Geopolitica

La strada verso l’ingresso di Albania e Macedonia del Nord nell’Unione Europea

1 Aprile 2020

Martedì 24 Marzo, durante l’emergenza Coronavirus, il Consiglio dell’UE – l’istituzione che riunisce i ministri degli Stati Membri competenti per materia – riunito in teleconferenza nella sua formazione affari generali ha deciso di dare avvio ai negoziati di adesione all’Unione Europea con Albania e Repubblica di Macedonia del Nord, finora paesi candidati all’adesione rispettivamente dal 2014 e dal 2005.

 

Come si è arrivati a questo punto

 

L’allargamento alla zona dei Balcani occidentali è una questione discussa sin dall’inizio del millennio. Già nel 2003 il Consiglio Europeo – l’istituzione che riunisce i capi di stato o di governo degli Stati Membri – riunito a Salonicco ha appoggiato la prospettiva europea per i Balcani Occidentali.

Il primo paese dove le politiche per l’integrazione hanno avuto esito positivo conducendo al suo ingresso nell’Unione è la Croazia, membro dal 2013; mentre negoziati sono già in corso con Serbia e Montenegro. Un rilancio della causa è arrivato nel 2018, quando la Commissione europea ha adottato una strategia per una prospettiva di allargamento credibile e un maggior impegno UE nei Balcani Occidentali. Nello stesso anno il Consiglio UE ha convenuto sulla possibilità di aprire i negoziati con Albania e Repubblica di Macedonia del Nord. Tuttavia, a ottobre 2019 il processo di integrazione ha subito un nuovo rinvio che aveva disatteso molte speranze. Il Consiglio dell’UE ha deciso che avrebbe discusso la questione dell’apertura dei negoziati con Albania e Repubblica della Macedonia del Nord dopo il Consiglio Europeo. Esso, a sua volta, ha deciso di rinviare nuovamente la questione.

Dopo la decisione del Consiglio UE del 24 marzo, anche grazie alla proposta di riforma della metodologia per l’allargamento ai Balcani Occidentali adottata dalla Commissione a febbraio, lo stallo è stato superato. Non sono mancate difficoltà, visto che la decisione di avviare i negoziati con un paese candidato all’adesione richiede l’unanimità di tutti i 27 Stati Membri.

A questo punto si dovrà decidere una data per iniziare i negoziati, che devono svolgersi sottoforma di conferenza intergovernativa, quindi è richiesta ancora una volta l’unanimità. Spesso i tempi di queste trattative sono lunghi e non garantiscono un buon risultato. Si pensi al caso della Turchia con cui i negoziati sono iniziati nel 2005 e formalmente ancora in corso, anche se di fatto sono a un punto morto. In passato i negoziati per l’adesione alla CEE di Danimarca, Irlanda, Norvegia e Regno Unito sono durati undici anni.

Le ragioni di tempi tanto lunghi è la complessità e la varietà di temi da trattare: condizioni e tempi di adozione e applicazione dell’acquis comunitario, suddiviso in 35 capitoli, ognuno rappresentante un diverso campo politico; le disposizioni finanziarie, tra cui l’importo che il nuovo membro potrà versare e ricevere dal bilancio UE; infine, le disposizioni transitorie, ossia la possibilità di introdurre alcuni obblighi gradualmente, per dare tempo al nuovo membro di adattarsi. Durante questo procedimento l’operazione di monitoraggio dei progressi dei candidati è affidata alla Commissione, che dovrà mantenere informati il Parlamento europeo e il Consiglio UE.

 

Perché Albania e Repubblica della Macedonia del Nord voglio aderire all’Unione

 

La decisione presa martedì scorso è arrivata dopo una lunga attesa e la notizia è stata accolta con gioia ed entusiasmo da questi paesi. Non tutti comprendono questi sentimenti nei confronti dell’UE, che sta passando momenti difficili: coronavirus, Brexit, crescita dei nazionalismi e sentimenti euroscettici. Questi fenomeni, però, dimenticano in cosa affonda le radici il progetto europeo. Questo nasce per evitare il ripetersi di devastanti guerre tra vicini di casa o l’insediamento di spietati dittatori che mutilano le libertà dei cittadini. Grazie al progetto europeo queste sono cose che non viviamo più da 70 anni. Guerra, dittature e mancanza di libertà, però, sono ricordi ancora freschi nella memoria degli Stati balcanici; molte tensioni sono ancora vive e rischiano di accendere micce pericolose. Per i Balcani l’ingresso in UE è una garanzia di pace e protezione dei diritti e delle libertà.

A queste ragioni fondamentali, si aggiungono opportunità e motivi economici. Come gli altri Paesi dell’Est che hanno potuto aderire, Albania e Macedonia del Nord potrebbero ampiamente beneficiare dei fondi comunitari. Inoltre, entrerebbero a far parte del mercato unico, una delle più grandi economie mondiali, cosa che permetterebbe loro di ampliare i propri commerci e rinforzare le loro economie. Ultimo, ma non certo per importanza, l’adesione regalerebbe numerose possibilità alla popolazione di questi Stati grazie alla libertà di movimento, che consente ai cittadini europei di vivere e lavorare in qualunque Stato Membro. L’esempio più rinomato di opportunità regalate dall’Unione Europea è la possibilità di prendere parte al progetto Erasmus+, che favorisce la mobilità studentesca e consente di vivere un’esperienza altamente formativa ai giovani studenti europei.

