Geopolitica
La telefonata tra Xi Jinping e Zelensky: un duro colpo al monopolarismo USA
A poco più di 24 ore dalla storica telefonata tra il Presidente Xi Jinping ed il suo omologo ucraino, Volodymyr Zelensky, la macchina mediatica cinese era già più attiva che mai e questo può solo confermare che, anche se ciò non vuol dire che la guerra finirà domani, Xi molto probabilmente ha un piano ben preciso: in caso contrario mai e poi mai Pechino si sarebbe esposta fino al punto di anche solo annunciare di inviare un Rappresentante Speciale per gli Affari Eurasiatici a visitare l’Ucraina e altri Paesi per condurre comunicazioni approfondite con tutte le parti sulla soluzione politica della crisi ucraina[1]. Nel contesto attuale il lungo colloquio telefonico tra i due Presidenti apre degli scenari di sicuro impatto su quanto potrà avvenire nei prossimi giorni, settimane… mesi e per cercare di capire, di fare luce su tutto ciò sarà necessario procedere ad una analisi del contesto geopolitico in cui il colloquio ha avuto luogo, per poi passare a valutare, per quanto possibile i contenuti della telefonata stessa.
Cosa farà ora il Presidente Ucraino, Volodymyr Zelensky?
Un aspetto alquanto interessante della scontata positiva accoglienza di cui la notizia ha goduto in Occidente concerne le presunte motivazioni che sono state accampate da diversi accreditati esperti –per non parlare poi di quanto reperito perfino sui giornali più quotati– che mi sono apparsi per lo più preoccupati di evitare una qualche magra figura per avere sin qui ben poco analizzato e molto fatto i portavoce della Casa Bianca, quando non addirittura mossi dal solo desiderio di venire in soccorso al Presidente Biden e quindi alle leadership dei Paesi che gli hanno dato credito: tutte personalità, queste ultime, che a questo punto non possono fare altro che auspicare un fallimento della diplomazia cinese, costi quel che costi (agli Ucraini, si intende), per poter vedere riabilitata la propria credibilità e la propria strategia.
Difficile dare credito, infatti, a chi ha sostenuto che Xi Jinping avrebbe finalmente parlato con il presidente dell’Ucraina ‘aggredita dalla Russia’ (la reiterata sistematica puntualizzazione, quantunque oggettiva, non è casuale ma propagandisticamente strategica) scegliendo i tempi del suo intervento “guardando” alle mappe dei generali di Kiev di cui tutti gli analisti militari occidentali discutono: i piani di una controffensiva ucraina prevista per Maggio che sul piano militare sta creando grandi attese e, almeno a parole, altrettanto nervosismo –da Washington a Mosca– per la paura strumentale di un allargamento del conflitto (attualmente, come vedremo, impossibile) e l’ombra di una ancora meno probabile, al momento, reazione nucleare russa[3].
Per i sostenitori di questa tesi, ammannita tra l’altro in varie salse, Xi, aprendo il canale personale con Zelensky e spedendo un suo inviato con l’incarico di sondare “tutte le parti”, starebbe addirittura cercando di evitare o almeno di far rinviare il contrattacco ucraino dopo essersi consultato segretamente con l’amico Vladimir Putin per tema che l’Armata russa possa subire altri rovesci sul campo, o che il Cremlino –come poc’anzi accennato– possa immaginare una risposta disperata per mezzo dell’impiego dell’arma nucleare tattica[4].
Comunque sia, forse per via della consapevolezza della più che probabile infondatezza delle ipotesi di lettura formulate, gli stessi commentatori, chiudendo i propri interventi, non hanno potuto esimersi dal sottolineare che giunti a questo punto sia Kiev che Mosca (ma quest’ultima non si era preventivamente accordata con Pechino?) e anche gli Occidentali dovranno valutare attentamente il passo della superpotenza cinese e con esso l’ipotesi di una mediazione in quanto Pechino avrebbe evocato il pensiero razionale e l’importanza di cogliere le opportunità: un invito che agli stessi ‘sembra’ essere stato rivolto ‘anche’ agli Stati Uniti quando, più correttamente, dovrebbero ritenerlo rivolto ‘in primis’ proprio a questi ultimi ed ai loro alleati Occidentali, non fosse altro che per la singolare circostanza che sono mesi che il Presidente Zelensky va sollecitando la visita di Xi nel proprio Paese..
Ed infatti, dopo l’ultimo invito in ordine di tempo, quello del 29 Marzo 2023, per i tipi del WSJ[5], non possiamo non considerare quello del 18 Gennaio 2023 del quale ha reso testimonianza la stessa Olena Zelenska, moglie del Presidente Zelensky, che ha parlato di una lettera di invito per il leader cinese scritta dal marito e fattagli recapitare a Davos, in Svizzera, consegnandola alla delegazione cinese in occasione del Forum Economico Mondiale del 16-20 Gennaio 2023[6].
Per la verità Zelensky ha ripetutamente cercato di entrare in contatto con Xi anche precedentemente e per l’esattezza a partire dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, nel lontano Febbraio del 2022, nella speranza che Pechino potesse usare la sua influenza sul leader russo Vladimir Putin in forza del particolare rapporto, della peculiare partnership “senza limiti” dei due colossi euroasiatici annunciata proprio a Febbraio del 2022 –poco prima che Putin impartisse l’ordine di attacco– con particolare riguardo per ciò che concerne il comparto energetico[7].
La non risposta di una attendista Pechino è stata, in quel momento, la sola possibile oltre che alquanto misurata e comprensibile poiché palesemente improntata al desiderio di mantenere un basso profilo ed una ovvia pragmatica e legittima neutralità in attesa degli eventi successivi. A quel primo approccio da parte di Kiev ha fatto seguito ad Agosto 2022 un ulteriore invito ufficiale di Zelensky a Xi cui lo stesso Presidente ucraino ha dato risalto con una dichiarazione rilasciata al quotidiano South China Morning Post per significare di aver “chiesto ufficialmente una conversazione” con Xi –e sottolineare l’utilità da lui attribuita al dialogo con Pechino[8]. In attesa che i tempi diventassero propizi i Ministri degli Esteri dei due Paesi si sono nel frattempo incontrati una prima volta a margine dei lavori dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York a Settembre 2022, allorché il ministro degli Esteri Wang Yi invitò tutte le parti interessate ad evitare che la crisi si aggravasse ulteriormente e con essa i suoi negativi effetti sullo stato di una economia globale già pesantemente penalizzata[9].
Tali considerazioni ritengo che evidenzino di per sé ampiamente la totale infondatezza dell’ipotesi secondo cui la tempistica dell’intervento diplomatico di Pechino e della sua sollecitazione da parte di Zelensky sia in qualche modo correlabile alla paura di Kiev della risposta nucleare da parte di Putin alla sedicente imminente controffensiva estiva delle FFAA ucraine: una richiesta che, invece, proprio le tempistiche evidenziate ci inducono a ritenere correlabile ad un altro evento di cui si è avuta notizia appena agli inizi di Aprile di quest’anno grazie ad un articolo del Financial Times che pare alquanto strano non sia stato preso in adeguata considerazione da stampa ed analisti: tanto per meglio capire i contenuti, il significato ed il valore geopolitico, ma ancor più storico della telefonata in questione che analizzeremo nella seconda parte di questo lavoro.
