Geopolitica

Le libertà, l’Italia di Trump e la sottovalutazione degli eventi americani

11 Gennaio 2021

Io ho la nettissima impressione che in Italia si stia sottovalutando quanto è accaduto a Washington, episodio per il quale abbiamo in realtà pochissime informazioni e che stia passando l’idea di una classica pagliacciata con corna e virilità esposte, come se marciare su un Parlamento sia stata una delle buffonate alle quali il trumpismo ci ha abituato ma secondo la favoletta della rana che non scappa dalla pentola che scalda.

Quell’immagine dell’uomo con le corna è dannosissima perché depotenzia a folklore una rottura politica ma se fosse così, cioè folklore e temo che non lo sia, non si comprenderebbe la reazione dei Democratici non più in campagna elettorale e disposti a mettere in difficoltà anche il loro Presidente Eletto che sta facendo di tutto per mantenere, insieme al suo sponsor Barack Obama, un profilo bassissimo.

Alla reazione Dem fa eco quella del Vicepresidente in carica Pence e basterebbe questo al di là delle dispute tra XXV emendamento o Impeachment o azione giudiziaria ordinaria nonché la rottura della catena di comando con il Pentagono a doverci convincere che la cosa è molto più seria. Ci consoliamo con la straordinaria tenuta del sistema federale, con governatori e segretari dei singoli stati che hanno resistito alle pressioni del Presidente, con l’aver tenuto fuori dalla contesa la Corte Suprema ma i fatti o almeno le preoccupazioni degli alleati NATO dovrebbero farci aprire gli occhi: non possiamo sottovalutare e dobbiamo discuterne, anche partendo dalle questioni poste sulla libertà di espressione, pietra angolare della democrazia liberale.

Pierluigi Battista sul “Corsera” di domenica ha fatto il riassunto molto critico di quelle posizioni liberali che non escludono a priori la “censura” dei social e cita come unica frase “infelice” di Popper proprio quella della intolleranza con gli intolleranti. Rimango della mia idea, e cioè che il primo emendamento (per ragionare “all’americana”) riguarda il rapporto tra il Congresso e il cittadino e non i rapporti tra i cittadini e che quindi non è applicabile alla vicenda Twitter-Trump. Semmai è un problema, vero, di posizione dominante e sue conseguenze, di norme non al passo con i tempi nonché di asimmetria tra il fornitore di servizi e il cliente, che però ha regole che il cliente accetta.

Ma guardate che noi stiamo comunque ragionando con una testa italica non conoscendo del tutto i fatti e dimenticandoci che la politica americana ha sensibilità molto diverse, nonchè alcune paranoie. E ho anche un’altra impressione, e cioè che in Italia noi stiamo molto sottovalutando ciò che è accaduto a Capitol Hill perchè abbiamo sottovalutato Trump in tutto il suo mandato, perchè un pezzo non secondario della nostra politica ha inseguito la legittimazione trumpiana presidente del consiglio incluso, il che significa sostanzialmente maggioranza e opposizione nella stessa misura.

Lo so che stentiamo a rendercene conto e consideriamo questa una iperbole ma tra noi non è che possiamo raccontarcela: Giuseppi sta lì e ci sta col PD proprio perchè su Twitter fu chiamato Giuseppi… chiedetelo a Salvini. Da ciò discende un interrogarsi apprezzabilissimo della cultura politica liberale italiana sulla “censura”, un interrogarsi dietro il quale però si nascondono tutti quelli di cui sopra, quelli che hanno imparato bene a usare i social come una clava, quelli che la politica l’hanno portata sui social e su whatsapp.

Interroghiamoci, ci fa solo bene, sui limiti possibili della libertà ma non perdiamo di vista che 1) a Washington è stato tentato a tutti gli effetti un colpo di stato ed è in corso una reazione in un momento delicatissimo e notoriamente da quelle parti non vanno tanto per il sottile 2) che un pezzo forse maggioritario di Italia, a destra e sinistra, per convenienza o convinzione, stava con colui che rifiutando l’esito delle elezioni ha tentato in ogni modo di cancellarne il risultato usando la piazza, suscitando simpatie nostrane secondo una storia nazionale che non pare mai finire.

 

 

 

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