Geopolitica
Il disastro Brexit e la caduta di Boris Johnson
Il premier inglese Boris Johnson, travolto dagli scandali, è stato finalmente abbandonato dai colleghi di partito e, per diversi giorni, ha disperatamente cercato di salvare la propria carriera politica, rifiutandosi di dimettersi da capo del governo. La sua argomentazione: i voti per il suo partito sarebbero stati voti suoi personali – un mandato personale del popolo britannico per guidare il Regno dopo la Brexit. Un segnale del fatto che la sua percezione della democrazia sia profondamente distorta, ma anche della sua mancata comprensione del fatto politico che domina il dibattito nel Regno Unito: la Brexit è stata un disastro totale – dal punto di vista economico, dal punto di vista geopolitico e dal punto di vista sociale.
Se si votasse oggi, certamente, la maggioranza dei cittadini rivorrebbe indietro l’adesione all’Unione Europea. Se, nel 1973, il Regno Unito aderì alla Comunità Economica Europea con il chiaro discrimine di rifiutare il principio della progressiva creazione degli Stati Uniti d’Europa, il legame spesso tumultuoso fra Londra e Bruxelles ha sempre avuto una base comune: i soldi. Nel periodo della profonda crisi economica britannica, caratterizzata dai durissimi anni del premierato di Margaret Thatcher, l’Europa ha sostenuto le regioni periferiche dell’Impero (Scozia, Galles ed Irlanda del Nord) ed i paesi del Commonwealth, in tutto il mondo, hanno goduto di facilitazioni importanti nelle relazioni commerciali con l’Europa.
Boris Johnson e Neil Farage, i due paladini della campagna referendaria a favore della Brexit, hanno promesso al popolo britannico ciò che non è poi stato mantenuto. Farage, che probabilmente lo sapeva benissimo, si è ritirato dalla politica, ed il suo ultimo atto è stato sostenere attivamente la campagna presidenziale di Donald Trump, durante la quale il suo socio è stato arrestato per riciclaggio di denaro sporco[1]. Johnson, invece, si è convinto di aver vinto il referendum grazie al suo carisma e, trasportato dal suo ego, ha continuato.
Oggi, il Regno Unito si trova in una situazione di grande forza finanziaria (i ricchi, quasi tutti nel sistema bancario e fiduciario, sono sempre più ricchi), ma dal punto di vista commerciale, sociale, sanitario ed educativo si trova in una crisi profonda che, specie in Scozia, ha portato quote importanti della popolazione alla fame. Johnson ha ignorato tutto questo, ed è questo il motivo vero, prima ancora degli scandali sessuali che lo hanno reso ridicolo, per cui la popolazione lo vuole fuori dai piedi, e lo maledirà a lungo. La lista dei motivi è lunga e dolorosa.
Le bugie di Boris Johnson
Il 19 giugno 2017, l’allora segretario di Stato britannico per l’Uscita dall’Unione Europea, David Davis, si è recato a Bruxelles da Michel Barnier, il capo negoziatore nominato dalla Commissione Europea[3]. Dopo solo due ore l’Unione Europea rende noto che le richieste inglesi di firmare al più presto un nuovo accordo commerciale sono state rifiutate in blocco[4]: “Non si tratta di punizione, né di vendetta. Stiamo attuando la decisione presa dal Regno Unito di lasciare l’Unione Europea e di sciogliere 43 anni di relazioni pazientemente costruite. (…) Il Regno Unito ha deciso di lasciare l’Unione Europea, non è il contrario. Il Regno Unito lascerà l’Unione europea, il mercato unico e l’unione doganale, non il contrario. Quindi, ognuno di noi deve assumersi le proprie responsabilità e le conseguenze delle proprie decisioni. E le conseguenze sono notevoli”[5].
Mentre scozzesi, gallesi e nordirlandesi si accorgono immediatamente della differenza (tutti i programmi di aiuto allo sviluppo economico vengono subito cancellati), per un lungo periodo gli inglesi sono soddisfatti per aver raggiunto i risultati promessi da Farage e Johnson sui punti deboli dell’adesione all’Unione Europea. Primo punto: gli inglesi sono da sempre contrari al trasferimento di poteri nazionali ad un parlamento che si trova sul Continente[6]. Secondo punto: gli inglesi sono spaventati a causa della incerta ed inefficace politica UE sull’immigrazione: negli anni immediatamente precedenti alla Brexit vi è stato un picco di arrivi, aumentando l’acrimonia nei confronti degli stranieri europei che, da anni, arrivano senza controllo sul territorio britannico[7]. Oltracciò, Farage ha affermato che la Turchia sarebbe presto entrata nell’Unione, e che milioni di turchi sarebbero sbarcati a Dover in cerca di lavoro – una palese bugia[8]. Tutti stranieri che accettano di lavorare per salari più bassi, e mettono in crisi irreversibile il sistema sanitario nazionale, già di per sé al collasso[9].