Il 6 Aprile 2023 dall’autorevole Financial Times, con un articolo titolato: “US opposes offering Ukraine a road map to Nato membership” (Gli Stati Uniti si oppongono ai tentativi di alcuni alleati europei di offrire all’Ucraina una “road map” verso l’adesione alla NATO)[10], è stata infatti resa nota, sulla base delle dichiarazioni rese allo stesso FT da quattro funzionari coinvolti nei colloqui, la presa di posizione degli Stati Uniti che, unitamente alla Germania ed all’Ungheria, in quella sede si sono opposti agli sforzi di Paesi come la Polonia e gli Stati baltici volti ad offrire a Kiev legami più stretti con la Nato e chiare dichiarazioni di sostegno per la sua futura adesione all’Alleanza Atlantica[11].
Un’opposizione che non solo ha messo inequivocabilmente in luce le divisioni in Occidente sullo status postbellico di Kiev, ma ha pure gettato un’ombra di sospetto sul reale valore ed affidabilità attribuibili tanto alle sbandierate promesse ufficiali di senso decisamente contrario formulate a più riprese sia dalla Casa Bianca che dalla Commissione Europea (per bocca della sua Presidente, Ursula von del Leyen), quanto alle rassicurazioni date a Kiev per ciò che concerne il supporto dagli stessi promesso senza limiti di tempo.
Personalmente credo che sia stata la consapevolezza di questa realtà, fino ad ora sottaciuta, palesata da subito ed anticipata da tempo dalle molte polemiche e distinguo intestini fra gli Occidentali (la necessità dell’attentato al Nord Stream 1 e 2 lo comprova ampiamente), ad aver motivato tanto il Governo di Kiev ed il Presidente Zelensky a muoversi prontamente per sollecitare l’intervento diplomatico della Cina, quanto, a tempo debito, il Governo cinese a decidere di mettersi in gioco per porre rimedio in qualche modo all’attuale stato di cose che rischia di penalizzare l’intero pianeta e la sua economia a causa sia delle scelte assurde dell’establishment statunitense e della servile Unione Europea che della vetustà programmatica –fatta salva quella strategica– della Russia.
Le divisioni di cui ha riferito il FT, che si sarebbero evidenziate durante una riunione dei ministri degli Esteri della NATO tenutasi a Bruxelles ai primi di Aprile (mentre i funzionari degli Stati membri trascorreranno i prossimi due mesi impegnati nei negoziati in vista del vertice dei leader che si terrà a Luglio 2023 a Vilnius), ci lasciano facilmente intendere il clima in cui i negoziati si svolgeranno, un clima sul quale peseranno non poco gli avvertimenti del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che ha dichiarato che parteciperà al vertice solo se gli verranno presentati passi tangibili verso l’adesione alla NATO, come garanzie di sicurezza postbellica da parte dei suoi membri o una più profonda collaborazione con l’alleanza: molta acqua è evidentemente passata sotto i ponti da quel 2008 in cui la NATO concordò che l’Ucraina sarebbe diventata prima o poi un membro, ma che da allora non ha fatto alcun passo avanti in questo senso per ovvie ragioni visto, tra le altre cose il progetto della Germania di Angela Merkel[13].
Se all’epoca furono gli Stati Uniti a chiedere che la NATO concedesse all’Ucraina un calendario concreto per l’adesione, il cosiddetto Membership Action Plan, ma Francia e Germania si opposero temendo che la mossa avrebbe provocato la Russia, ora sono proprio gli Stati Uniti a fare marcia indietro nel momento in cui l’Ucraina mostra tutta la sua indignazione per l’inganno di fatto patito che l’ha resa vittima di mire e progetti che con la sua integrità territoriale, autonomia e futuro nulla avevano ed hanno a che vedere.
Il gioco delle parti in corso è, a questo punto, oltremodo evidente se solo consideriamo che i 31 membri dell’Alleanza hanno concordato che l’adesione non è un’opzione a breve termine e che comunque non potrebbe essere discussa seriamente nel bel mezzo del corso della guerra; per di più a maggior ragione ora che la richiesta esplicita avanzata nel corso dei citati incontri tenutisi ai primi di Aprile da un numero crescente di persone favorevole a offrire all’Ucraina “un percorso politico” verso l’adesione a Vilnius (adesione che “addenserebbe” i legami tra l’Alleanza e Kiev) ha messo a tal segno alle strette gli Stati Uniti da costringerli, per ragioni anche di politica interna, a dichiarare la propria opposizione senza mezzi termini, limitandosi vergognosamente a sollecitare gli alleati a concentrarsi sugli aiuti militari, finanziari e umanitari a breve termine da concedere all’Ucraina per aiutarla a resistere ed infine a respingere l’invasione russa[14]: in definitiva che il re sia nudo credo sia evidente a chiunque, ma soprattutto (quel che è peggio per Biden e soci in questo frangente) al Presidente Zelensky.
È interessante notare come, a questo punto, la giustificazione addotta da Washington per questo suo letterale voltafaccia, ossia il presunto timore che l’approfondimento dei legami NATO-Kiev durante la guerra possa alimentare la narrazione di Putin di una battaglia tra la Russia e la stessa Nato, ed indurre Mosca ad inasprire il conflitto anche con il potenziale dispiegamento di armi nucleari, appaia inequivocabilmente equivalente a poco più di una miserevole foglia di fico[15].
Come visto, da questa dichiarazione di pretestuoso timore, presa per buona a quanto pare in molti contesti, è già stata fatta discendere la citata narrativa dei media relativa alle ragioni per cui Kiev avrebbe sollecitato l’intervento di Xi Jinping: una ipotesi sconfessata, per somma, anche dal recente attacco con droni condotto da Kiev per uccidere il Presidente Putin, nonché dalla dura presa di posizione di Zelensky allorché, come riportato sempre dal FT, ha dichiarato: “Vorrei dire a tutti i nostri partner, che sono costantemente alla ricerca di compromessi sul percorso dell’Ucraina verso la Nato”,ma “che il nostro Paese sarà intransigente su questo tema”[16].
Un pensiero che così espresso ritengo abbia rappresentato l’appalesamento di quel ‘a tempo debito’ carico di nuove consapevolezze tanto atteso da Pechino per compiere la sua mossa diplomatica che di fatto punta astutamente a destabilizzare una NATO che ci appare già oltremodo destabilizzata in primo luogo proprio dai Paesi dell’Est europeo che “ovviamente, stanno cercando di trovare delle formule per avviare un processo” che porti inevitabilmente “allo stato finale da loro desiderato [l’adesione dell’Ucraina]” e che vede gli altri membri alquanto “titubanti al riguardo”[17]: una strategia che va però intesa non contro la NATO ma a favore di una chiarificazione che possa far loro intendere i rischi che corrono abbracciando gli obiettivi e le strategie occidentali nel confronto con Mosca e Pechino.
