Geopolitica
Il voto in Baviera ed i riflessi a Berlino
Circa 9 milioni e mezzo di aventi diritto al voto di cui suppergiù 600.000 di nuovi elettori sono stati chiamati oggi a eleggere il nuovo parlamento bavarese. Elezioni guardate con estrema attenzione anche dall’Italia: il gruppo Gedi alla vigilia della consultazione ha dedicato cronache da piccoli centri della Baviera, Tutzing e da Rosenheim, quest’ultimo scelto come nido della AfD, la RAI ha indicato che il Land come il più ricco della Germania anche se forse non è così è senz’altro uno dei più produttivi e sottolineato i pronostici che sono sostanzialmente confermati.
I dati definitivi scrutinati sono: 37,2% CSU (-10,4), 9,7% SPD (-10,9), Freie Wähler 11,6 % (+2,6), Grüne 17,5% (+8,9) AfD 10,2% (+10,2), FDP 5,1% (+1,8) Altri 5,4% (-3,3). I Linke non ce la farebbero ancora ad entrare nel Landtag conseguendo appena il 3,2% dei voti, quand’anche migliorandosi dell’1,1%.
La CSU consegue 85 seggi, la SPD 22, FW 27, Grüne 38, FDP 11, AfD 22. Grandi perdenti i due grossi partiti popolari tradizionali, la CSU e la SPD; grandi vincitori i Verdi, che a Monaco nel computo di un terzo dei seggi, supererebbero il 19% delle preferenze, e la AfD che entra per la prima volta nel Landtag.
Le possibili coalizioni in Baviera quindi sarebbero sostanzialmente tre. Una tra Unione Cristiano Sociale (CSU) e Freie Wähler (FW), due partner che avrebbero punti di contatto tra loro. Una loro alleanza avrebbe tuttavia un margine non troppo ampio di 112 seggi sui 204 in cui prevedibilmente si verrà a comporre per effetto dell’assommarsi di mandati diretti e mandati di compensazione il nuovo Landtag bavarese. Oltre al ristretto margine, contro questa composizione di Governo parlerebbe anche un effettivo rischio per i FW di farsi cannibalizzare dalla CSU, con cui seppure ci siano differenze programmatiche come ad esempio il rifiuto assoluto ad una terza pista dell’aeroporto, ci sono troppe contiguità. Nondimeno il Governatore bavarese Markus Söder (CSU) e Hubert Aiwanger (FW) nei primi salotti televisivi hanno già ammiccato tra loro. Maggior respiro, come si era già indicato su Gli Stati Generali prima delle elezioni, si staglierebbe per una coalizione tra CSU e Grüne con 123 seggi. Una soluzione che prima delle elezioni il Governatore bavarese Markus Söder ha escluso per le differenze programmatiche, anche se non vedrebbe altrettanto forte il rischio che nessuno dei due partiti, anche scendendo a compromessi, perda la propria specificità. Tuttavia, Markus Söder, ancora dopo il voto ai microfoni della ARD, ha praticamente scartato questa possibilità indicando di preferire “un’alleanza borghese” e cioè con i FW. Infine, teoricamente possibile, dal mero punto di vista contabile, ci sarebbe anche una partnership con la SPD. Quest’ultima però sarebbe nel quadro politico generale da escludersi.
La Costituzione bavarese prescrive che il nuovo Governo debba adesso venire costituito entro un mese. Per la CSU d’altronde non sarebbe la prima volta in assoluto di dover governare con altri, lo aveva già fatto con la FDP sotto Günther Beckstein. Il Governatore Markus Söder (CSU), seppure uscito vincente nel confronto diretto col candidato Verde Elmar Hayn a Norimberga-est, nei sondaggi diffusi dalla televisione nazionale ARD però è ritenuto un buon capo del Governo solo dal 49% degli intervistati. Commentando a caldo l’esito elettorale, Söder ha ammesso il cattivo risultato riservato dagli elettori al suo partito, ma ciononostante ha ugualmente rivendicato alla CSU il ruolo di forza di maggioranza relativa ed il diritto di formare e guidare un nuovo Governo, smarcandosi dalle responsabilità per la débâcle elettorale indicando di essere succeduto ad Horst Seehofer solo da 6 mesi, mentre per una paternità ce ne vogliono 9. Distanziandosi quindi chiaramente dal Ministro degli Interni a Berlino, anche se non voltandogli apertamente le spalle. La durevole lite di Horst Seehofer con la Cancelleria d’altronde ha diviso l’elettorato del partito cristiano sociale. Nei sondaggi è chiaramente riflessa come responsabile della emorragia di voti dalla CSU, la quale ha perso qualcosa come 180.000 elettori in favore della AfD e dei Freie Wähler ed altrettanti in favore dei Grüne. Il doloroso crollo del partito cristiano sociale è stato leggermente meno ripido solo perché ha guadagnato qualche preferenza dalla fetta di pubblico che di regola non votava. In effetti l’affluenza al voto è stata decisamente più elevata rispetto alle passate elezioni regionali del 2013, soprattutto nelle città. A Monaco nonostante 25 gradi ed un sole estivo, alle 16 più del 62% degli aventi diritto avevano già posato le (enormi) schede elettorali nell’urna.