Gli argomenti di chi sosteneva le ragioni del “Remain” (la Brexit porterà recessione, inflazione, moneta più debole, aumento della disoccupazione) non sono stati presi in considerazione dagli elettori di estrazione sociale umile, finché non si sono accorti di aver commesso un tragico errore, per il quale i più infuriati hanno cercato di portare Johnson in tribunale[10]. Costui ha promesso che i 350 milioni di sterline che, ogni settimana, sarebbero stati elargiti alla UE, dopo la Brexit sarebbero stati riversati nei conti del Servizio Sanitario nazionale – un’altra bugia[11]. Un decennio dopo, coloro che già avevano in maggioranza votato per restare nell’Unione (Scozia, Galles ed Ulster) premono oggi per una secessione dal Regno Unito, tant’è vero che, nell’Irlanda del Nord, alle elezioni della primavera del 2022 anche i protestanti inglesi hanno votato a favore dello Sinn Féin[12].
Johnson ha promesso che il Regno Unito avrebbe lasciato l’UE alla fine di ottobre 2019, “senza se e senza ma”, salvo poi trovarsi costretto a chiedere più tempo per negoziare a Bruxelles, concretizzando la Brexit nel gennaio 2020. Durante la campagna elettorale del 2019 ha dichiarato di avere un accordo commerciale con la UE “pronto a partire” salvo poi dover ammettere che l’accordo conquistato con fatica era tutt’altro che definito[13]. Le sue parole: “Non ci saranno barriere non tariffarie al commercio” ed ancora, l’accordo “permetterà semmai alle nostre aziende e ai nostri esportatori di fare ancora più affari con i nostri amici europei”[14]. Niente di più falso: l’uscita del Regno Unito ha comportato una serie di barriere che, da oltre un anno, creano code di camion di decine di chilometri alle frontiere[15]. Per non parlare, poi, del fatto che i cittadini del Regno Unito hanno bisogno di permessi per lavorare nei paesi del blocco europeo, e le loro qualifiche professionali non sono riconosciute in Europa[16].
Un’altra promessa, fatta dal segretario di Stato per l’Ulster, Brandon Lewis: “Non c’è un confine nel mare d’Irlanda”[17]. Poche settimane dopo, la stampa irlandese pubblica, delusa, la notizia che è vero il contrario[18]. Londra ottiene un regolamento speciale per Belfast, ma a causa di questo accordo, il trasferimento di merci tra l’Irlanda del Nord ed il resto del paese è burocraticamente un inferno ed è gravato da pesanti dazi doganali[19]. Johnson risponde con l’ennesima bugia: “Tra cinque anni e mezzo non ci sarà più alcun limite teorico, oltre a quelli posti dalla scienza, sulla quantità di pesce che potremo pescare nelle nostre acque (…). Grazie a questo accordo, saremo in grado di catturare e mangiare quantità piuttosto prodigiose di pesce”[20]. Peccato che i cinque anni e mezzo di cui parla corrispondono al periodo di transizione concordato sulla pesca, durante il quale l’accesso della UE alle acque britanniche è stato ridotto di un quarto. A quel punto si svolgeranno negoziazioni annuali, e l’Europa avrà la posizione di maggior forza[21].
Londra promette che la Brexit sarà il segnale della vittoria della piazza finanziaria locale e che ci sarà equivalenza tra le aziende che offrono servizi finanziari nel Regno Unito ed in Europa[23]. Ma la trattativa sulla questione è ancora aperta e non è molto rassicurante per gli inglesi[24]. L’uscita della Gran Bretagna dalla UE ha di fatto privato i servizi finanziari britannici di quei “diritti di passaporto” che consentivano loro di vendere nella UE senza bisogno di ulteriori autorizzazioni[25]. Il risultato: al 19 aprile 2021 le aziende del comparto finanziario che avevano abbandonato la City per aprire nuove sedi nella UE ammontavano a 440 tra banche e compagnie assicurative che, così facendo, hanno spostato più di mille miliardi di sterline (circa 1,15 miliardi di euro) verso l’Unione europea[26]. Ma qualsiasi problema dovesse nascere, Johnson promette: “Stiamo per aprire un nuovo capitolo della nostra storia nazionale, sigleremo accordi di libero scambio in tutto il mondo, che si aggiungono agli accordi con 63 paesi che abbiamo già raggiunto”[27].
