato la spedizione dal Canada. Di lì a poco Ottawa ha comunicato che avrebbe spedito il pezzo, in nome della sicurezza energetica europea[84]. In questo modo Putin ha avuto modo di saggiare la determinazione dell’Occidente nel sostenere Kiev quando in gioco entrano in campo gli ineludibili interessi nazionali dei singoli Paesi[85].
Lo stesso vale per gli altri paesi dell’Unione. Tralasciando piccole realtà come la Macedonia del Nord, la Bosnia e la Moldavia, che dipendono al 100% dal gas russo, i maggiori clienti di Mosca sono storicamente Finlandia (94%), Lettonia (93%), Bulgaria (77%), Germania (49%), Italia (46%), Polonia (40%) e Francia (25%), ed è agendo sui partiti di questi paesi che Putin cerca di sabotare i tentativi di intesa solidale tra noi occidentali[86], sapendo oltretutto che paesi come l’Olanda, con il suo TTF, non percepisce grande bisogno di essere solidale con chicchessia[87]. Per inciso, la produzione nel sito di Groningen ha raggiunto un picco di 88 miliardi di metri cubi nel 1976 ed aveva quasi a 40 miliardi di metri cubi solo 5 anni fa (2017), per calare poi decisamente. In seguito dell’aggressione all’Ucraina, il governo olandese sta considerando la possibilità di raddoppiare la produzione di gas dal giacimento di Groningen portandola fino a 7,6 miliardi di metri cubi[88].
Germania e Francia, dando seguito al Trattato di Aquisgrana, stanno studiando un piano comune che prescinde il dibattito di Bruxelles, accettando di pagare il prezzo della rinuncia al principio della complementarità delle fonti di energia e fermando, di fatto, i programmi di riconversione in energia rinnovabile, in modo da usare le risorse previste per evitare un’ulteriore esplosione dell’inflazione[89]. In questo senso la Polonia, grande produttrice di carbone, ha ufficialmente chiesto la sospensione a tempo indeterminato degli accordi di Kyoto sull’ambiente[90]. La Repubblica Ceca, la Slovacchia e la Romania, che temono un inasprimento delle misure restrittive di Mosca e di passare l’inverno al gelo, sono per un processo distensivo nei confronti della Russia – un processo comunque guidato dal governo ungherese, che è molto vicino alle posizioni di Mosca e rifiuta l’introduzione di un tetto al prezzo del gas[91].
Ai confini dell’Unione Europea ognuno fa ciò che può: Londra, ad esempio, attinge metà della sua fornitura di gas da fonti nazionali e importa da Norvegia e Qatar, mentre Italia e Spagna hanno scelto analoghe alleanze con l’Algeria e gli Stati Uniti – questo in una situazione in cui Roma ha deciso di investire nelle perforazioni off-shore mediterranee, che promettono bene[92]. La Norvegia, che è il più grande produttore di idrocarburi del continente, nei mesi della guerra ha guadagnato cifre da sogno[93]: c’è persino chi ragiona sulla possibilità di far beneficiare di questi guadagni l’intera popolazione, distribuendo un dividendo di circa 4000 euro per ogni singolo cittadino[94]. Se Equinor, il colosso petrolifero di Stato, nel 2021 guadagnava circa 200 milioni di euro al mese, oggi sfiora i due miliardi di ricavi mensili[95].
La posizione dell’Italia
L’Italia, nel quadro europeo, è in una posizione particolare – da un lato perché possiede giacimenti non sfruttati di idrocarburi nelle sue acque territoriali[97], dall’altro perché Enrico Mattei, rilevando l’inattiva agenzia petrolifera dell’Italia fascista, l’aveva trasformata in un colosso multinazionale – e questa vocazione è rimasta nonostante l’assassinio del suo primo presidente: ENI (che appartiene per il 30,6% allo Stato[98]) trivella in Nigeria, Congo, Algeria e (finché Gheddafi era al potere) in Libia, ma anche in diversi paesi asiatici, il Kazakistan primo fra tutti[99].