Come previsto i liberali entrano di misura nel Landtag, ma con un esito sul filo del rasoio. In Baviera ha sottolineato il segretario Christian Lindner d’altronde il partito ha sempre avuto una strada difficile. Quello bavarese è il decimo parlamento regionale nel quale la FDP manda dei delegati.
I Socialdemocratici escono dimezzati, un esito che la Presidente della SPD Andrea Nahles non ha nascosto comporta per il partito la necessità di un riesame del ruolo del Governo. Finora il risultato peggiore in Baviera i socialdemocratici l’avevano avuto solo dieci anni fa, ed allora avevano raggiunto il 18.6%. Il Segretario Generale socialdemocratico Lars Klingbeil ha commentato che dalla Baviera è giunto un chiaro segnale anche alla classe politica della capitale e la SPD dovrà diventare più coraggiosa e riconoscibile. Che la SPD abbia una crisi di identità è riflesso chiaramente anche nei sondaggi dell’istituto Infratest-dimap secondo i quali quasi l’80% del campione intervistato ha dichiarato di non sapere individuare un tema centrale nella campagna del partito. Il Presidente del Parlamento tedesco Wolfgang Schäuble (CDU) in due interviste, l’una apparsa su Repubblica e l’altra alla tedesca SWR, aveva già anticipato che le elezioni bavaresi avrebbero potuto avere forti conseguenze nel Governo nazionale, suggerendo che la Germania si sarebbe potuta trovare a dare prova di essere matura anche per un Governo di minoranza. L’ipotesi, non espressa, ma che traspare da queste esternazioni, è che l’ala di sinistra della SPD che era contraria a dare vita alla Groβe Koalition con la CDU/CSU guadagnerebbe ora voce e potrebbe spingere il partito a denunciare gli accordi di coalizione aprendo la strada ad una crisi ed essa potrebbe sfociare nella creazione di un nuovo Gabinetto di minoranza con i Grüne. Se si considera però come Angela Merkel abbia sempre scartato l’ipotesi di guidare un Governo di minoranza, non si vede come la SPD potrebbe realisticamente pensare di avviare una crisi e sfidare la sorte di provocare nuove elezioni.
Dal canto suo la portavoce della Alternative für Deutschland Alice Weidel ha colto la palla al balzo della caduta di CSU e SPD dicendo che la Groβe Koalition si è ridotta ad una Mini-Koalition e ribadire lo slogan “Merkel muss weg” (Merkel deve andarsene) e rivendicato la necessità di nuove elezioni. Alice Weidel ha inoltre espresso simpatie per i FW che hanno approfittato dello scontento per la CSU ed attaccato nuovamente quest’ultima, colpevole ai suoi occhi di una politica di annunci non seguita da fatti ed ha rimproverato al partito cristiano sociale di avere dato corso a meno espulsioni di stranieri di quante ne avrebbe fatte il Baden Württemberg guidato dai Verdi. La Weidel si può permettere toni accesi perché la Alternative für Deutschland (AfD) entrerà per la prima volta anche nel parlamento bavarese. Oltre ai voti sottratti alla CSU (e qualcosa come 11.000 anche ai FW) ne avrebbe guadagnati quasi altrettanti, si stima circa 160.000 preferenze, da elettori che solitamente si astenevano dal votare; ma con ciò non avrebbe l’aumento così forte auspicato dal suo capo frazione al Bundestag Alexander Gauland che sperava di raggiungere e superare il 12,6% incassato alle elezioni nazionali nel 2017. Quest’ultimo ha commentato l’esito elettorale bavarese rivendicando che il suo partito nel Land ha dovuto affrontare la concorrenza dei FW, in quanto anch’essi si schierano contro una forte immigrazione e l’Euro. Punzecchiato però da un giornalista sulla specifica contiguità della AfD con elementi neonazisti, Gauland ha replicato che questi ultimi non hanno nulla da cercare nel suo partito. Per la segretaria generale della CDU Annegret Kramp-Karrenbauer, Gauland però non è credibile, essendo stato egli stesso ad avere avviato l’apertura della AfD all’estrema destra. Il nocciolo dell’elettorato della AfD resta ad ogni modo da ascriversi sostanzialmente al netto rifiuto degli immigrati ed il suo programma non è suscettibile di trovare consensi tra le altre forze politiche per una coalizione.
Quantomeno prima delle elezioni in Assia il 28 ottobre l’unica probabile conseguenza diretta a Berlino è tuttavia solo una resa dei conti con Horst Seehofer. L’attuale Ministro degli Interni, Edilizia e Patria, potrebbe essere invitato dal suo partito nei prossimi giorni, con il placet di Markus Söder, a farsi da parte. Difficile peraltro sia che egli lasci il posto senza difficoltà! Così come che il suo omologo bavarese, Joachim Herrmann, presentatosi ad Erlangen per un mandato diretto nel nuovo Landtag, primo candidato a succedergli, accetterebbe di prenderne il posto. Tuttavia, si può ipotizzare -ma allo stato e mera speculazione- che se nelle trattative per un’alleanza con i Freie Wähler dovesse essere ipotizzata un’attenuazione della discussa legge bavarese di pubblica sicurezza in vigore dal 25 maggio, fortemente voluta da Herrmann, diverrebbe anche plausibile per questi scegliere di lasciare il dicastero a Monaco per essere promosso a Berlino.