In realtà si tratta della semplice riconferma, in chiave bilaterale, di accordi preesistenti con la UE[28]. L’unico nuovo accordo è quello siglato ad ottobre 2020 con Tokyo[29]. Un accordo tutt’altro che sereno: il Giappone aveva un interesse a far entrare i suoi prodotti (auto e hi-tech) attraverso l’Inghilterra per poi evitare dazi all’interno dell’Unione Europea[30]. Caduto questo vantaggio, il nuovo accordo non è che maculatura, “un aspetto che il governo britannico non renderà pubblico”[31]. Ma è impossibile tenerne segrete le conseguenze: “manca ormai poco meno di un mese al divorzio con l’Ue e il Regno Unito deve salutare un’altra azienda che ha deciso di cercar miglior fortuna altrove. Honda ha annunciato la chiusura della sua unica fabbrica inglese di auto entro il 2021: un addio che comporta la perdita di circa 3500 posti di lavoro. Ma la casa produttrice giapponese è solo l’ultima in ordine di tempo a decidere di traslocare dall’isola”[32]. Dopo Honda seguono Sony, Dyson, Panasonic, Lloyds, Unilever, Goldman Sachs, Barclays, Airbus, Flybmi, P&O, HSBC, JP Morgan, UBS, Ford, Hitachi, Toshiba, AXA, Honda, Moneygram, Philips, Bank of America e Nissan: oltre 100’000 posti di lavoro[33].
Ancora promesse: nel 2016 Johnson promette che le bollette del gas sarebbero state ridotte se gli elettori avessero appoggiato la Brexit[34], perché Westminster avrebbe eliminato una tassa di 2 miliardi di sterline all’anno sui prezzi dell’elettricità, finanziando la misura con gli 11 miliardi di sterline all’anno risparmiati dai contributi britannici alla Commissione europea[35]. Alla fine del 2021 l’aliquota IVA del 5% sulle bollette energetiche è ancora in vigore e “non ci sono piani” per tagliarla[36].
L’indipendentismo gallese e la spada di Damocle irlandese
Il più grande risultato ottenuto da Boris Johnson è stato quello di minare in maniera praticamente irreversibile quella Unione che ha visto procedere insieme per 500 anni Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord: “sono in continuo calo gli abitanti del Regno Unito che si definiscono ‘British’ ed in aumento coloro che si identificano come ‘inglesi’, ‘scozzesi’ e ‘gallesi’ (…). La Brexit ha rafforzato questo fenomeno” fino al punto di indurre perfino il Galles a sollevare, stando alla dichiarazione del politologo Richard Wyn Jones, “per la prima volta, il problema dell’indipendenza”[38]. L’ex ministro Philip Rycroft lo aveva detto già anni fa: “a dominare la politica britannica dei prossimi anni sarà (…) la questione se questa nazione ha ancora senso come legame di quattro diverse regioni” in quanto, “in questo momento, i vari ministeri del governo britannico fanno fatica a fare i conti con la devolution e i poteri ottenuti dai parlamenti locali scozzese, gallese e nordirlandese”[39].
In Galles, dopo decenni di dominazione del partito laburista (Peter Mandelson: “i Gallesi voteranno sempre per il Labour perché non possono andare altrove”)[40], nel 2021 la sinistra ha perso la maggioranza[41] e il movimento per l’indipendenza del Galles ha preso a guadagnare consensi[42]. Nel febbraio 2021 i sondaggi registrano il 39% tra i sostenitori pro indipendenza[43]. Commenta Richard Wyn Jones: “Se mi avessero detto, due anni fa, che il 40% dei gallesi sono a favore dell’indipendenza, avrei pensato che si trattasse di uno scherzo”[44]. Fino ad allora la battaglia per la secessione del Galles è stata una questione identitaria delle comunità rurali del nord che vogliono difendere la lingua e i costumi gallesi – oggi il fronte anti britannico va forte tra i giovani ed ha ragioni economiche[45]: si stima che l’Unione Europea abbia portato in Galles, ogni anno, oltre 680 milioni di sterline[46], cui vanno aggiunti 200 milioni di sterline annuali di sovvenzioni per la Politica Agricola Comune[47].