Al momento, ‘almeno’ in apparenza, ma alla luce dei fatti citati verrebbe da dire ‘solo’ in apparenza, sembra che Washington e Bruxelles abbiano accolto in modo sostanzialmente positivo la telefonata del leader cinese, la prima, dopo oltre 14 mesi di una guerra che, a loro dire, Pechino continuerebbe a minimizzare usando il termine “crisi”, più gradito a Mosca (anche se non si cambiano le cose solo cambiando loro nome), fermo restando che per gli Occidentali non vi sarebbero, a loro dire, spazi per potersi porre e proporre in modo differente da quello sin qui liberamente assunto di “alleato” nonostante quelli che continuano ad attribuire e riconoscere nominalmente a Pechino seppure con scetticismo quanto all’effettiva significatività e peso del ruolo che Pechino stessa potrà giocare in qualità di mediatore, pacificatore, o facilitatore che dir si voglia.
Alla luce di quanto visto in precedenza, però, dopo tutto quanto accaduto ai primi di Aprile, che al momento rappresenta un nodo cruciale dell’intera vicenda, è diventato oltremodo difficile dare un senso definito e concreto tanto all’espressione “Occidentali” quanto a quello di “alleati” viste le palesi divergenze emerse tra gli Stati Uniti e gli Europei e, con riferimento a questi ultimi, tra i Paesi Baltici ed i restanti componenti la NATO e la UE – ed ancora tra tutti quelli citati ed una Ucraina che, a questo punto, sembra operare dei distinguo ben precisi e chiede con fermezza risposte certe e definitive puntando giustamente i piedi.
La posizione ufficiale degli Stati Uniti (lo stesso dicasi per la UE, o almeno per quella parte di essa che si riconosce nella posizione della Presidente von der Leyen), date le premesse, è di fatto sempre più ambigua e diventa oltremodo evasiva allorché il loro ascrivere una positiva valutazione all’iniziativa cinese pare essere una conseguenza del solo convincimento che la telefonata di Xi Jinping allontani il rischio che la Cina stessa, ad un certo punto, prenda a rifornire di armi Putin supportandolo nella sua azione offensiva e/o di contenimento della attesa controffensiva ucraina: un modo per sminuire l’iniziativa della Cina.
Confermerebbero questa lettura volutamente riduttiva non tanto i feedback positivi di rito dati al contatto telefonico con Zelensky, quanto piuttosto i toni paternalistici e supponenti usati da Biden e dalla Commissione Europea: il primo si sarebbe limitato a definire la telefonata“una buona cosa” e la seconda “un buon primo passo”, un qualcosa di atteso “da lungo tempo” da parte di uno Xi “nell’esercizio delle sue responsabilità” come membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite[18], quasi fosse un atto dovuto e come tale meramente formale rientrante nei propri doveri d’ufficio.
Ora quanto sin qui premesso alla lettura–analisi della telefonata tra Xi Jinping e Volodymyr Zelensky non è questione di veicolare o meno la propaganda antiamericana, di abbracciare un credo politico che demonizzi ad ogni costo l’Occidente e l’Atlantismo: al di là delle dichiarazioni di principio del Governo cinese è ovvio che la Cina da questo nuovo ruolo intende guadagnare, per poi capitalizzarlo e monetizzarlo, un prestigio ed una influenza per mezzo dei quali proteggere e curare al meglio i propri interessi, non ultimi quelli derivanti dalla futura ricostruzione nel caso specifico ucraino, e che questo poco si concilia con uno spirito da buon samaritano scevro da secondi fini, ma lo stesso vale anche per gli Stati Uniti ed i propri alleati a vario titolo.
Da ciò discende che non può essere rigettata in toto la tesi di Pechino secondo la quale Washington è tuttora preda di una mentalità da Guerra Fredda ed interessata solo ed esclusivamente a trarre beneficio da tutti gli affari globali, tra i quali ben figura l’annoso contenzioso ucraino che ha bene sin qui sfruttato per promuovere surrettiziamente una proxy war contro la Russia, ricompattare più o meno in qualche modo la NATO e ripristinare la leadership in Europa azzerandone il progetto autonomista, sicché non è un caso che i media statali cinesi raccontino (non del tutto a torto) la situazione in Ucraina come “promossa” dagli interessi occidentali ( ma si legge statunitensi) sin dai moti del 2014.
Quello che infatti palesemente maggiormente preme a Washington –con il supporto della gregaria Bruxelles– è continuare a mantenere in piedi il proprio ruolo che un successo diplomatico cinese relegherebbe al rango di una vera e propria aggressione alla Russia seppure condotta in un contesto, a questo punto solo pretestuoso, di supporto ad una di fatto aggredita Ucraina.
Questo spiegherebbe, e concretamente spiega il motivo per il quale la lettura di fatto veicolata da Washington –ed avallata dalla Commissione Europea– è quella secondo cui “se la Cina parla con l’Ucraina potrebbe aver maggiormente a cuore la causa. E se la Cina si impegna per cercare di dialogare con Ucraina e Russia allora alleggerirà la posizione su Mosca e non si esporrà fino a fornirgli armamenti — anche perché se l’impegno è per la fine della guerra, alimentarla con nuove armi non sarebbe utile”[19], tant’è che nel readout cinese della conversazione c’è un passaggio simbolico che testualmente recita “Non butteremo benzina sul fuoco”, anche se da un’intercettazione dell’intelligence russa rivelata da documenti segreti americani trapelati (o volutamente fatti trapelare, sempre che siano veri: in certi casi dubitare è doveroso) nei giorni scorsi sarebbe emerso il riferimento ad un non meglio definito accordo di massima per forniture militari[20].
In questo senso si è espresso Dmitri Alperovitch, presidente e cofondatore del bipartisan Think Tank americano Silverado Policy Accelerator [21], che recentemente ha dichiarato : “La telefonata XI-Zelensky non cambierà sostanzialmente nulla perché né l’Ucraina né la Russia sono interessate a un accordo di pace o addirittura a un cessate il fuoco” anche se la cosa al momento “offre a Xi l’opportunità di presentarsi come un pacificatore con il Global South”, ossia con quell’insieme di Paesi meno sviluppati a cui Xi rivolge la sua strategia globale che per essere stati sin qui i più colpiti dagli effetti del conflitto in atto –innanzitutto sul piano dell’insicurezza energetica, alimentare e commerciale– , sono quelli sui quali fanno maggiormente presa le iniziative che puntano al ripristino della sicurezza, allo sviluppo ed alla civilizzazione, configurandosi come i destinatari per antonomasia delle attività strategiche di Pechino[22].