Il governo è stato finora consapevole del fatto che l’Italia sia un paese che potenzialmente sfugge al controllo russo e americano, ed infatti l’esercito presidia l’impianto di compressione di Tarvisio, ai confini dell’Austria, che è l’infrastruttura più delicata ed importante del nostro sistema di approvvigionamento, perché il punto in cui il petrolio ed il gas di ENI, in arrivo dall’Asia, entra nel nostro paese[100]. L’Italia importava solo il 10% del fabbisogno energetico dalla Russia, mentre i maggiori fornitori sono l’Algeria e l’Azerbaijan[101]. Esiste un problema di capacità non sufficiente dei rigassificatori, ma se i programmi governativi verranno rispettati, a partire dalla prossima primavera Piombino sarà in grado di stoccare il LNG che ci manca per ottenere l’indipendenza dalle aree di guerra per i prossimi anni[102].
Grazie all’azione del governo Draghi, a ciò si aggiungeranno 20 miliardi di metri cubi di gas algerino che, da subito, sostituiscono completamente ciò che l’Italia comprava da Mosca[103]. Il governo non si è limitato a questo, ma ha negoziato con successo 4 miliardi di metri cubi dal Nord Europa per quest’inverno, e poi nuove forniture di LNG immediatamente in arrivo dall’Egitto[104], e via via ancora altre forniture dal Qatar, dal Congo, dall’Angola e dalla Nigeria[105]. Insomma, si è pensato non solo alla contingenza, ma anche al futuro. L’unico punto debole è costituito dal Kazakistan, nel quale opera da anni, ha investito cifre colossali, ma rientra nell’area di influenza della Russia e dimostra quindi un grave grado di instabilità[106].
Il governo di NurSultan commercia con Mosca ma rispetta le sanzioni occidentali, non ha appoggiato l’invasione dell’Ucraina e non ha riconosciuto le repubbliche del Donbass (provocando l’ira del Cremlino): da qui nasce una serie di ostacoli alle operazioni del Caspian Pipeline Consortium (CPC), come il blocco arbitrario di carichi alimentari a marzo[107]. La vicenda, nata da un’azione giuridica promossa dalla vicepremier russa Viktoria Abramchenko, parrebbe l’ennesimo caso in cui la Russia ha sfruttato il sistema legale come paravento per influenzare i mercati[108]. Se il blocco non fosse stato annullato, a soffrire sarebbe stata l’Europa, che compra due terzi dei volumi esportati dal CPC e distribuiti grazie al porto di Trieste[109].
Per anni, grazie al rapporto politico allacciato tra l’Italia e Gheddafi, i 48 miliardi di metri cubi di riserve del paese (probabilmente allora la quantità era ancora maggiore) erano a disposizione di ENI e del mediatore italiano, grazie ai cui servigi il dittatore libico aveva trasformato un immenso deserto in un paese moderno e benestante. La morte di Gheddafi ha portato l’anarchia, che sembra irrisolvibile, e questa ha più volte causato la paralisi delle esportazioni[111]. L’ultima volta, nell’aprile 2021, NOC (National Oil Corporation) è stata costretta a chiudere i pozzi del giacimento di Sharara (nel deserto a sud di Tripoli) dalle milizie armate che avevano circondato gli impianti[112]. La caduta di Gheddafi è una responsabilità congiunta di Francia e Stati Uniti, invidiosi della relazione industriale italiana. Ciò che si è ottenuto è una guerra civile infinita, nella quale i mercenari pagati da Mosca svolgono il principale ruolo di destabilizzatori[113]. Attualmente le consegne libiche sono scarse, incerte e intermittenti[114].
Senza un accordo tra le fazioni, la Libia è tornata ad essere un deserto, per giunta cosparso di sangue. Alle trattative per la stabilizzazione di NOC sono state invitate dall’ONU Francia, Stati Uniti ed Egitto (l’Italia è stata esclusa) e ci si è lamentati in coro della Russia[115]. Il presidente Mustafa Sanallah chiede l’istituzione di una forza militare di NOC in grado di difendere i giacimenti petroliferi, i gasdotti e i terminali di esportazione[116]. Nonostante tutto, l’unico modo per consegnare il gas libico è attraverso il gasdotto Greenstream, gestito da ENI, che approda in Sicilia, e che potrebbe aggiungere fino a 10 miliardi di metri cubi al mese all’approvvigionamento italiano[117]. Un sistema sempre meno sicuro: in Italia passano 2690 km di oleodotti e gasdotti, alcuni dei quali (come il Transmed che viene dall’Algeria e dalla Tunisia, e quelli che vengono dalla Nigeria e attraversano la Libia) sono stati costruiti oltre mezzo secolo fa, e sono costantemente oggetto di attacchi di rapinatori, sia in Africa che in Europa – un altro motivo per spostare le forniture, nonostante le promesse sulla Green Economy, al traffico navale[118].