Non sono poi da dimenticare le ragioni politiche: essere membri dell’UE vuol dire far parte di una delle più grandi potenze mondiali. Ciò rende più sicuri da minacce e pressioni di altre potenze, non sempre benevole, e permette di sedersi ai tavoli internazionali avendo un grande potere contrattuale. Certo, ciò non vale per ogni negoziato internazionale perché l’UE non ha competenza per presentarsi unita su tutte le questioni. L’ambito in cui l’Unione ha più potere e si è sviluppata di più è sicuramente quello commerciale. In questo settore ha stretto importanti accordi che uno Stato Membro da solo non avrebbe mai potuto raggiungere, soprattutto nei casi di Stati piccoli come Albania e Repubblica della Macedonia del Nord.

Mentre gli inglesi han deciso di lasciare l’Unione e sovranismi vari chiedono altre uscite, questi due Stati da anni si impegnano per perseguire tutti gli adempimenti economici e politici richiesti per entrare. Alcuni membri attuali possono dare per scontati i vantaggi della loro membership, ma è interessante osservare a quanto siano disposti Stati esteri pur di ottenere l’accesso. Il più evidente esempio è la scelta della Repubblica di Macedonia di cambiare il proprio nome in Macedonia del Nord per superare i contrasti con la Grecia e poter dare inizio a questi negoziati.

 

 

Le preoccupazioni degli Stati Membri

 

 

Da parte degli Stati Membri la decisione di avviare nuovi negoziati non è semplice, come si può desumere dai due anni di rinvii necessari per giungere a questa conclusione.

In diversi Paesi, tra cui Francia e Olanda, l’opinione pubblica vede con sfavore la possibilità di includere nuovi membri. Questo crea dei problemi di politica interna, perché se il Capo di Stato/di Governo accettasse nuovi ingressi potrebbe mettere a rischio i propri consensi nazionali.

Quello che, inoltre, preoccupa questi Stati, soprattutto la Francia, è la difficoltà di coordinare un numero crescente di Paesi. In Unione Europea il metodo intergovernativo per prendere le decisioni è ancora fondamentale: per le scelte più importanti si richiede che il Consiglio deliberi all’unanimità. Raggiungere questo risultato è sempre un faticoso e lungo processo ed è verosimile che più crescerà il numero di Stati da coordinare, più difficile sarà trovare un compromesso. Per questo motivo alcuni membri ritengono sia necessario trovare una soluzione ai problemi interni e di coordinazione prima di procedere a nuovi allargamenti.

Arrivare a una maggiore integrazione e un superamento del metodo intergovernativo potrebbe richiedere molto tempo. Non è certo che i candidati siano disposti ad attendere tanto dopo l’impegno posto nell’adattarsi alle richieste europee. Disattendere significativamente le loro speranze potrebbe rivelarsi un azzardo perché alimenterebbe tensioni sociali che potrebbero esplodere proprio ai confini dell’Unione. Inoltre, questi territori sono già sottoposti alle dure pressioni che la Turchia esercita tramite i rifugiati siriani. Non bisogna scordare che l’inclusione degli Stati dei Balcani Occidentali è parte di un più ambizioso progetto di lungo periodo di stabilizzazione della regione, che non può essere perseguito alimentando il malcontento.

Altra preoccupazione che intercorre tra alcuni membri sono i fallimenti dei precedenti allargamenti, con riferimento alle involuzioni dello stato di diritto in Polonia e Ungheria. Proprio qui ieri abbiamo assistito a un grave fatto:  Orbán ha ottenuto dal Parlamento ungherese i pieni poteri senza limiti di tempo, utilizzando come scusa la gestione del Coronavirus. Questo ha messo a repentaglio la democrazia e lo Stato di diritto. Però, per quanto la situazione sia grave, probabilmente è più semplice fare pressioni e controllare la situazione avendo l’Ungheria dentro all’UE. Se fosse rimasta fuori sarebbe lecito aspettarsi che Putin non avrebbe cercato di includere questo paese nella propria sfera di influenza.

Proprio il rischio di influenza da parte di altre grandi potenze è uno dei principali argomenti a favore dell’inclusione dei Balcani Occidentali. Stati piccoli con economie fragili sono più soggetti a pressioni di super potenze mondiali, non sempre benevole. Si pensi soprattutto alle mosse russe e cinesi che cercano di acquistare influenza in Medio Oriente ed Europa. Abbandonare l’integrazione degli Stati dei Balcani potrebbe spingerli nelle braccia di queste potenze.

In ultimo, escludere questi Stati, potrebbe costare all’Unione la propria reputazione. Non essere in grado di integrare Albania e Macedonia del Nord, che insieme contano poco meno di cinque milioni di persone, sarebbe segno di debolezza. Un’incapacità che dimostrerebbe che l’Unione è diventata troppo fragile.

 

 

Cosa aspettarsi?

 

È difficile rispondere a questa domanda. Come si è visto i pro e i contro da parte dell’UE sono tanti e importanti. Molti sono i fattori da tenere in considerazione: nazionali e internazionali; economici, politici e sociali. Sicuramente è una questione da gestire con prudenza e attenzione, utilizzando tutti gli strumenti possibili. A tutte queste complicazioni si aggiungeranno i cambiamenti che verranno in seguito all’emergenza Covid-19. È probabile che anche l’ultima mossa di  Orbán avrà effetti sull’opinione che gli Stati Membri avranno nei confronti di nuovi allargamenti. I negoziati sono spesso processi lunghi e impegnativi, perciò non rimane che stare a guardare.

 

Andrea Rossoni

 

 

Segui Sistema Critico sul nostro sito (https://www.sistemacritico.it/) e sui profili social!

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.