Geopolitica

Il Partito Socialista Romeno …aspettando Trump

20 Dicembre 2024

Il ritiro del Partito Socialdemocratico (PSD) dai negoziati per formare un governo di coalizione, nonostante la vittoria alle elezioni parlamentari in Romania, rappresenta una mossa che può sembrare avventata, ma che in realtà evidenzia una strategia politica ben calcolata. Il leader del PSD, Marcel Ciolacu, con il suo post criptico su Facebook, ha lasciato intendere che il partito sta adottando una posizione di forza, evitando di entrare direttamente in un governo che potrebbe trovarsi costretto ad attuare misure impopolari.

In primo luogo, il PSD sembra voler evitare di essere associato a decisioni difficili e potenzialmente dannose per il suo elettorato di riferimento, composto principalmente da salariati, piccoli agricoltori e pensionati. Questi gruppi sociali, già vulnerabili, difficilmente accetterebbero misure di austerità o tagli alla spesa pubblica volti a ridurre il deficit tra PIL e debito pubblico. Partecipare a un governo di coalizione con partiti più europeisti, come il Partito Nazionale Liberale (PNL), l’Unione Salva Romania (USR) o l’Unione Democratica degli Ungheresi in Romania (UDMR), significherebbe per il PSD accettare compromessi che potrebbero alienarsi il suo elettorato.

Offrire invece un appoggio esterno a un governo di minoranza consentirebbe al PSD di mantenere una certa influenza senza vincolarsi direttamente a scelte governative potenzialmente impopolari. In questo modo, il partito potrebbe preservare la propria identità politica, distinta dagli altri tre principali partiti europei, e al contempo rafforzare la propria immagine di difensore dei valori tradizionali e dei bisogni dei cittadini.

Il PSD si distingue nel panorama socialista europeo per il suo orientamento più conservatore, soprattutto su temi come la famiglia, le pensioni e l’agricoltura. La sua distanza da figure e politiche percepite come globaliste, come quelle associate a George Soros, riflette un’attenzione alle questioni nazionali che risuona con il suo elettorato. Questo posizionamento ideologico è anche una risposta alle esigenze di una base elettorale che guarda con scetticismo a certe riforme strutturali promosse dalle istituzioni europee.

Il mondo agricolo romeno è sempre più frustrato dalle conseguenze economiche della guerra in Ucraina. L’eccesso di importazioni di grano ucraino, incentivato per sostenere l’economia di Kiev durante il conflitto, ha avuto un impatto devastante sugli agricoltori romeni.  Questi ultimi, già esposti a numerose difficoltà, si trovano ora schiacciati da una competizione che percepiscono come sleale. Il grano ucraino, venduto a prezzi competitivi grazie ai sussidi e alle dinamiche geopolitiche, sta mettendo in ginocchio una delle componenti fondamentali dell’economia rurale della Romania.

Questo fenomeno, tuttavia, non si limita a essere un semplice problema commerciale: si inserisce in un contesto più ampio di equilibri strategici e geopolitici. Il grano rappresenta una delle principali fonti di finanziamento per l’Ucraina durante il conflitto, rendendolo una pedina fondamentale nel complesso scenario internazionale. Al tempo stesso, la prospettiva di un’adesione  dell’Ucraina all’Unione Europea alimenta ulteriori preoccupazioni. Se diventasse membro dell’UE, l’Ucraina potrebbe infatti assorbire una quota rilevante dei fondi di coesione e della Politica Agricola Comune (PAC), risorse di cui la Romania, insieme ad altri paesi dell’Europa orientale, dipende fortemente per sostenere la propria economia agricola.

In questo contesto, il Partito Socialdemocratico (PSD) della Romania ha scelto di adottare una strategia che appare tanto pragmatica quanto lungimirante. Ritirandosi dai negoziati per formare un governo di coalizione e lasciando che un esecutivo di minoranza, fortemente orientato verso le politiche europee e atlantiste, affrontando le sfide attuali, il PSD si prepara a capitalizzare eventuali errori o fallimenti del governo stesso.

Un governo di minoranza che dovrebbe adottare misure impopolari, come l’austerità o una gestione inefficace delle tensioni sociali, potrebbe facilmente alimentare il malcontento popolare. In tale scenario, il PSD si troverebbe in una posizione favorevole per raccogliere consensi, sottraendo voti non solo ai partiti europeisti, ma anche alle formazioni di estrema destra che sfruttano il malessere sociale.

Questa strategia non solo consentirebbe al PSD di consolidare la propria guida politica, ma potrebbe anche ipotecare la vittoria nelle prossime elezioni presidenziali.

Vi è anche un componente particolarmente internazionale che rende questa strategia interessante. Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, il PSD potrebbe trovare maggiore affinità ideologica e politica con la nuova amministrazione americana rispetto ai partiti della coalizione di minoranza, più orientati verso le tradizionali alleanze europee e atlantiste.

La Romania, guidata dal PSD,potrebbe cercare di posizionarsi come uno dei principali interlocutori degli Stati Uniti nell’Europa orientale, seguendo l’esempio di paesi come l’Ungheria di Viktor Orbán e, in parte, l’Italia sotto la guida di Giorgia Meloni. Questo ruolo strategico offrirebbe alla Romania un vantaggio non solo nei rapporti bilaterali con Washington, ma anche nella definizione del suo ruolo in Europa. Se il PSD riuscisse a ottenere il controllo del governo e la Presidenza della Repubblica, la Romania potrebbe diventare un attore chiave nelle dinamiche geopolitiche della regione.

Da questo fatto , dimenticato dalla stampa italiana, ovvero che bisogna ritornare ai bisogni concreti delle persone.  La sinistra può ritrovare il consenso solo se riesce a spostare l’attenzione dai temi elitari e globalisti verso i problemi reali dei cittadini. Argomenti come il lavoro, la sicurezza economica, l’agricoltura e il sostegno alle famiglie devono tornare al centro del dibattito. Temi ideologici e battaglie per diritti civili percepiti come lontani dalla vita quotidiana rischiando di alienare l’elettorato tradizionale e servono solo a dimostrarsi appiatti sui movimenti globalisti.

Il PSD romeno, è un’esempio di come si possa essere progressisti e non globalisti giacobini come molta parte della sisnitra italiana ed occidentale continua ad essere. Se vuole vincere ed affermarsi bisogna abbandonare la cultura “woke” imposta dalle forze globaliste e sostenuta da Biden per avvicinarsi ad una modello nazional conservatore in gardo di parlare alla gente.

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