Geopolitica

L’insegnamento offerto dalla nazionale del Marocco

15 Dicembre 2022

Al termine della partita con la Francia, le agenzie di stampa hanno comunicato che ” Sua Maestà il Re Mohammed VI, ha avuto un colloquio telefonico con l’allenatore della nazionale, Walid Regragui (…) il Sovrano ha reso un omaggio all’allenatore, ai giocatori e a tutti i componenti della squadra nazionale per i brillanti risultati ottenuti in questa Coppa, augurando loro ogni successo nelle prossime partite.Sua Maestà il Re, ha elogiato la prestazione di Walid Regragui per essere stato in grado, in pochi mesi alla guida della nazionale, di forgiare un gruppo di giocatori così compatto e combattivo, al punto da segnare questa competizione e onorare il popolo marocchino e il pubblico internazionale con i suoi alti valori di sportività e il suo talento esemplare. Sua Maestà il Re ha incontrato anche il capitano della nazionale, Romain Saiss, al quale il Sovrano ha augurato una pronta guarigione dall’infortunio, congratulandosi con lui per la sua leadership e incaricandolo di trasmettere le più vive congratulazioni reali a tutta la squadra”.

Vi sono due considerazioni da fare, la prima, rigurada gli sforzi di questi giocatori che hanno messo anima e corpo per raggiungere comunque un obbiettivo storico. Infatti, essere la prima squadra del Nord Africa, tra le prime quattro del mondo calcistico è un risultato di per se storico. La seconda di ordine generale. Ieri sera i giocatori del Marocco, al termine della partita hanno ringraziato il vero Vincitore, ovvero l’Onnipotente .

È curioso come in alcune fasi precedenti, alcuni giornalisti italiani abbiano scritto, anche sui mezzi di comunicazione sociale che questo gesto era fatto per ringraziare della vittoria. Eppure ieri sera, dopo una sconfitta, questi atleti non hanno esitato a rivolgere la loro gratitudine a quello, che come ho detto, è il vero Vincitore. Non parlo dello sport ma della fede. Vedendo quelle immagini tramite la televisione francese, mi sono venute in mente le parole di quello che per noi cristiani è l’Apostolo delle Genti che, nella seconda lettera a Timoteo dice ” Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede”.

I giocatori del Marocco  hanno giocato per vincere ed arrivarre tra le prime quattro nazionali è una vittoria, ma ci hanno insegnato anche un’altra lezione, più alta e nobile. Non dobbiamo mai vergognarci della nostra Fede, che ogni giorno combattiamo la “buona battaglia” nel Nome di “Colui che tutto può”. Ci hanno insegnato: la bellezza della fede, il fatto di credere.  Un fede semplice  non per “scaramanzia” in ” Colui in cui si ha fede” .

Da questo cosa possiamo imparare molte cose: penso innazitutto che una società senza anima non possa esistere. Del resto uno dei padri nobili del pensiero illuminista come  Voltaire  disse nella sua opera più celebre, il “Dizionario Filosofico ” che: “l’ateismo è un mostro assai pericoloso in coloro che governano; che lo è anche nelle persone colte, anche se la loro vita è innocente, perché dal loro scrittoio essi possono arrivare fino a coloro che vivono in piazza; che, se non è funesto quanto il fanatismo, è però quasi sempre fatale alla virtù. Aggiungiamo soprattutto che oggi ci sono meno atei di quanti ce ne siano mai stati, da quando i filosofi hanno riconosciuto che non c’è alcun essere vegetale senza un germe, nessun germe senza uno scopo, e che il grano non nasce dalla putredine”.

Il Marocco ha attuato da anni una politica di profonda riscoperta dei valori tradizioni della propria spiritualità ,attraverso alcune riforme. Un modello interessante di cui l’Istituto Mohammed VI ne è parte integrante . Una istituzione che come ha detto Papa Francesco durante la visita  ha ” lo scopo di fornire una formazione adeguata e sana contro tutte le forme di estremismo, che portano spesso alla violenza e al terrorismo e che, in ogni caso, costituiscono un’offesa alla religione e a Dio stesso”. Per il Papa, che per la prima volta entrava in una scuola per imam  “un dialogo autentico ci invita a non sottovalutare l’importanza del fattore religioso per costruire ponti tra gli uomini”: infatti, “nel rispetto delle nostre differenze, la fede in Dio ci porta a riconoscere l’eminente dignità di ogni essere umano, come pure i suoi diritti inalienabili.

Questo è l’insegnamento che dobbiamo trarre con spirto sincero, aperto e senza pregiudizio. Il resto, la chiusura, il pregiudizio, la divisione sono opera di chi vuole dividere. Solo chi combatte per la Fede, per il bene trova lungo la strada fratelli e sorelle che, pur di religioni diverse, quardano con cuore sincero e puro all’Unico, al Misericordioso.

Marco Baratto

 

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