La loro speranza è la secessione scozzese: “se la Scozia esce dal Regno Unito, questo cambia completamente il dibattito gallese. Al contrario, se la Scozia resta, possiamo dire addio a ogni speranza autonomista”[48]. E la questione centrale, una volta ancora, non è patriottica ma economica: il Galles è il più importante esportatore di beni del Regno Unito verso l’Europa. In ballo ci sono 200’000 posti di lavoro e la fine degli aiuti allo sviluppo[49]. Da Londra non c’è da attendersi nulla: Theresa May ha puntato su quattro priorità: moneta, competitività sul mercato, sovranità e immigrazione – tutte questioni che indeboliscono il Galles[50] e, allo stesso modo, l’Irlanda del Nord[51].
Nell’accordo siglato da Theresa May con la UE la questione irlandese è stata risolta con un Protocollo definito in due passaggi successivi: in prima battuta è stato concordato che il Regno Unito sarebbe rimasto all’interno dell’Unione doganale[52] (per i dazi da applicare a paesi terzi), allineato alla normativa europea in materia di standards per i prodotti[53]. Bocciata questa proposta, la scelta adottata da Theresa May e poi rivisitata da Boris Johnson, è stata porre la frontiera nel mare fra Gran Bretagna e Irlanda del Nord[54]. Anche se si è arrivati a un accordo, la partita è ancora aperta a causa di inevitabili colpi di coda, aventi per punctum dolens il nodo irlandese – una spada di Damocle che rischia di vanificare le aspirazioni dell’indipendentismo gallese: la Commissione Europea è pronta a riaprire una procedura d’infrazione, che farebbe seguito a quella avviata il nel marzo del 2021, contro il Regno Unito, dopo che lunedì 13 giugno 2022 Londra ha presentato una legge[55] volta a rivedere unilateralmente il Protocollo dell’Irlanda del Nord – una mossa che potrebbe portare al collasso dell’accordo commerciale post Brexit[56].
Tra le altre cose, Londra intende modificare le modalità di governance, allo scopo di spostare la sede di discussione delle controversie dalla Corte Europea ad un arbitrato indipendente[58]. Sebbene il governo Johnson insista sul fatto che la legge proposta sia “legale”, il partito laburista ed il Partito repubblicano nordirlandese Sinn Féin hanno accusato Londra di “violare il diritto internazionale”[59]. La questione è più importante di quanto possa apparire, in quanto riassume i termini del conflitto tra sovranisti e globalisti europei che, como sottolinea anche Noam Chomsky, rischia di far riaprire pagine di orrore che credevamo sepolte dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale: “Tra gli approcci più sensati che io abbia visto c’è quello proposto da Yanis Varoufakis e dal movimento DIEM25, che mira a preservare ciò che di positivo e progressista esiste nell’Unione Europea ma superando quelle contraddizioni interne che le impediscono di realizzarsi in una forma compiuta e vincente”[60].
Il futuro possibile
Così come accaduto più volte nella storia, un governo delegittimato e debolissimo riesce a volte a restare in sella perché non si trovano alternative – ed è su questo che punta Boris Johnson, ringraziando la contingenza della guerra in Ucraina, della spirale inflazionistica e della pandemia. La spinta autonomista scozzese crea nuove situazioni di tensione a qualsivoglia ipotesi di nuova consultazione referendaria autonomista. Ad una tale iniziativa scozzese potrebbe seguire un’analoga iniziativa gallese, cui potrebbero affiancarsi pericolosi contenziosi in Irlanda del Nord. Una strada non percorribile, finché a Downing Street continuerà a risiedere Johnson, è quella di un rientro di Londra nell’Unione Europea: una strada non percorribile ma valutata. A cinque anni dal referendum e a quasi due dalla Brexit, la maggior parte dei britannici, in un nuovo referendum, voterebbe per rientrare nell’UE: secondo un sondaggio il 53% dei britannici oggi sarebbe favorevole al rientro nella UE e l’82% di coloro che non hanno votato nel 2016 ora voterebbe a favore del rientro nella UE[62].