Che Pechino cerchi questi Paesi con intento strategico non deve stupirci in quanto essi, rappresentando quelle aree e quelle nazioni destinate a crescere sia economicamente che demograficamente, sono i destinatari naturali del modello cinese della governance dell’ordine mondiale alternativo a quello occidentale e con esso naturalmente competitivo anche se non necessariamente migliore: in questo senso quello che dovrebbe farci sobbalzare come Europei non è la strategia cinese ma l’esserci appiattiti su quella degli Stati Uniti e sulla loro sin qui troppo miope politica internazionale che sul breve medio periodo è destinata al fallimento.
Una legittima domanda che a questo punto mi sorge spontanea è: che succederebbe se grazie alla mediazione cinese Zelensky, vista l’inaffidabilità conclamata degli Stati Uniti e l’insipienza dell’Europa, trovasse un accordo con Mosca che accordasse alla Russia la sovranità sulla Crimea, che prevedesse una autonomia amministrativa della regione del Donbas garantita dalla Cina ma sotto la giurisdizione di Kiev (e quindi il ritiro integrale delle truppe russe) in un contesto di dismissione della richiesta di ingresso nella NATO e con un supporto massiccio economico da parte della Cina?
Fantapolitica, certo, ma domandarselo è più che lecito perché una ipotesi del genere rimescolerebbe di parecchio le carte.
Che farebbero gli Stati Uniti? Della Russia non parlo perché allo stato attuale avrebbe tutto da guadagnare, la Francia potrebbe rinvigorire la sua posizione in ambito UE, i Paesi baltici vedrebbero allontanarsi di parecchio il rischio di un contenzioso militare con la Russia… ma gli Stati Uniti: perché il nodo cruciale è proprio questo, al di là delle retoriche della narrativa ufficiale relativa a questa guerra, visto che l’Ucraina è, come noto, parte della Belt & Road Initiative e ha un accordo di partnership strategica[24] con Pechino.
Potrebbe Washington accettare un tale stato di cose? A mio avviso decisamente no anche se non è agevole ipotizzare una contromossa diretta.
Comunque sia un ulteriore aspetto di cui il Presidente Zelensky dovrà tener conto nel momento in cui sarà chiamato ad operare le sue prossime scelte riguarda il dopo Biden che si approssima, il cosa succederà dopo le elezioni presidenziali americane del 2024 dato che è alquanto improbabile non solo una rielezione di Biden ma persino la riconferma alla Casa Bianca di un candidato Democratico che in qualche modo possa dare una qualche sia pur labile certezza di continuità del supporto militare ed economico di cui ha sin qui goduto.
All’orizzonte quella che si profila è una presidenza repubblicana che vede tra i favoriti, stando ai sondaggi recenti, l’ex Presidente Trump e l’attuale Governatore della Florida, Ron DeSantis: due personaggi che, sia pure con accenti, toni e stili differenti, a più riprese hanno mostrato di non vedere di buon occhio un supporto ad oltranza dell’Ucraina, o almeno non nei termini cui siamo stati abituati sin qui a vedere andare le cose e comunque sempre in modo viziato da continui temporeggiamenti e titubanze che difficilmente possono far dormire sonni tranquilli a chi si trova impegnato in un conflitto per la cui conduzione necessita di un fattivo, costante e certo flusso di danaro ed armamenti[26].
Qualche richiamo, per così dire aneddotico, può meglio far capire le caratteristiche e le dimensioni del problema.
A tale proposito partiamo col ricordare le dichiarazioni di Ron DeSantis alquanto critiche nei confronti dell’attuale politica statunitense in Ucraina rilasciate nel corso di una intervista concessa a Fox and Friends il 20 Febbraio 2023, una intervista nel corso della quale il governatore della Florida ha criticato il presidente Joe Biden per aver consegnato a Kiev un “assegno in bianco“, accusandolo di girovagare per l’Ucraina (erano i giorni del viaggio di Biden in Ucraina) mentre il confine degli Stati Uniti versa nel caos, di coinvolgere gli Usa in un’allarmante “proxy war” e di aver mostrato gli USA al mondo come se fosse una potenza militare di terz’ordine[27].
Lo stesso DeSantis dopo aver minimizzato la minaccia militare russa e stigmatizzato la politica estera dell’attuale Governo che ha accusato, per la verità riproponendo una tesi sposata da molti altri osservatori tra i quali spicca per competenza l’ex Segretario di Stato H. Kissinger[29], di non avere un obiettivo strategico identificabile, ha senza mezzi termini di ritenere che non rivesta un interesse primario per l’America l’entrata “in una guerra per procura con la Cina, coinvolgendola in questioni come le terre di confine o la Crimea” in quanto se la Russia è “ostile” è la Cina quella che rappresenta la “minaccia maggiore”[30].
Lo stesso DeSantis ha poi rincarato la dose a metà marzo di quest’anno dichiarando che il sostegno a Kiev “non è nell’interesse americano” e anche se molti membri del GOP sono ancora dalla parte del presidente Biden, a cominciare dal leader al Senato Mitch McConnell, quella fascia di repubblicani che ha sostenuto senza riserve l’amministrazione Biden nel fornire diversi pacchetti di aiuti militari a Kiev si sta progressivamente assottigliando[31], anche per un calo progressivo del consenso popolare[32]:
Nel non lontano Ottobre dello scorso anno a Minden, nel Nevada, davanti ad una nutrita platea di Repubblicani, l’ex presidente Donald Trump, che a più riprese si era offerto in precedenza di fare da intermediario tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, ha pronunciato le seguenti parole riportate, tra gli altri, dalla testata russa di economia e politica Rbc.ru: “Dobbiamo avviare immediatamente i negoziati per una conclusione pacifica al conflitto tra Russia e Ucraina, o arriveremo alla Terza guerra mondiale”[33].
Parole dure che fanno il paio con quelle pronunciate nel corso di una intervista rilasciata a Real America’s Voice (canale televisivo in streaming, via cavo e via satellite di destra, fondato nel 2020) l’8 Ottobre 2022, parole con le quali l’ex presidente ha accusato senza mezzi termini Joe Biden di aver “quasi costretto ” Putin ad invadere l’Ucraina aggiungendo “Lo hanno deriso, se si guarda bene, il nostro Paese e la nostra cosiddetta leadership hanno deriso Putin. Lo stanno quasi costringendo a fare quello che stanno dicendo”[34].
In tempi più recenti, per l’esattezza a fine Febbraio 2023, lo stesso Donald Trump nel discorso presentato con il titolo “Stopping the warmongers and globalists” e pronunciato in risposta a quello tenuto da Biden a Varsavia il 21 Febbraio 2023[35], dopo aver riproposto il suo invito a spazzare via tutti coloro che lui definisce “i guerrafondai e i globalisti ‘America Last’ presenti nel Deep State, al Pentagono, al Dipartimento di Stato e nel complesso industriale della sicurezza nazionale”ai quali ascrive la responsabilità dell’escalation del confronto tra Russia ed Occidente e tra i quali ha in primis individuato la Sottosegretaria al Dipartimento di Stato Victoria Nuland, rea a suo dire di essere uno degli artefici del piano di sospingimento dell’Ucraina verso la NATO (guerrafondaia per antonomasia per essere stata al centro delle polemiche sulle forniture del sistema Starlink all’Ucraina ed additata con le parole “Nobody is pushing this war more than Nuland” da Elon Musk[36]), è passato a tratteggiare le linee guida della sua politica estera nel caso di una sua rielezione nel 2024[37].
