Geopolitica
La guerra di Putin
Le esplosioni di una guerra le porto come un pessimo ricordo sin da quando ero piccolo e iniziarono i bombardamenti su Baghdad. Altro secolo, altra tecnologia, altre circostanze.
Oggi, a Kiev, molti si sono svegliati nella notte ascoltando il discorso di Putin che di fatto annunciava la tanto temuta “invasione”. La millantata diplomazia era davvero una presa in giro? 190mila uomini erano sul confine, ma le loro erano davvero esercitazioni?
Secondo diversi canali di informazione europei, primo tra tutti la BBC, lo stesso annuncio di guerra era già stato registrato alcuni giorni prima, come se nella sua testa, il leader russo, avesse già deciso cosa fare e soprattutto quando farlo.
Le scene, ampiamente documentate, di ciò che nelle prime ore di giovedì 24 febbraio è accaduto in Ucraina sono le stesse che abbiamo visto decine di volte. Perché i paesi cambiano, le stagioni passano, ma gli uomini sono sempre gli stessi, la loro ferocia o la loro paura si confrontano sullo stesso terreno, quello che sa di polvere da sparo e odore di bruciato, macerie e grida di bambini.
Vladimir Putin ha rassicurato che la Russia avrebbe colpito obiettivi militari, purtroppo ci sono state numerose fotografie e video di abitazioni civili abbattute e primi piani sugli occhi di persone che cercavano riparo nella metropolitana di Kharkiv.
Una volta lo statista americano Henry Kissinger ha detto che la pace e la guerra sono il “core business” della politica mondiale e forse è anche per questo che a molti sembrava impossibile che Mosca si decidesse ad un attacco, impari sotto un profilo militare, verso uno stato sovrano come l’Ucraina. Abbiamo la questione delle minoranze russofone, la Crimea e sappiamo che da 8 anni questo rappresenta un pretesto per una scissione da Kiev da parte dei separatisti, che non sono poi molto diversi da quelli della Transnistria, dell’Abkhazia o dell’Ossezia del sud. La questione dell’Ucraina però è molto più seria ed è per questo che l’attenzione dei vari partner internazionali preferisce trovare soluzioni diverse, proponendo blocchi economici e sanzionando pesantemente la Russia. Come ha scritto Martka Shokalo della BBC in un articolo uscito oggi, “non c’è più un posto sicuro in Ucraina”. No, davvero, non c’è. Non c’è perché l’esercito sovietico ha impiegato ogni mezzo possibile per affrontare quella che viene definita impropriamente come un’”operazione speciale”, e solo, gli abitanti di Kiev, Odessa, Kharkiv, sanno che in qualsiasi momento potrebbero rimanere tagliati fuori da qualsiasi comunicazione, non avere più nulla, né protezione, né tantomeno testimoniare la loro presenza in un territorio di devastazione. Oggi più di ieri sappiamo che in un conflitto è la tecnologia a decretare la superiorità di una forza in campo e tutta Europa ora sta prendendo le difese dalla paura di temuti attacchi informatici che potrebbero seguire a sanzioni che l’UE ha detto di voler comminare alla Russia. Non ci sarebbe una guerra convenzionale, ma lo scontro potrebbe avere comunque delle ricadute inimmaginabili e, come dicono molti, ridisegnare il mondo occidentale fino a come lo conoscevamo adesso.
Perché Putin ha deciso di attaccare?
“L’Ucraina sarebbe rimasta uno stato sovrano fintanto che avesse avuto un governo pro-Putin”, afferma Seva Gunitsky, politologo dell’Università di Toronto che studia la Russia: “Riunire formalmente le terre (del Donbass ndr.) probabilmente non sarebbe stato in prima linea nell’agenda se Putin avesse sentito di avere abbastanza sostegno politico dal regime ucraino”. Ma questo lo stesso presidente russo lo aveva già detto, anzi scritto, in un saggio sulla storia ucraina uscito lo scorso anno, replicando una sua stessa frase del 2005: “Il crollo dell’Unione Sovietica è stato un grave disastro geopolitico in cui decine di milioni di nostri concittadini e compatrioti si sono trovati fuori dal territorio russo”. Adesso queste parole possono avere diverse interpretazioni, erano un preludio alla liberazione delle repubbliche di Donetsk e Lugansk o ad un invasione più vasta? Ed è solamente il nazionalismo a muovere i pensieri di uno dei leader più controversi del nuovo millennio?
“Putin non è uno storico”, ha scritto sul Financial Times Timothy Snyder, storico dell’Europa orientale dell’Università di Yale . “L’Ucraina ha una sua storia distinta e affascinante e gli ucraini hanno diritto al futuro tanto quanto chiunque altro”. Il socialismo reale, quello di Stalin e della burocrazia seguente è stato sovvertito dalla volontà, appena possibile, di tante repubbliche ex sovietiche di uscire dal campo gravitazionale di Mosca. La volontà di Kiev di prendere ancora più distanze dal suo passato è stato visto come un affronto irricevibile da pare del Cremlino.
Nel frattempo Joe Biden ha avvertito che una guerra in Ucraina potrebbe uccidere fino a 50.000 civili e innescare una crisi di profughi che costringe a fuggire da 1 milione a 5 milioni di persone. Ciò ha un costo anche per la Russia, che potrebbe subire migliaia di vittime. Una via d’uscita da questa crisi potrebbe ancora arrivare con costi incalcolabili e imprevedibili per l’Ucraina e per la Russia, ma anche per l’Europa. Il nord Africa riceve la maggior parte del grano proprio dai due paesi in guerra, avere milioni di persone senza cibo potrebbe essere realmente catastrofico, significherebbe avere più rotte migratorie verso l’Europa, già seriamente impegnata sul fronte orientale con eventuali rifugiati ucraini.
Entrare in una guerra è molto più facile che uscirne.
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