Geopolitica
L’Europa ex comunista è l’Europa neo nazista
Il comunismo nell’Europa centro-orientale è durato circa 45 anni ed è caduto 27 anni fa. Parecchio. Ormai è diventata adulta una generazione che il comunismo non l’ha mai visto. Eppure i frutti avvvelenati di quei regimi stanno contribuendo ad affossare quanto nell’Europa non comunista è stato fatto per evitare di ricadere nei medesimi errori – spesso orrori – del passato, per evitare nuove guerre, soprattutto.
Quando è caduto il Muro di Berlino (1989) sembrava che la nuova Germania unita fosse avviata a un radioso destino di prosperità. Helmut Kohl, uno statista, non un semplice politico, aveva deciso di cambiare il marco est uno a uno con marco ovest, contro il parere di tutti i banchieri tedeschi. Oggi dai Länder ex comunisti arrivano pulsioni neo naziste, e non solo per la vittoria Afd in Meclemburgo-Pomerania (il cuore della vecchia Prussia, per chi non lo sapesse), ma un po’ ovunque nell’ex Ddr vanno fortissimo nazionalismi, nazismi, Deutschaln über alles (che NON è l’inno tedesco).
La cancelliera Angela Merkel è cresciuta con il timore della Stasi, e non con il sogno dell’Europa unita. Si vede: i suoi predecessori consideravano l’Unione europea una condizione imprescindibile, erano consci che solo in un’istituzione comune si poteva evitare che la Germania, dopo aver scatenato due guerre in Europa, si avviasse a preparare pure la terza. Frau Merkel, invece, sembra considerare l’Unione europea un ambito dove far prevalere gli interessi tedeschi. Per lei forse l’Unione europea è una cosa che vale l’Asean, o il Nafta. Di sicuro da ragazzina non discuteva di Stati uniti d’Europa in fumose sezioni del suo partito.
Se ci si sposta più a Est, poi, il panorama è ancora più desolante: in Polonia governa un partito religioso e iper nazionalista che sembra interessato solo a mostrare i muscoli al nemico di sempre: la Russia. Naturalmente, siccome la Polonia di muscoli non ne ha abbastanza, cerca di trascinare con sé il resto d’Europa e la Nato. Qualcosa del genere stanno facendo anche i baltici, pur se più piccoli e meno influenti del vicino polacco (che nella storia non si era fatto tanti problemi a mangiarsi la Lituania, quando le condizioni gliel’avevano permesso).
L’Ungheria ha trasformato un partito e un leader della sinistra liberale (il Fidesz di Viktor Orban) in una formaziona nazionalista di destra, in Slovacchia non sono pochi i nostalgici di monsignor Jozef Tizo, la Romania ha risolto il problema dei rom (odiati anche durante il comunismo, pur se non si poteva dire) inducendoli ad spostarsi nel resto dell’Unione. L’unico paese di cui non si sente parlare – no news good news – è la Bulgaria: trent’anni fa tempi si rideva delle maggioranze bulgare, ora ci fanno molto meno ridere gli eredi degli eroi alla Lech Walesa.
Vladimir Putin, ex (?) agente del Kgb, solleva ondate d’entusiasmo in Occidente. Quegli stessi che temevano i cavalli di Stalin in piazza San Pietro, oggi ammirano l’uomo forte, il leader che si fa fotografare a torso nudo, che fa ammazzare i gionalisti fastidiosi, che manda fuori i carri armati in Crimea senza insegne e negando che siano suoi (tipo il segretario generale del Pcus, Kosntantin Černenko, morto di raffreddore, per chi se lo ricorda). Bravo Vladimir, dimostra all’Occidente corrotto quanto ce l’hai lungo, che qui è pieno di ammiratori della tua maschia virilità.
Interessante che ad avercela con gli immigrati siano soprattutto quelli che gli immigrati non hanno, forse pure questo un frutto avvelenato del comunismo. Il gruppo di Visegrád, tutti paesi ex comunisti, contribuisce a far sì che l’Unione europea non trovi una soluzione per un problema che, oggettivamente, dovrebbe essere ridicolo. Ma vi pare che l’Unione tra i alcuni dei più importanti paesi del mondo, un gruppo di paesi ricchi, in teoria pure potenti, non riesca a trovare una soluzione che sia una a un problema grave, sì, ma non inaffrontabile? L’immigrazione non vale la crisi del 2008, non è le armate di Hitler che irrompono in Polonia, non è Gavrilo Princip che ammazza l’erede al trono dell’Austria-Ungheria. Costituisce, invece, la miglior campagna elettorale per i movimenti di estrema destra nei paesi ex comunisti (e non solo).
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