Ebbene, anche in questa sede Trump, dopo aver individuato nella retorica muscolare e bellicosa quello che qualcuno ha definito il peccato originale di Biden, ha ribadito il concetto già espresso in precedenza: “Quando tornerò al potere si faranno le cose come le ho fatte io quattro anni fa. Non siamo mai stati così bene all’epoca e impedirò anche ai lobbisti e ai grandi appaltatori della difesa di entrare e spingere i nostri alti funzionari militari e della sicurezza nazionale verso il conflitto, solo per ricompensarli quando andranno in pensione con lavori pagati milioni e milioni di dollari”[38].
Per quanto si tratti di una lettura dei fatti e degli atteggiamenti certamente dimentica della sua stessa aggressività —come quando durante la crisi con la Corea del Nord di Kim Jong Un (definito “little rocket man“) nel 2018, l’ex inquilino della White House ostentò su Twitter di avere un “bottone nucleare più grande del suo”; sostenne gli accordi sulle armi all’Arabia Saudita e nel 2019 finì sotto impeachment per volontà del Congresso con l’accusa di aver ricattato il governo ucraino sugli aiuti militari e di aver chiesto al presidente Volodymyr Zelensky di annunciare una maxi-inchiesta per corruzione sui rapporti tra Hunter Biden e la società di gas naturale Burisma[39], tutto a quanto pare risoltosi in una bolla di sapone[40]—, va da sé che tale lettura contiene affermazioni programmatiche di cui non si può non tener conto avendo ben presente il livello di gradimento di Trump presso gli elettori Repubblicani.
Ed infatti, un recente sondaggio del Wall Street Journal, i cui esiti sono stati diffusi il 21 Aprile 2023, mostra non solo l’ex presidente sopravanzare di ben 13 punti il governatore della Florida, suo papabile sfidante alle primarie repubblicane: Trump ha infatti raccolto il 51% della preferenze mentre DeSantis il 38%[41], ma anche Biden che ad oggi conduce la classifica dei consensi dei papabili candidati Democratici per la presidenza con un secco 38% a fronte del 13% di Kamala Harris[42].
Ora tutto farebbe pensare ad una tornata elettorale del 2024 caratterizzata da un replay –quantunque non gradito dalla maggioranza degli Americani che nella misura percentuale del 70% e del 60% si sono espressi contrari alle ricandidature di Jon Biden e Donald Trump, rispettivamente[43]– della sfida tra Biden e Trump che attualmente vede vincente il primo con il 44,3% dei consensi a fronte di un 43,0% totalizzato dall’attuale inquilino della Casa Bianca[44]. Nulla di certo, ovviamente, ma il dato è comunque particolarmente significativo alla luce dell’attuale posizione del GOP sulla guerra in Ucraina è a tratti alquanto ambigua e su tutto pesa il consenso popolare in quanto[45]:
1) l’Ucraina non può combattere senza il denaro e le armi degli Stati Uniti. Dunque senza il consenso della popolazione americana, espresso attraverso il Congresso che detiene il potere della borsa
2) la popolazione americana sembra si stia stancando di aiutare Kiev, un dato emerso darecenti sondaggi che indicano un evidente raffreddamento dell’opinione pubblica: un qualcosa che lascia intendere che la maggioranza repubblicana al Congresso non autorizzerà più così facilmente l’enorme esborso del primo anno di guerra.
Ora qui non si tratta di concordare o meno con le tesi espresse da Trump e DeSantis, ma di fare i conti realisticamente con i fatti concreti: parole come quella pronunciate dai due autorevolissimi esponenti del GOP lasciano intendere che una presidenza Trump o DeSantis sarebbe, volenti o nolenti, altro da quella attuale e che, in questo contesto, la telefonata di Xi Jinping potrebbe rappresentare una notevole opportunità per Zelensky di uscire da una condizione che potrebbe in breve tempo diventare insostenibile per l’Ucraina sotto tutti i punti di vista, a maggior ragione nel momento in cui si prende in considerazione la precisazione di Trump “Non significa che si sarebbero amati ma non ci sarebbe stato modo di litigare”, una frase che lascia intendere che ad un certo punto gli Ucraini potrebbero trovarsi nella condizione di dover accettare la fine dei giochi quando e come deciso altrove.
Un ulteriore aspetto da prendere in debita considerazione riguarda la posizione attuale di Putin e della sue truppe alla luce di altri due dati oggettivi, l’uno riguardante la dichiarazione di Xi circa il riconoscimento della identità e della sovranità dell’Ucraina e l’altro l’indebolimento, per certi versi, della posizione di Putin in quanto lo stesso non potrà, da qui in avanti, non tener conto delle aspirazioni, esigenze e strategie di Pechino essendo Pechino una “lifeline” essenziale per Mosca: acquistando petrolio e gas e commerciando con aziende sottoposte a sanzioni da parte dell’Occidente la Cina contribuisce a tenere viva l’economia russa: una tesi espressa a caldo dal già citato Dmitri Alperovitch che mi sento di condividere totalmente[46]
Il conflitto in atto, poi, ha a questo punto offerto a Xi un’occasione in più per spingere l’attività globale da cui era mancato per lungo tempo (anche e soprattutto a causa della politica iper restrittiva Zero Covid) giocando le future mani della partita geopolitica che va ad iniziare con un competitor in meno, quell’Unione Europea azzerata come soggetto politico unitario dalla von der Leyen, ed uno alquanto indebolito dal punto di vista strutturale…, la Russia di Putin: una situazione affatto sfavorevole ad una rinascita dell’Ucraina in tempi rapidi e con un ruolo di ponte nell’ambito del continente euroasiatico.
Paradossalmente le prossime scelte di Zelensky potrebbero avere una portata inaspettata per l’intero Pianeta: un qualcosa di ben diverso dallo scenario dipinto da quanti hanno voluto vedere l’ingresso in campo cinese sul destino diplomatico ucraino come un modo per cercare di annacquare la spinta controffensiva che Kiev sarebbe in procinto di lanciare in quanto in gioco c’è ben altro, un ‘ben altro’ che potrebbe venire alla luce se una Kiev riarmata dall’Occidente recedesse dal proposito di mettere a frutto il nuovo supporto militare ottenuto dagli alleati occidentali sul campo di battaglia per impiegarlo più utilmente per assumere, con la collaborazione di Pechino, il ruolo di Potenza regionale ed hub economico.