Il governo corre ai ripari cercando di riaprire le frontiere: nel dicembre 2021, senza troppo clamore, e per l’esattezza alla vigilia di Natale, Londra ha consentito in tutta fretta l’ingresso di migliaia di lavoratori europei per ridurre le carenze di personale in due settori cruciali: agricoltura e sanità – dopo che per mesi sindacati ed imprese britannici hanno denunciato che la mancanza di manodopera europea aveva costretto aziende agricole a lasciar marcire la frutta nei campi ed il poco personale operante nelle case di cura e negli ospedali a sobbarcarsi turni di lavoro punitivi e straordinari continui[63]. Evidentemente la promessa del Governo che i lavoratori britannici avrebbero sostituito quelli Europei, l’ennesima promessa disattesa, non si è materializzata[64]. I posti di lavoro ci sono, ma gli inglesi non li vogliono, hanno ben altre aspettative, il che crea una sorta di schizofrenia macroeconomica[65]: da un lato un pressante bisogno di persone che facessero lavori manuali e umili e dall’altro una massa abnorme di senza lavoro che a luglio del 2021 aveva toccato il 4,8% – uno sproposito un paese che prima della Brexit aveva la piena occupazione[66].
Per porre riparo a questo disastro Roberto Costa, il “re” dei ristoranti indipendenti a Londra, per avere camerieri nei suoi otto locali, si è attivato per mettere su una Accademia dell’ospitalità – e riconvertire giovani rimasti disoccupati nel mondo dello spettacolo: gli Inglesi dovranno imparare a fare quei lavori che per decenni hanno fatto gli italiani, gli spagnoli e i polacchi[67]. Il rischio è di finire come Nando’s, altra catena di ristoranti: il marchio messicano è costretto a chiudere numerosi suoi locali perché non si trovano camionisti che riforniscano di pollo le sue cucine – e senza pollo, addio al Piri Piri, il piatto più famoso[68]. McDonald’s è stata costretta a togliere dai menù di tutta la Gran Bretagna i milk-shakes perché non arriva il latte[69].
L’effetto si vede: la gente riduce le porzioni di cibo nel piatto, saltare i pasti per sfamare i figli, elimina i cibi caldi per risparmiare gas ed elettricità: stando ai dati diffusi nel maggio 2022, sono 2 milioni i cittadini britannici vittime dirette della crisi conseguente alla lievitazione dei costi dell’energia e delle bollette (+54%)[70]. Il governatore della Bank of England, Andrew Bailey, ha avvisato che il Regno Unito si deve preparare ad un aumento “apocalittico” dei prezzi sul mercato degli alimentari, una tendenza globale innescata dalla guerra in Ucraina e delle sanzioni, ma ha sottolineato che la spirale inflazionistica aveva cominciato a pesare sulla popolazione già da gennaio, un mese prima dell’invasione[71]. La crescita lenta, abbinata all’inflazione elevata, stringe il Regno Unito nella morsa della stagflazione. Il rischio concreto è che questa degeneri in una recessione di portata storica[72]. L’inflazione al 9% a maggio apre la porta, secondo le stime della Bank of England, ad un 10,2% in ottobre (era dell’1,5% un anno fa), cui dovrebbe seguire l’ingresso del Paese nella recessione[73].
Provvedimenti palliativi come il rimborso fiscale di 150 sterline sulla proprietà immobiliare, il “Warm Home Discount” (sconto di 140 sterline sull’elettricità per i meno abbienti) e il “Winter Fuel Payment” (tra 100 e 300 sterline per il riscaldamento) per aiutare i cittadini alle prese con bollette di gas ed elettricità che hanno avuto un aumento rispettivamente del 53.5% e del 95.5% rispetto allo scorso anno servono a ben poco[74]. Tutte dinamiche iniziate non con la guerra del Donbass, ma con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea – come confermano i dati delle autorità statali[75]: l’abbandono del mercato unico e dell’unione doganale ha ridotto il commercio estero inglese del 14,9%[76]. Alla fine di dicembre 2021 le economie degli altri paesi avanzati hanno registrato un rimbalzo del 3% oltre i livelli pre-pandemici, mentre l’export britannico è rimasto inferiore del 12%[77].
