Geopolitica
In Siria ci sono massacri tutti giorni, ma fanno notizia solo le stragi russe
Un massacro terribile, l’ennesimo di una lunga serie. A Damasco i bombardamenti attribuiti al regime siriano e all’aviazione russa hanno provocato decine di vittime, colpendo anche un ospedale di Medici senza frontiere. Il bilancio è stato molto pesante con almeno 23 morti. Ma in un quadro di profondo orrore, di sicuro non è stata la peggiore strage da quando è iniziata la guerra in Siria. La storia degli ultimi anni racconta una sequenza di tragedie. Eppure sui giornali, compresi quelli internazionali, la notizia è stata rilanciata in primo piano, dando particolare enfasi ai fatti. E puntando il dito contro i responsabili, addirittura prima delle conferme ufficiali. Al netto di ogni partigianeria, un legittimo sospetto si fa strada: l’attenzione verso le operazioni condotte sull’asse Assad-Putin è sempre diversa rispetto alle bombe occidentali (o anche turche) che uccidono in Siria. La verità deve travalicare ogni ipocrisia: i massacri sono all’ordine del giorno; e vengono compiuti in maniera indistinta, anche dai ribelli appoggiati dall’Occidente, a dispetto della comoda categorizzazione di buoni e cattivi che vogliamo applicare.
Da quando sono iniziate le operazioni occidentali in Siria c’è una coltre di sostanziale silenzio sulle operazioni condotte dalla coalizione a guida statunitense. I ‘danni collaterali’ sono poco investigati dai media, tanto da lasciare immaginare un doppiopesismo sulle stragi in Siria. Un giornalismo embedded, che assume una prospettiva non propriamente equidistante. La guerra civile sembra che davvero stia riportando le lancette della storia ai tempi della Guerra Fredda, quando i media erano strumento di propaganda più che di informazione. Giusto per fare qualche lecita domanda: che ne è stato dei raid francesi su Raqqa, indicata come la ‘capitale’ del sedicente Stato islamico? Davvero le scie di fuoco degli aerei di Parigi hanno colpito esclusivamente “obiettivi militari”? E cosa dire sull’approccio accomodante nei confronti della Turchia, che ai curdi (alleati maltrattati dall’Occidente) riserva un trattamento tutt’altro che dorato? Certo la realpolitik impone il ragionamento secondo cui Recep Tayyip Erdogan è un ‘amico’, il cavallo su cui puntare per frenare il flusso di profughi dalla Siria anche al prezzo di svariati miliardi di euro. Quindi gli si può concedere mano libera, facendo particolare attenzione a criticare la sua strategia.
Nel corso del conflitto hanno perso la vita oltre 260mila persone (da quel che si sa), e intere città come Aleppo sono praticamente rase al suolo. La popolazione è stremata, anche perché i combattimenti in alcune zone sel Paese sono stati pressoché incessanti. Ma per molto tempo la situazione è rimasta sotto silenzio, è finita nascosta nel disinteresse generale. Poi, certo, se i morti sono da mettere (presumibilmente) sul conto dei “cattivi” il livello di notiziabilità aumenta. E allora vengono sbattuti in prima pagina.
Devi fare login per commentare
Accedi