I pericolosi egoismi
In quasi tutte le questioni chiave, i singoli paesi dell’Unione Europea vanno in ordine sparso. Ci sono certamente ragioni culturali per questo, ed anche l’attuale debolezza dei sistemi partitici, che inseguono gli elettorati invece di offrire loro un indirizzo. Non ci si piò fidare più di nessuno, perché ogni governo nazionale è pronto a relativizzare qualsiasi presa di posizione – basta che i social networks mostrino segni di perturbazione.
In realtà non c’è nulla di nuovo: finita la Guerra Fredda, gli Stati Uniti hanno alacremente lavorato per ricrearla, per motivi che non conosciamo, ma presumibilmente di ordine interno. Ora ci sono riusciti, ed il prezzo da pagare è rimasto sul tavolo dell’Europa occidentale, che mostra di godere ancora oggi, a quasi un secolo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, di una sovranità limitata. Una situazione pericolosissima, stupefacente, deprimente. La Russia di Putin, che in un’epoca ancora vicinissima era un nostro alleato naturale, ora ci minaccia di scatenare la terza guerra mondiale e generare un olocausto nucleare. Le sanzioni economiche ci hanno messo in ginocchio. La recessione, l’aumento della miseria e della disoccupazione, la disgregazione sociale portano al potere (democraticamente) partiti i cui militanti si richiamano apertamente al fascismo ed al nazismo. Il fondamentalismo religioso diviene non solo un cancro del mondo arabo, ma anche di quello cristiano. Tutto questo nel momento in cui il pianeta Terra mostra di non farcela più e manda inequivocabili segnali catastrofici.
C’è bisogno di un segnale completamente contrapposto a quelli che mandano Mosca e Washington, ed a quelli che vengono rimbalzati da Pechino, Ankara, Riyadh e Tel Aviv – per esempio: invitare la Russia a far parte, se non dell’Unione Europea, almeno dello Spazio Economico Europeo. Per esempio: mostrare chiaramente che NATO ed Unione Europea non sono sinonimi. Per esempio: investire con entusiasmo e coerenza in energie rinnovabili, e non ragionare sul ricominciare col carbone, l’energia nucleare ed il fracking gas americano (un disastro per l’ecosistema). Per esempio: negoziare con una faccia sola, e non farci la pelle l’un l’altro come in Libia.
Ma questi sono forse i sogni di un uomo anziano. Forse le cose sono già andate troppo avanti, e le democrazie occidentali non sono più in grado di trovare la forza di rialzarsi. Oppure, come diceva John Belushi, quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Non quelli che si sparano l’un l’altro, che questo sono capaci di farlo tutti, ma quelli che trovano soluzioni complesse dove altri nemmeno le vedono. I veri duri. Li stiamo aspettando con impazienza.
[1] https://www.hal-privatbank.com/news/2022/rezession-im-euroraum
[2] https://unstats.un.org/unsd/snaama/Index
[3] https://www.cnbc.com/2022/10/05/oil-opec-imposes-deep-production-cuts-in-a-bid-to-shore-up-prices.html ; https://www.npr.org/2022/10/11/1128197689/opec-plus-oil-production-cuts-could-signal-a-rift-between-saudi-arabia-and-the-u
[4] https://www.aljazeera.com/news/2022/10/6/why-is-opec-cutting-global-oil-production
[5] https://www.limesonline.com/lespansione-verso-est-della-nato-2/115632
[6] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/SPEECH_12_796 ; https://ecfr.eu/publication/the-crisis-of-american-power-how-europeans-see-bidens-america/
[7] https://theconversation.com/ukraine-the-history-behind-russias-claim-that-nato-promised-not-to-expand-to-the-east-177085 : https://www.france24.com/en/russia/20220130-did-nato-betray-russia-by-expanding-to-the-east