La piazza finanziaria, ultima scommessa sovranista
In questo sfacelo, pensano tutti, almeno la piazza finanziaria è in crescita: oramai l’intero Regno Unito è una galassia di paradisi fiscali: Guernsey, Jersey, l’Isola di Man, Gibilterra, le Isole Vergini Britanniche, le Isole Cayman – ma anche Londra e Belfast – hanno leggi che proteggono i soldi di chiunque dal sistema fiscale del loro paese e, fino ad un certo punto, li proteggono anche dalle intrusioni della magistratura penale e dalla sete dei creditori truffati.
Secondo la società di consulenza EY Ernst & Young, ciò non è bastato: dal referendum a oggi il 44% (97 su 222) delle maggiori società di servizi finanziari del Regno Unito ha trasferito sedi, operazioni o personale dal Regno Unito alla UE: cifra che è quasi raddoppiata da marzo 2017 (53 su di 222, il 24%), poi rimasta invariata nell’ultimo anno (95 su 222, il 43%, a marzo 2021)[79]. Ma non finisce qui. A detta degli analisti di EY, “sebbene molti piani di emergenza in risposta allo scenario peggiore non siano stati adottati, EY prevede trasferimenti di operazioni e personale delle società di servizi finanziari in tutta Europa, dal momento che la Brexit sta diventando sempre di più parte di un discorso più ampio che coinvolge i driver strategici di business e i modelli operativi”[80].
La Brexit ha innescato una serie di spinte centrifughe che rischiano di disgregare il Regno Unito ed hanno scoperchiato il Vaso di Pandora delle contraddizioni che hanno iniziato ad esplodere dopo secoli in cui dapprima la forza dell’Impero, dappoi la paura dei nazisti e dei comunisti, avevano fatto in modo che esistesse un orgoglio culturale nazionale unico (consostanziato nella Regina Elisabetta II) a cementare nella pace ciò che era stato unito nel sangue. Il Regno Unito si è trovato coinvolto in una crisi economica, finanziaria, politica e sociale che ha creato povertà e paura – una crisi che, vista la congiuntura internazionale, non verrà risolta tanto presto.
Secondo Limes, il referendum sulla Brexit è stato voluto dagli Inglesi – non tanto per un raffreddamento dei rapporti con l’Unione Europea, ma più che altro per riaffermare la posizione egemone di Londra sulle altre nazioni che compongono il Regno Unito – la stessa strategia usata tradizionalmente dagli Stati Uniti, quando finanziano sanguinosi colpi di Stato all’estero, o da Vladimir Putin, che promette ai patrioti nazionalisti che la Santa Madre Russia tornerà ad essere un impero[81]. Come Putin e Kissinger, Johnson ha scommesso sulla carta della sicurezza, e non solo in difesa dagli immigranti, giurando (e, forse, credendo) che con la Brexit l’Inghilterra avrebbe assunto un diverso ruolo e peso a livello internazionale, un ruolo che non può prescindere dal controllo della Gran Bretagna.
Si pensi a cosa accadrebbe, dal punto di vista militare, nel caso di una secessione di Edimburgo, che toglierebbe a Londra le sedi di importantissime basi militari, tra cui quelle dei sottomarini lanciamissili balistici a propulsione nucleare[82]. Del resto, il secessionismo scozzese non ha solo ragioni storiche, ma si basa anche sulla scoperta del petrolio del Mare del Nord, a largo della costa orientale[83]: qualcosa che lascia sognare agli scozzesi di potersi mantenere da soli[84]. Lo stesso accade in Irlanda del Nord, come dimostra la vittoria di Sinn Féin[85]. Al momento le spinte centrifughe referendarie sono bloccate dalla legge vigente: se al di là del Vallo di Adriano è lo Scotland Act del 1998 a sancire che il Parlamento scozzese non possa legiferare su materie di competenza esclusiva di Westminster (a meno che sia proprio quest’ultimo a legittimarlo, come nel 2014), dall’altro è il Good Friday Agreement a prevedere che per un’ipotetica unificazione d’Irlanda si debba contestualmente ottenere maggioranze referendarie favorevoli sia nell’Ulster che nell’Eire, affidando in ogni caso la decisione di indire la consultazione al governo britannico[86].