La Cina è sicuramente un mediatore imperfetto per l’Ucraina, ma certamente migliore di altri potenziali tali come la Turchia, il Brasile e in precedenza Qatar e Israele, tutti Paesi aventi un ben modesto peso politico se paragonato a quello che la Cina di Xi può esercitare sia a livello internazionale che locale –e perfino degli Stati Uniti per i motivi già più ampiamente illustrati.
Dentro la telefonata
In diplomazia le parole non sono usate a caso e se il China Daily, il noto quotidiano cinese in lingua inglese di proprietà del Dipartimento Centrale della Propaganda del Partito Comunista Cinese, nel suo editoriale del 27 Aprile 2023 ha ribadito e sottolineato l’intenzione di Xi di condurre non meglio definite “comunicazioni approfondite” con “tutte la parti” c’è da stare certi che con quel “tutte” Xi ha inteso riferirsi anche a quegli Stati Uniti, a quell’Unione Europea e a quella NATO che da qui in avanti dubito potranno dormire sonni tranquilli in quanto nulla, ritengo, trapelerà delle intenzioni di Pechino fino al momento opportuno[48].
Da quanto emerso della conversazione, che ha avuto per oggetto anche un ampio scambio di opinioni sui rapporti bilaterali, si è appreso che Xi ha in primo luogo sottolineato come la Cina –in quanto non annoverabile tra i fattori generanti la crisi ucraina, né tantomeno tra le parti in causa– è intervenuta solo ed esclusivamente in qualità di membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e di grande Paese responsabile schierandosi fin dall’inizio dalla parte della pace ed assumendo la netta posizione di chi è, almeno a parole, esclusivamente intenzionato a promuovere la pace attraverso il dialogo con la consapevolezza di chi ha preso immediatamente coscienza del fatto che la complessa evoluzione dell’affaire ucraina avrebbe sicuramente avuto un forte impatto sul panorama internazionale, un impatto da intendere riguardante, in senso lato, tanto l’ambito strategico quanto quello economico, finanziario e monetario globali..
Le puntualizzazioni del Presidente cinese –a maggior ragione alla luce della sottolineatura del fatto che il non restare con le mani in mano di Pechino non va in alcun modo inteso né come frutto di una strategia volta a trarre qualsivoglia vantaggio e tanto meno come uno dei tanti modi possibili per gettare ulteriore benzina sul fuoco– suonano come una abile riaffermazione delle accuse già a suo tempo mosse a chiare lettere dalla Cina agli Stati Uniti ed alla NATO, nonché una caratterizzazione della propria mancata condanna dell’attacco russo e della intensificazione dei rapporti commerciali con Mosca come:
1) un voler mantenere una posizione super partes che non inficiasse la possibilità, a tempo debito, di agire come mediatore credibile;
2) un voler operare al fine di consentire un riequilibrio delle forze in campo foriero, in qualche modo, del raggiungimento di una fase di stallo del conflitto: di fatto la sola che avrebbe potuto indurre entrambi a prendere in esame una trattativa di pace alla luce della impossibilità materiale di giungere alla vittoria sul campo.
Con queste premesse appare evidente il senso del temporeggiamento di Pechino che potremmo definire ispirato da una logica volta a conseguire vantaggi di ben altro peso globale rispetto a quelli perseguiti tanto dagli Stati Uniti e dalla NATO, quanto dalla stessa Russia che ha sì pianificato con estrema cura il proprio attacco alla leadership americana in Europa, ma ha giocato la partita evidentemente sottostimando la capacità di tenuta, sia pure non a tempo indeterminato, della leadership statunitense, una tenuta che ha tuttavia avuto bisogno del ‘provvidenziale’ attacco ‘terroristico’ al Nord Stream 1 e 2 per mantenersi tale, nonché di un cambio al vertice dell’Italia (altro punto debole della compagine occidentale) caratterizzato da un inaspettatamente ritrovato atteggiamento atlantista che nessuno avrebbe mai ascritto al Governo Meloni: due eventi che hanno messo Mosca nell’impossibilità di contare sul breve-medio periodo del vantaggio strategico derivante da una sino a quel momento più che scontata presa di distanza della Germania e/o dell’Italia dalle posizioni di Washington e quindi della NATO.
A questo punto, al di là dei distinguo di rito di Mosca per quello che riguarda l’iniziativa diplomatica di Xi, dubito fortemente che Putin non auspichi un successo della diplomazia cinese (successo che comunque non avrebbe la forza di ostacolare), che, entro certi limiti, anche a Washington non dovrebbe del tutto dispiacere non tanto per il rischio di un allargamento del conflitto che seppure dichiaratamente non voluto da tutti è destinato a crescere nel tempo, quanto piuttosto per la finalmente acquisita consapevolezza, da parte di Biden, del fatto che il vero nemico per gli USA, quello realmente pericoloso, è la Cina e non la Russia e combattere su due fronti (quello europeo e quello del Pacifico) non è agevole per nessuno, nemmeno per un colosso militare come gli Stati Uniti d’America.
La posizione di Biden per quello che riguarda le scelte diplomatiche di Pechino è stata sempre alquanto critica ed allorché la Cina propose il suo piano di pace in 12 punti, il commento della Casa Bianca fu un lapidario e facilmente prevedibile “Se a Putin piace, come può essere un buon piano?”: prevedibile per la richiesta, per la verità alquanto estemporanea a suo tempo, formulata da Xi Jinping di un ritiro delle sanzioni a Mosca[49]. Viene da domandarsi se quella richiesta non fu formulata di proposito e quale peso ebbe per Pechino la sequenza temporale che portò al rigetto del piano di pace proposto che da parte della leadership ucraina si guadagnò giudizi più netti solo dopo[50] le bocciature di UE, USA e NATO , così come si conviene che sia in una “proxy war” in cui certi nodi non sono ancora giunti al pettine, visto che alla querelle di Aprile tra NATO e Zelensky in tema di ammissione alla NATO dell’Ucraina mancava ancora tempo.
In altri termini viene da pensare che Pechino abbia a suo tempo voluto far arrivare alla comunità internazionale ed a Zelensky un messaggio ben preciso significando la propria disponibilità ad entrare in campo, ma di volerlo fare solo allorché si fosse trovata nella condizione più favorevole per operare: quella attuale che vede una Russia economicamente legata mani e piedi a Pechino ed una Ucraina messa nella condizione di dover decidere in prima persona per porre termine ad una guerra che rischia ogni giorno di più di diventare una brutta matassa da sbrogliare da sola.
Non è un caso, infatti, che l’impegno cinese sia giunto non per unilaterale decisione di Pechino ma su esplicita reiterata –e da ultimo quasi insistente– richiesta di uno Zelensky evidentemente giunto al punto auspicato da Xi, quello che con la crescita del pensiero razionale ha generato una necessità condivisa di cogliere l’opportunità di creare condizioni favorevoli per una soluzione politica della crisi che dovrà necessariamente passare per la definizione, in primo luogo, di un rapido cessate il fuoco: un aspetto che è stato affrontato da Xi più volte negli ultimi mesi anche in occasione di visite ufficiali come quella recentissima del Presidente francese Emmanuel Macron e della Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen.