[8] https://www.limesonline.com/lespansione-verso-est-della-nato-2/115632
[9] https://it.euronews.com/my-europe/2022/07/22/macedonia-del-nord-e-albania-si-avvicinano-allunione-europea
[10] https://www.nato.int/cps/en/natohq/topics_37356.htm
[11] https://www.bundesregierung.de/breg-de/suche/deutschland-und-frankreich-schliessen-vertrag-von-aachen-1566838
[12] https://www.baks.bund.de/de/arbeitspapiere/2015/die-europa-armee-pro-und-kontra
[13] https://reccom.org/nord-stream-gas-uscito-dal-gasdotto/
[14] https://www.corriere.it/economia/consumi/22_settembre_29/nord-stream-quarta-falla-cosa-succede-davvero-quali-rischi-corre-l-europa-9494b806-3fc1-11ed-bc84-39595de415e4.shtml?refresh_ce-cp
[15] https://www.corriere.it/esteri/22_ottobre_02/nord-stream-sabotaggio-226417e8-41bc-11ed-b75b-b72dca12f1fd.shtml
[16] https://www.lindipendente.online/2021/02/18/biden-minaccia-leuropa-stop-al-gasdotto-nordstream-2-con-la-russia-o-ci-saranno-sanzioni/ ; https://www.agenzianova.com/a/60108552eef6a9.80026475/3287758/2021-01-26/energia-casa-bianca-biden-ritiene-nord-stream-2-un-cattivo-affare-per-l-europa ; https://pipelinenews.it/il-parlamento-ue-vota-una-risoluzione-per-bloccare-il-gasdotto-nord-stream-2/ ; https://www.notizieflash24.it/2021/01/24/chi-e-alexey-navalny-loppositore-di-putin-che-piace-tanto-alloccidente/
[17] https://www.corriere.it/economia/consumi/22_ottobre_01/gas-stop-forniture-russe-italia-flussi-azzerati-entrata-tarvisio-9f6ec604-4183-11ed-b75b-b72dca12f1fd.shtml
[18] https://www.corriere.it/economia/consumi/22_ottobre_01/gas-stop-forniture-russe-italia-flussi-azzerati-entrata-tarvisio-9f6ec604-4183-11ed-b75b-b72dca12f1fd.shtml
[19] https://www.borsaitaliana.it/borsa/notizie/teleborsa/economia/eni-descalzi-a-lavoro-per-sbloccare-gas-fermo-in-austria-spero-in-una-soluzione-in-settimana-159_2022-10-03_TLB.html?lang=it
[20] https://www.wired.it/article/opec-taglio-petrolio/ ; https://www.agi.it/economia/news/2022-10-05/opec-taglio-produzione-petrolio-18336020/
[21] https://www.wired.it/article/opec-taglio-petrolio/ ; https://www.agi.it/economia/news/2022-10-05/opec-taglio-produzione-petrolio-18336020/
[22] https://www.wired.it/article/petrolio-russia-terro-prezzo-europa/ ; https://www.reuters.com/business/energy/g7-finance-chiefs-seen-advancing-russian-oil-price-cap-plan-2022-09-02/
[23] https://www.wired.it/article/petrolio-russo-prezzo-tetto-g7/
[24] https://www.reuters.com/business/energy/g7-finance-chiefs-seen-advancing-russian-oil-price-cap-plan-2022-09-02/
[25] https://www.reuters.com/business/energy/g7-finance-chiefs-seen-advancing-russian-oil-price-cap-plan-2022-09-02/
[26] https://www.wired.it/article/petrolio-russo-prezzo-tetto-g7/
[27] https://www.reuters.com/business/energy/g7-finance-chiefs-seen-advancing-russian-oil-price-cap-plan-2022-09-02/
[28] https://www.reuters.com/business/energy/g7-finance-chiefs-seen-advancing-russian-oil-price-cap-plan-2022-09-02/
[29] https://www.reuters.com/business/energy/g7-finance-chiefs-seen-advancing-russian-oil-price-cap-plan-2022-09-02/
[30] https://www.startmag.it/energia/unione-europea-embargo-petrolio-russo/
[31] https://www.wired.it/article/petrolio-russia-terro-prezzo-europa/
[32] https://www.reuters.com/business/energy/exclusive-russias-state-owned-rnrc-reinsure-russian-oil-shipments-sources-say-2022-06-10/
[33] https://www.reuters.com/world/india/exclusive-russian-oil-tankers-get-india-safety-cover-via-dubai-company-2022-06-22/