La Grande Coalizione ha già dovuto superare la bufera degli scontri sui rifugiati e la rimozione dall’incarico dell’ex Presidente dei servizi di sicurezza del Verfassungschutz, che già bolle in pentola un nuovo scandalo legato al possibile coinvolgimento diretto dell’ex Ministro degli Interni Thomas de Maizière nella nomina quale osservatrice per conto del Ministero degli Interni in seno alla Commissione parlamentare di inchiesta su Anis Amri –l’attentatore al mercato di Natale di Berlino nel 2016- di una funzionaria già attiva nel Verfassungschutz; ella stessa sarebbe stata potenziale testimone e sotto accese proteste delle opposizioni ha dovuto essere sollevata dall’incarico. Inoltre sono prevedibili divergenze tra CDU/CSU e SPD anche sulla necessità di riformare il paragrafo 219a del codice penale tedesco, introdotto con la legge sull’aborto, che vieta ai medici di fare pubblicità diretta alle pratiche di interruzione di gravidanza. Il Ministro di grazia e giustizia Katarina Barley (SPD) dopo che una ginecologa (del caso si era parlato in passato anche su Gli Stati Generali) il 12 ottobre è stata condannata anche in appello per aver illustrato su internet le diverse possibilità di intervento ammesse dalla legge, ha ribadito che c’è necessità di intervenire legislativamente. Gli stessi giudici condannando il medico d’altronde avevano affermato che ella potrà fregiarsi della sentenza come del titolo onorifico, stante la legittimità della sua richiesta di vedere modificata la legge che essi dovevano applicare.
Angela Merkel esce senz’altro indebolita dal voto in Baviera, ma le elezioni nel Land meridionale tedesco hanno come immediata conseguenza solo un nuovo equilibro nella seconda camera parlamentare delle regioni, il Bundesrat, non per il Governo. Ciò nonostante chiaramente la Cancelliera non potrà ignorare il nuovo clima politico: rispetto al 2013 in cui l’Unione dei partiti cristiani CDU/CSU nei sondaggi Deutschland Trend della ARD aveva uno zoccolo di preferenze a livello nazionale del 40% e la SPD il 28%, il margine per i due grossi partiti quest’anno si è ridotto rispettivamente al 26 ed al 15%. La AfD che nel 2013 era al 3% adesso viaggia al 16%, la FDP dal 5 è passata al 10%, i Linke dall’8 al 10% ed i Verdi dal 10 al 17%. Molto in gioco è ancora nell’esito elettorale del Governatore dell’Assia Volker Bouffier e se la CDU alla fine delle prossime due settimane di campagna elettorale nel Land riuscirà ad arrestare la flessione finora prevista nei sondaggi. Peraltro, non si può ancora dire, come si riporta abbia fatto il Ministro degli Interni italiano Matteo Salvini, “arrivederci Merkel”. Ed in un’ottica europeista, che allo stato è l’unico baluardo ad un indebitamento italiano senza fondo, non sarebbe neppure auspicabile.
Per contro anche nel confinante Lussemburgo, dove pure domenica circa 257.000 elettori sono stati chiamati ad esprimersi per il rinnovo dei 60 seggi del Parlamento scegliendo tra una decina di partiti e 547 candidati, il Governo sarebbe uscito indebolito. A circa la metà dei conteggi raggiungerebbe solo 31 seggi, ma la coalizione uscente tra Liberali (DP), Socialdemocratici (LSAP) e Verdi, guidata dal liberale Xavier Bettel, potrebbe restare in sella. I Liberali raggiungerebbero infatti il 16% dei consensi con un calo limitato a circa il 2% rispetto al 2013, i Socialdemocratici invece farebbero uno scivolone al 4% dal 16 che avevano cinque anni fa, ma i Verdi per contro salirebbero al 15% con un più 5% diventando il terzo partito. Anche se il partito cristiano sociale (CSV) -all’opposizione da quando dopo 18 anni alla guida del Paese il premier Jean-Claude Junker fu costretto a lasciare per uno scandalo legato ad intercettazioni illegali (come ha riportato la Die Zeit)- resterebbe in effetti il partito di maggioranza relativa, esso scenderebbe dal 33,7% di cinque anni fa al 28%. Anche in Lussemburgo emergerebbe poi con forza un voto di protesta: i Pirati conquisterebbero più del 7% (nel 2013 avevano conseguito il 3%) e la fondamentalista cattolica, antieuropeista ed estremista di destra ADR toccherebbe il 9% (salendo dal 6.6% del 2013).
Immagine di copertina: schede elettorali in fac simile esposte fuori da un seggio il 14 ottobre 2018 con, quasi a simbolicamente assecondare i pronostici, una porta verde; foto dell’autore.
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