Strategico nel frattempo l’invio in Ucraina da parte della Cina di diverse spedizioni di assistenza umanitaria, spedizioni che continueranno a fornire aiuto al meglio delle proprie possibilità[51].
Come forse i più non ricorderanno già il 7 Marzo 2022 la Cina aveva annunciato –come a suo tempo riferito dall’agenzia statale Xinhua che a sua volta aveva ripreso le parole pronunciate dal Ministro degli Esteri Wang Yi rispondendo ai giornalisti a margine di una sessione del Congresso Nazionale del Popolo[52]– l’invio in Ucraina, “il più presto possibile”, per tramite della Croce Rossa di Pechino, di “strumentazioni per l’assistenza umanitaria di emergenza in Ucraina”: tanto in risposta alla già crescente pressione della comunità internazionale su Pechino affinché questa assumesse un ruolo di mediazione nel conflitto scoppiato da appena due settimane[53].
L’evitamento di una crisi umanitaria su larga scala nel Paese sarebbe dovuta essere la priorità per antonomasia di tutta la comunità internazionale, ma purtroppo questa idea non trovò la giusta collocazione in una consistente parte di essa, in primis in quell’Occidente che sotto la guida degli Stati Uniti preferirono –per ragioni utilitaristiche comprensibili, geopoliticamente logiche e perfino, in linea di principio, tatticamente potenzialmente efficaci (anche se improvvisate)– supportare l’Ucraina in primo luogo dal punto di vista militare: alla lunga la posizione, la linea d’azione della Cina si è rivelata pagante dal punto di vista diplomatico anche se tardivamente per l’eccessivo soffiare sul fuoco degli Stati Uniti che non hanno neppure provato a contattare Putin e men che mai a gettare le basi per una fattiva collaborazione diplomatica con Xi Jinping dopo che lo stesso Putin aveva evidenziato a più riprese che l’unico interlocutore possibile era Biden e non Zelensky.
Se la storia non si fa con in ‘se’ ed i ‘ma’, alla luce dei fatti è doveroso domandarsi come sarebbero andate le cose se gli Stati Uniti non avessero eletto a priorità mondiale il mantenimento in essere del loro obsoleto primato globale, per giunta ostinandosi a voler gestire perfino l’ONU come una propria dependance.
La risposta a questo atteggiamento oltremodo miope è così arrivata proprio dal Presidente Volodymyr Zelensky allorché lo stesso ha cercato e sollecitato a più riprese il confronto e l’intervento di Xi Jinping: una posizione che di fatto suona come una bocciatura netta di tutta la strategia statunitense e di quella della NATO e non concede a Biden alcuna possibilità di un salvataggio in corner.
La domanda chiave ora è: cosa potrà fare Biden allorché Xi chiederà di parlare con lui? Cosa potrà mai dire il Presidente degli Stati Uniti al suo omologo cinese, al Presidente ucraino e al mondo intero soprattutto ora che l’intervento cinese è giunto su espressa richiesta del Governo ucraino?
Per somma vi è pure da dire che, date le circostanze, a questo punto tutti dovranno giocare a carte scoperte e se l’Ucraina, la Russia, la NATO, la Commissione Europea non verranno a più miti consigli il fallimento del tentativo di mediazione non sarà ascrivibile ad altri che a loro e non certo alla Cina: piaccia o non piaccia il monopolarismo finisce qui.
L’unico che in Occidente pare aver capito per tempo come stiano evolvendo effettivamente le cose è il, per molti aspetti controverso, Presidente Francese, Emmanuel Macron, che il 6 Aprile 2023, nelle prime battute del bilaterale aperto ai media in occasione del suo viaggio in Cina, ha detto al suo omologo cinese Xi Jinping di “contare” su di lui per “riportare la Russia alla ragione”[54], auspicio cui va aggiunto un ben più significativo “Credo fermamente che la Cina possa svolgere un ruolo vitale nella costruzione della pace” affidato lo stesso giorno sempre da Macron a Twitter, in vista del bilaterale con Xi Jinping nella Grande Sala del Popolo[55].
Con riferimento alla richiesta di rassicurazioni avanzata da Zelensky agli alleati per tutto quanto concerne anche il dopoguerra, le tematiche affrontate nel corso della telefonata del 26 Aprile 2023 costituiscono altrettante risposte certe che non poca rilevanza vengono a rivestire allorché Xi Jinping ha assicurato il proprio supporto “indipendentemente dall’evoluzione della situazione internazionale”: non poco dati i tempi[56].
La sottolineatura dell’importanza dei legami bilaterali da parte di Xi, legami che si sono sviluppati nel corso di ben 31 anni raggiungendo il livello di una fattiva partnership strategica che ha favorito lo sviluppo e la rivitalizzazione dei due Paesi, nonché dell’impegno profuso da Zelensky nel senso di una crescita della cooperazione con la Cina è un altro elemento di cui dover tenere conto soprattutto nel momento in cui, stando a quanto riferito da China Daily, nel corso della telefonata è stato riaffermato come l’Ucraina sia “impegnata nella politica di una sola Cina”: un riferimento importante ad una questione di politica internazionale che porrebbe in contrasto la politica estera Ucraina con quella perseguita dagli Stati Uniti[57].