[34] https://it.marketscreener.com/notizie/ultimo/Perche-imporre-tetto-a-prezzi-di-petrolio-e-gas-Russia-piu-facile-a-dirsi-che-a-farsi–41682684/
[35] https://www.reuters.com/business/energy/g7-finance-chiefs-seen-advancing-russian-oil-price-cap-plan-2022-09-02/
[36] https://www.quotidianomotori.com/automobili/prezzo-del-petrolio/
[37] https://www.reuters.com/business/energy/why-russian-oil-gas-price-cap-is-easier-said-than-done-2022-06-28/
[38] https://www.reuters.com/business/energy/why-russian-oil-gas-price-cap-is-easier-said-than-done-2022-06-28/
[39] https://it.investing.com/news/commodities-news/price-cap-su-petrolio-russo-piu-facile-a-dirsi-che-a-farsi-2067758
[40] https://www.bundestag.de/resource/blob/644154/889aae5fb78d87042e942a3774f4df1d/WD-5-033-19-pdf-data.pdf, pag. 7; https://www.umweltbundesamt.de/sites/default/files/medien/384/bilder/dateien/4_abb_eev-sektoren-et_2022-03-25.pdf
[41] https://www.bmwk.de/Redaktion/DE/Publikationen/Energie/energieeffizienz-in-zahlen-entwicklungen-und-trends-in-deutschland-2021.pdf?__blob=publicationFile&v=6
[42] https://www.rainews.it/articoli/2022/09/lunione-europea-ha-raggiunto-un-accordo-sul-gas-senza-il-tetto-al-prezzo-di-importazione-0341a04a-a0cb-45cc-9538-310339936cd6.html
[43] https://www.rainews.it/articoli/2022/09/lunione-europea-ha-raggiunto-un-accordo-sul-gas-senza-il-tetto-al-prezzo-di-importazione-0341a04a-a0cb-45cc-9538-310339936cd6.html
[44] https://www.rainews.it/articoli/2022/09/lunione-europea-ha-raggiunto-un-accordo-sul-gas-senza-il-tetto-al-prezzo-di-importazione-0341a04a-a0cb-45cc-9538-310339936cd6.html
[45] https://www.panorama.it/economia/massaro-su-gas
[46] https://www.panorama.it/economia/massaro-su-gas
[47]https://www.panorama.it/economia/massaro-su-gas ; https://www.lastampa.it/economia/2022/08/20/news/torlizzisubito_il_razionamento_dei_consumi_la_guerra_dellenergia_ormai_e_persa-6940296/
[48] https://www.panorama.it/economia/massaro-su-gas
[49] https://www.panorama.it/news/politica/europa-vertice-praga-gas-draghi
[50] https://www.panorama.it/news/politica/europa-vertice-praga-gas-draghi
[51] https://it.euronews.com/my-europe/2022/08/30/come-funziona-il-ttf-il-mercato-del-gas-di-amsterdam
[52] https://it.euronews.com/my-europe/2022/10/06/la-commissione-europea-apre-al-tetto-sul-prezzo-del-gas
[53] https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/08/31/crisi-energetica-un-disastro-europeo-eppure-esiste-una-strada-semplicissima/6786770/ ; https://it.euronews.com/my-europe/2022/08/30/come-funziona-il-ttf-il-mercato-del-gas-di-amsterdam
[54] https://it.euronews.com/my-europe/2022/08/30/come-funziona-il-ttf-il-mercato-del-gas-di-amsterdam
[55] https://it.euronews.com/2022/08/09/ue-al-via-il-piano-per-ridurre-domanda-e-consumo-di-gas-naturale
[56] https://energycapitalpower.com/sinopec-to-construct-179-million-lng-storage-tank-in-algeria/
[57] https://it.euronews.com/my-europe/2022/10/06/la-commissione-europea-apre-al-tetto-sul-prezzo-del-gas
[58] https://www.panorama.it/economia/europa-paesi-tetto-prezzo-gas-italia
[59] https://it.euronews.com/my-europe/2022/10/06/la-commissione-europea-apre-al-tetto-sul-prezzo-del-gas
[60] https://it.euronews.com/my-europe/2022/10/06/la-commissione-europea-apre-al-tetto-sul-prezzo-del-gas
[61] https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal/repowereu-affordable-secure-and-sustainable-energy-europe_it
[62] https://it.euronews.com/my-europe/2022/10/06/la-commissione-europea-apre-al-tetto-sul-prezzo-del-gas