Allo stato attuale delle cose, quindi, la secessione rimane impensabile – ma la situazione lasciata da Boris Johnson è talmente grave, da creare i presupposti per cui i vincoli legislativi, prima o poi, vengano fatti saltare dai moti di piazza – e l’unico modo per tenere tutti buoni è trovare i soldi per uscire dal buco nero della crisi: quei soldi che, Johnson come la Thatcher, era convinto venissero prodotti dalla piazza finanziaria[87]. Le dimissioni di Boris Johnson aprono un nuovo capitolo politico di grande incertezza: si deve scegliere se salvare il sogno della Brexit ad ogni costo, o riavvicinarsi a Bruxelles, ed usare quella brutta parola solo per denominare un contesto storico[88]. La morte politica del premier lascia un corpo esangue di una nazione che, ottanta anni dopo la sua ultima grande vittoria di Pirro, è costretta ad accettare di dover rinunciare ai sogni di grandezza, e deve impegnarsi per dare da mangiare ed una prospettiva ai propri sudditi – altrimenti può succedere di tutto.
[1] https://www.telegraph.co.uk/news/2016/08/13/nigel-farages-aide-arrested-as-fbi-probe-links-to-money-launderi/
[2]https://twitter.com/BBCr4today/status/746221017551409152?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E746221017551409152%7Ctwgr%5E%7Ctwcon%5Es1_&ref_url=https%3A%2F%2Fwww.repubblica.it%2Festeri%2F2016%2F06%2F24%2Fnews%2Fscozia_irlanda_referendum_brexit_secessione-142699585%2F
[3] https://www.theguardian.com/politics/blog/live/2017/jun/19/boris-johnson-and-gove-both-back-may-as-tory-leadership-speculation-continues-politics-live
[4] https://www.theguardian.com/politics/blog/live/2017/jun/19/boris-johnson-and-gove-both-back-may-as-tory-leadership-speculation-continues-politics-live
[5] https://www.theguardian.com/politics/blog/live/2017/jun/19/boris-johnson-and-gove-both-back-may-as-tory-leadership-speculation-continues-politics-live
[6] https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07/15/brexit-perche-il-regno-unito-ha-deciso-di-uscire/2905380/
[7] https://www.lavoce.info/archives/57806/quali-sono-gli-stranieri-sgraditi-agli-inglesi-e-quali-no/
[8] https://www.conversion-uplift.co.uk/reasons-why-mps-should-stop-brexit/
[9] https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07/15/brexit-perche-il-regno-unito-ha-deciso-di-uscire/2905380/
[10] https://www.independent.co.uk/news/uk/politics/boris-johnson-brexit-bus-supreme-court-vote-leave-appeal-latest-a9056871.html
[11] https://www.conversion-uplift.co.uk/brexit/the-boris-johnson-brexit-bus-lie-of-350m/ ;
[12] LA VITTORIA DI SINN FÉIN SPINGE L’ULSTER VERSO L’EUROPA | IBI World Italia
[13] https://it.euronews.com/my-europe/2021/01/07/brexit-tutte-le-bugie-di-boris-johnson-e-dei-suoi-ministri-sull-accordo-commerciale-con-l-
[14] https://www.gov.uk/government/speeches/prime-ministers-statement-on-eu-negotiations-24-december-2020
[15]https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/1083393/2022-06-15_Border_Operating_Model__1_.pdf
[16] https://www.gov.uk/working-abroad
[17] https://mobile.twitter.com/brandonlewis/status/1345057483887411200
[18] https://www.independent.co.uk/news/uk/politics/brandon-lewis-irish-sea-border-tweet-b1873511.html
[19] https://it.euronews.com/my-europe/2021/01/07/brexit-tutte-le-bugie-di-boris-johnson-e-dei-suoi-ministri-sull-accordo-commerciale-con-l-
[20] https://www.gov.uk/government/speeches/prime-ministers-statement-on-eu-negotiations-24-december-2020
[21] https://it.euronews.com/my-europe/2021/01/07/brexit-tutte-le-bugie-di-boris-johnson-e-dei-suoi-ministri-sull-accordo-commerciale-con-l-
[22] https://www.informazionimarittime.com/post/variante-coronavirus-migliaia-di-camion-bloccati-nel-regno-unito