Così mentre la mediazione cinese avanza favorita dalla leva economica di Pechino su Mosca e Kiev, Washington e Bruxelles stanno a guardare, di fatto, impotenti. E non è di poco conto, la notizia è del 29 Aprile 2023, che per la sua mediazione Pechino abbia nominato come inviato speciale per l’Ucraina un diplomatico navigato, il settantenne vice ministro degli esteri ed ex ambasciatore a Mosca Li Hui, un fedelissimo di Xi che ha consuetudine con Putin[58]
[1] https://www.chinadaily.com.cn/a/202304/27/WS644984cba310b6054facffa6.html
[2] https://www.chinadaily.com.cn/a/202304/27/WS644984cba310b6054facffa6.html
[3] https://www.corriere.it/esteri/23_aprile_27/xi-jinping-zelensky-telefonata-perche-paura-atomica-controffensiva-ucraina-0f411b8e-e469-11ed-b9cc-9d9172b59479.shtml?refresh_ce
[4] https://www.corriere.it/esteri/23_aprile_27/xi-jinping-zelensky-telefonata-perche-paura-atomica-controffensiva-ucraina-0f411b8e-e469-11ed-b9cc-9d9172b59479.shtml?refresh_ce
[5] https://www.wsj.com/articles/ukraine-downs-russian-warplane-near-bakhmut-39eeb617
[6] https://www.aljazeera.com/news/2023/1/18/zelenskyy-writes-letter-to-invite-chinas-xi-for-dialogue
[7] https://www.aljazeera.com/news/2023/1/18/zelenskyy-writes-letter-to-invite-chinas-xi-for-dialogue
[8] https://www.aljazeera.com/news/2023/1/18/zelenskyy-writes-letter-to-invite-chinas-xi-for-dialogue ;
[9] https://www.aljazeera.com/news/2023/1/18/zelenskyy-writes-letter-to-invite-chinas-xi-for-dialogue
[10] https://www.ft.com/content/c37ed22d-e0e4-4b03-972e-c56af8a36d2e
[11] https://www.ft.com/content/c37ed22d-e0e4-4b03-972e-c56af8a36d2e
[12] https://www.ft.com/content/c37ed22d-e0e4-4b03-972e-c56af8a36d2e
[13] https://www.ft.com/content/c37ed22d-e0e4-4b03-972e-c56af8a36d2e
[14] https://www.ft.com/content/c37ed22d-e0e4-4b03-972e-c56af8a36d2e
[15] https://www.ft.com/content/c37ed22d-e0e4-4b03-972e-c56af8a36d2e
[16] https://www.ft.com/content/c37ed22d-e0e4-4b03-972e-c56af8a36d2e
[17] https://www.ft.com/content/c37ed22d-e0e4-4b03-972e-c56af8a36d2e
[18] https://formiche.net/2023/04/telefonata-kiev-xi-alperovitch-ucraina-cina/
[19] https://formiche.net/2023/04/telefonata-kiev-xi-alperovitch-ucraina-cina/
[20] https://formiche.net/2023/04/telefonata-kiev-xi-alperovitch-ucraina-cina/
[21] Silverado Policy Accelerator è un’organizzazione politica bipartisan senza scopo di lucro dedicata a risolvere le sfide geopolitiche in tre aree strategiche critiche https://silverado.org
[22] https://formiche.net/2023/04/telefonata-kiev-xi-alperovitch-ucraina-cina/
[23] https://www.visualcapitalist.com/china-u-s-worlds-trading-partner/
[24] https://formiche.net/2023/04/telefonata-kiev-xi-alperovitch-ucraina-cina/
[25] https://www.visualcapitalist.com/china-u-s-worlds-trading-partner/
[26] https://www.open.online/2022/10/09/guerra-ucraina-trump-biden-putin-pace/ ;
[27] https://www.politico.com/news/2023/02/20/desantis-russia-threat-biden-00083625
[28] https://www.open.online/2022/10/09/guerra-ucraina-trump-biden-putin-pace/
[29] https://www.glistatigenerali.com/geopolitica/noam-chomsky-il-mondo-alla-resa-dei-conti/ (versione in inglese al https://ibiworld.eu/en/noam-chomsky-the-world-at-reckoning/
[30] https://www.politico.com/news/2023/02/20/desantis-russia-threat-biden-00083625
[31] https://www.editorialedomani.it/politica/mondo/desantis-ha-riaperto-lo-scontro-a-destra-fra-isolazionisti-e-internazionalisti-s124c2ft
[32] https://nationalinterest.org/feature/will-american-ukraine-consensus-start-crack-206241 ; https://www.limesonline.com/rubrica/usa-sostegno-ucraina-guerra-russia-cina-abrams-f16
[33] https://www.rbc.ru/rbcfreenews/634247ba9a7947cc087c67cc?from=newsfeed ; https://www.open.online/2022/10/09/guerra-ucraina-trump-biden-putin-pace/
[34] https://www.open.online/2022/10/09/guerra-ucraina-trump-biden-putin-pace/ ; https://us.knews.media/news/trump-blames-u-s-for-almost-forcing-putin-to-invade-ukraine/
[35] https://www.ilgiornale.it/news/cronaca-internazionale/discorso-biden-varsavia-2118809.html
[36] https://twitter.com/elonmusk/status/1628441775923949569?ref_src=twsrc%5Etfw
[37] https://it.insideover.com/politica/donald-trump-joe-biden-ucraina-gop-diviso-armi-a-kiev.html
[38] https://it.insideover.com/politica/donald-trump-joe-biden-ucraina-gop-diviso-armi-a-kiev.html
[39] https://it.insideover.com/politica/soldi-sporchi-e-corruzione-lincubo-di-biden-si-chiama-burisma.html
[40] https://it.insideover.com/politica/donald-trump-joe-biden-ucraina-gop-diviso-armi-a-kiev.html
[41] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/nordamerica/2023/04/21/sondaggio-trump-resta-in-testa-avanti-di-14-punti-su-desantis_fbbbd1d0-bae8-47d5-8f34-996ec872a017.html
[42] https://www.money.it/elezioni-usa-2024-data-candidati-legge-elettorale-sondaggi
[43] Fonte NBC ripresa da https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/04/25/americani-stufi-di-biden-e-trump-i-sondaggi-nbc-li-bocciano/7140796/
[44] https://www.money.it/elezioni-usa-2024-data-candidati-legge-elettorale-sondaggi
[45] https://www.limesonline.com/rubrica/usa-sostegno-ucraina-guerra-russia-cina-abrams-f16
[46] https://formiche.net/2023/04/telefonata-kiev-xi-alperovitch-ucraina-cina/
[47] https://tg24.sky.it/mondo/2023/03/29/zelensky-xi-jinping-ucraina
[48] https://www.chinadaily.com.cn/a/202304/27/WS644984cba310b6054facffa6.html
[49] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/02/25/ucraina-biden-nel-piano-cinese-vantaggi-solo-per-la-russia_886d60e4-f9f1-4e3c-8fb9-941ab599d034.html
[50] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/02/25/ucraina-biden-nel-piano-cinese-vantaggi-solo-per-la-russia_886d60e4-f9f1-4e3c-8fb9-941ab599d034.html
[51] https://www.dire.it/07-03-2022/713496-la-cina-annuncia-aiuti-per-lucraina-sale-pressione-internazionale-per-una-mediazione-di-xi-jinping/
[52] https://www.dire.it/07-03-2022/713496-la-cina-annuncia-aiuti-per-lucraina-sale-pressione-internazionale-per-una-mediazione-di-xi-jinping/
[53] https://www.dire.it/07-03-2022/713496-la-cina-annuncia-aiuti-per-lucraina-sale-pressione-internazionale-per-una-mediazione-di-xi-jinping/
[54] https://www.ilsole24ore.com/art/kiev-apre-negoziato-russia-crimea-AEJjpPED
[55] https://www.ilsole24ore.com/art/kiev-apre-negoziato-russia-crimea-AEJjpPED
[56] https://www.chinadaily.com.cn/a/202304/27/WS644984cba310b6054facffa6.html
[57] https://www.chinadaily.com.cn/a/202304/27/WS644984cba310b6054facffa6.html ; https://www.editorialedomani.it/politica/mondo/in-ucraina-xi-ha-scommesso-sul-declino-usa-wu7rhbjk
[58] https://www.editorialedomani.it/politica/mondo/in-ucraina-xi-ha-scommesso-sul-declino-usa-wu7rhbjk
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