[63] https://www.bloomberg.com/professional/blog/global-lng-outlook-overview-tight-supply-expected-until-2026/
[64] https://www.shell.com/energy-and-innovation/natural-gas/liquefied-natural-gas-lng/lng-outlook-2022.html#iframe=L3dlYmFwcHMvTE5HX291dGxvb2tfMjAyMi8
[65] https://www.engineeringtoolbox.com/liquefied-natural-gas-lng-d_1092.html
[66] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3962073/
[67] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/hu/MEMO_16_310
[68] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/hu/MEMO_16_310
[69] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/hu/MEMO_16_310
[70] https://www.tgcom24.mediaset.it/economia/i-consumi-ue-di-gas-e-il-piano-dell-unione-per-ridurli_53378629-202202k.shtml
[71] https://www.mordorintelligence.com/industry-reports/global-lng-market-industry
[72] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/hu/MEMO_16_310
[73] https://formiche.net/2016/03/gas-naturale-liquefatto-energia-lng-mercato/
[74] https://formiche.net/2016/03/gas-naturale-liquefatto-energia-lng-mercato/
[75] https://formiche.net/2016/03/gas-naturale-liquefatto-energia-lng-mercato/
[76] https://www.statista.com/statistics/274528/major-exporting-countries-of-lng/
[77] https://www.statista.com/statistics/274528/major-exporting-countries-of-lng/ ; https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/hu/MEMO_16_310
[78] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/hu/MEMO_16_310
[79] https://luce-gas.it/attualita/italia-indipendenza-gas-russo-entro-2024
[80] https://www.ilsole24ore.com/art/rigassificatori-l-italia-cerca-due-navi-metaniera-tempi-e-costi-dell-operazione-AEYiwLNB?refresh_ce=1
[81] https://www.consilium.europa.eu/en/infographics/gas-storage-capacity/
[82] https://www.bruegel.org/blog-post/how-serious-europes-natural-gas-storage-shortfall ; https://www.statista.com/statistics/1294025/quarterly-gas-in-storage-in-the-european-union/
[83] https://www.panorama.it/economia/europa-paesi-tetto-prezzo-gas-italia
[84] https://formiche.net/2022/07/nord-stream-1-gas-germania-italia-stoccaggi/
[85] https://formiche.net/2022/07/nord-stream-1-gas-germania-italia-stoccaggi/
[86] https://www.panorama.it/economia/europa-paesi-tetto-prezzo-gas-italia
[87] https://www.rainews.it/articoli/2022/09/il-dilemma-del-gas-perch-i-paesi-europei-si-dividono-sulle-possibili-soluzioni-cc02be85-d072-4322-a2cc-5c1fdd8840cc.html
[88] https://www.qualenergia.it/articoli/caso-olanda-da-esportazione-gas-a-rinnovabili/
[89] https://www.rainews.it/articoli/2022/09/il-dilemma-del-gas-perch-i-paesi-europei-si-dividono-sulle-possibili-soluzioni-cc02be85-d072-4322-a2cc-5c1fdd8840cc.html
[90] https://www.rainews.it/articoli/2022/09/il-dilemma-del-gas-perch-i-paesi-europei-si-dividono-sulle-possibili-soluzioni-cc02be85-d072-4322-a2cc-5c1fdd8840cc.html
[91] https://www.rainews.it/articoli/2022/09/il-dilemma-del-gas-perch-i-paesi-europei-si-dividono-sulle-possibili-soluzioni-cc02be85-d072-4322-a2cc-5c1fdd8840cc.html
[92] https://www.panorama.it/economia/europa-paesi-tetto-prezzo-gas-italia
[93] https://www.corriere.it/economia/consumi/22_settembre_30/gas-norvegia-decuplica-incassi-paese-nato-piu-benefici-putin-cc037c58-40a9-11ed-8b65-55aa2f703574.shtml ; https://www.corriere.it/economia/finanza/22_settembre_22/sanzioni-russia-l-attivo-bilancio-mosca-si-ridotto-10-volte-100-giorni-cfa19c68-3a79-11ed-b03d-1f9e636121b9.shtml
[94] https://www.corriere.it/economia/consumi/22_settembre_30/gas-norvegia-decuplica-incassi-paese-nato-piu-benefici-putin-cc037c58-40a9-11ed-8b65-55aa2f703574.shtml
[95] https://www.corriere.it/economia/consumi/22_settembre_30/gas-norvegia-decuplica-incassi-paese-nato-piu-benefici-putin-cc037c58-40a9-11ed-8b65-55aa2f703574.shtml ; https://www.ilfoglio.it/eu-porn/2022/07/14/news/quanto-conta-per-l-ue-l-eccezione-norvegese-4215134/
[96] https://www.qualenergia.it/articoli/le-trivelle-sostenibili-del-ministro-cingolani-governo-draghi/
[97] https://www.open.online/2022/02/13/caro-bollette-mappa-pitesai-trivelle-cingolani/
[98] https://www.eni.com/en-IT/about-us/governance/shareholders.html
[99] https://www.eni.com/en-IT/eni-worldwide.html
[100] https://www.friulioggi.it/tarvisio/dopo-attacco-nord-stream-militari-anche-gasdotto-tarvisio-30-settembre-2022/
[101] https://www.corriere.it/economia/consumi/22_ottobre_01/gas-stop-forniture-russe-italia-flussi-azzerati-entrata-tarvisio-9f6ec604-4183-11ed-b75b-b72dca12f1fd.shtml
[102] https://www.corriere.it/economia/consumi/22_ottobre_01/gas-stop-forniture-russe-italia-flussi-azzerati-entrata-tarvisio-9f6ec604-4183-11ed-b75b-b72dca12f1fd.shtml
[103] https://www.corriere.it/economia/consumi/22_ottobre_01/gas-stop-forniture-russe-italia-flussi-azzerati-entrata-tarvisio-9f6ec604-4183-11ed-b75b-b72dca12f1fd.shtml
[104] https://www.corriere.it/economia/consumi/22_ottobre_01/gas-stop-forniture-russe-italia-flussi-azzerati-entrata-tarvisio-9f6ec604-4183-11ed-b75b-b72dca12f1fd.shtml
[105] https://www.corriere.it/economia/consumi/22_settembre_30/gas-norvegia-decuplica-incassi-paese-nato-piu-benefici-putin-cc037c58-40a9-11ed-8b65-55aa2f703574.shtml ; https://www.corriere.it/economia/consumi/22_ottobre_01/gas-stop-forniture-russe-italia-flussi-azzerati-entrata-tarvisio-9f6ec604-4183-11ed-b75b-b72dca12f1fd.shtml
[106] https://formiche.net/2022/07/cpc-kazakistan-petrolio-russia-europa/
[107] https://formiche.net/2022/07/cpc-kazakistan-petrolio-russia-europa/
[108] https://formiche.net/2022/07/cpc-kazakistan-petrolio-russia-europa/
[109] https://formiche.net/2022/07/cpc-kazakistan-petrolio-russia-europa/
[110] https://northafricapost.com/26816-libya-us-tells-gunmen-to-return-sharara-oil-field-to-noc.html
[111]https://www.repubblica.it/esteri/2022/07/03/news/libia_pozzi_di_petrolio_ostaggio_della_guerra_civile_tra_aggressioni_e_poca_produttivita-356356990/amp/
[112]https://www.repubblica.it/esteri/2022/07/03/news/libia_pozzi_di_petrolio_ostaggio_della_guerra_civile_tra_aggressioni_e_poca_produttivita-356356990/amp/
[113]https://www.repubblica.it/esteri/2022/07/03/news/libia_pozzi_di_petrolio_ostaggio_della_guerra_civile_tra_aggressioni_e_poca_produttivita-356356990/amp/
[114] https://www.agenzianova.com/news/libia-la-noc-comunica-limpossibilita-a-fornire-prodotti-raffinati-per-soddisfare-la-domanda/ ; https://www.repubblica.it/esteri/2022/07/03/news/libia_pozzi_di_petrolio_ostaggio_della_guerra_civile_tra_aggressioni_e_poca_produttivita-356356990/amp/
[115] https://formiche.net/2020/06/noc-petrolio-libia/
[116] https://formiche.net/2020/06/noc-petrolio-libia/
[117]https://www.repubblica.it/esteri/2022/07/03/news/libia_pozzi_di_petrolio_ostaggio_della_guerra_civile_tra_aggressioni_e_poca_produttivita-356356990/amp/
[118] https://www.ilsole24ore.com/art/oleodotti-italia-e-allarme-i-furti-carburante-AEq2FAb ; https://web.archive.org/web/20140307212852/http://www.agcm.it/stampa/news/3387-a358-enitrans-tunisian-pipeline-avvio-istruttoria.html
[119] https://www.vivienna.it/2018/09/04/il-caso-mattei-56-anni-dopo-foto-e-documenti-inediti-del-centro-internazionale-di-fotografia-di-palermo/
Devi fare login per commentare
Accedi