[23] https://www.gov.uk/government/speeches/prime-ministers-statement-on-eu-negotiations-24-december-2020
[24] https://it.euronews.com/my-europe/2021/01/07/brexit-tutte-le-bugie-di-boris-johnson-e-dei-suoi-ministri-sull-accordo-commerciale-con-l-
[25] https://www.instituteforgovernment.org.uk/explainers/future-relationship-financial-services ; https://it.euronews.com/my-europe/2021/01/07/brexit-tutte-le-bugie-di-boris-johnson-e-dei-suoi-ministri-sull-accordo-commerciale-con-l-
[26] https://euractiv.it/section/brexit/news/brexit-440-societa-finanziarie-hanno-abbandonato-la-city/
[27] https://it.euronews.com/my-europe/2021/01/07/brexit-tutte-le-bugie-di-boris-johnson-e-dei-suoi-ministri-sull-accordo-commerciale-con-l-
[28] https://it.euronews.com/my-europe/2021/01/07/brexit-tutte-le-bugie-di-boris-johnson-e-dei-suoi-ministri-sull-accordo-commerciale-con-l-
[29] https://www.agi.it/estero/news/2020-10-23/gran-bretagna-giappone-accordo-post-brexit-10044363/ ; https://www.emilythornberry.com/blog/2020/11/26/uk-japan-deal/
[30] https://www.euronews.com/2020/09/11/is-uk-s-new-trade-deal-with-japan-better-than-the-eu-s-one-
[31] https://www.euronews.com/2020/09/11/is-uk-s-new-trade-deal-with-japan-better-than-the-eu-s-one-
[32] https://financecue.it/effetto-brexit-societa-lasciano-regno-unito/13518/
[33] https://financecue.it/effetto-brexit-societa-lasciano-regno-unito/13518/
[34] https://www.thenational.scot/news/19813158.five-times-brexiteers-promised-uk-cheaper-energy-bills/
[35] https://www.thenational.scot/news/19813158.five-times-brexiteers-promised-uk-cheaper-energy-bills/
[36] https://www.thenational.scot/news/19813158.five-times-brexiteers-promised-uk-cheaper-energy-bills/
[37] https://www.walesonline.co.uk/news/wales-news/protests-held-across-wales-opposition-22768686
[38] https://www.agensir.it/quotidiano/2021/3/25/brexit-dai-sondaggi-e-a-rischio-lunione-tra-inghilterra-scozia-galles-e-irlanda-del-nord/
[39] https://www.agensir.it/quotidiano/2021/3/25/brexit-dai-sondaggi-e-a-rischio-lunione-tra-inghilterra-scozia-galles-e-irlanda-del-nord/
[40] https://www.ilfoglio.it/esteri/2021/05/05/news/tanta-voglia-di-indipendenza-in-galles-2324496/
[41] https://www.affarinternazionali.it/archivio-affarinternazionali/2021/05/tutti-i-risultati-delle-elezioni-nel-regno-unito/
[42] https://www.antudo.info/galles-irlanda-scozia-indipentismo-che-viene/
[43] https://www.ilfoglio.it/esteri/2021/05/05/news/tanta-voglia-di-indipendenza-in-galles-2324496/
[44] https://www.antudo.info/galles-irlanda-scozia-indipentismo-che-viene/
[45] https://www.ilfoglio.it/esteri/2021/05/05/news/tanta-voglia-di-indipendenza-in-galles-2324496/
[46] https://www.lesenfantsterribles.org/this-is-england/brexit-il-galles-perde-il-supporto-di-680-milioni-di-sterline-allanno-dalla-ue/
[47] https://lospiegone.com/2017/05/29/plaid-cymru-il-galles-indipendentista-ed-europeista/
[48] https://www.ilfoglio.it/esteri/2021/05/05/news/tanta-voglia-di-indipendenza-in-galles-2324496/
[49] http://www.lejournalinternational.info/it/brexit-paradoxe-pays-de-galles/ ; https://gov.wales/sites/default/files/2017-01/30683%20Securing%20Wales%C2%B9%20Future_ENGLISH_WEB.pdf
[50] https://www.radioradio.it/2019/05/theresa-may-perche-si-e-dimessa-cose-la-brexit-nuovo-referendum-riassunto-chi-e-il-prossimo-premier-news/
[51]https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/1034123/The_Belfast_Agreement_An_Agreement_Reached_at_the_Multi-Party_Talks_on_Northern_Ireland.pdf
[52]https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/840230/Revised_Protocol_to_the_Withdrawal_Agreement.pdf
[53] https://iris.unibocconi.it/retrieve/handle/11565/4044731/170575/Spaventa-Il-protocollo-sullIrlanda-del-Nord-fra-grazie-e-disgrazie.pdf
[54] https://iris.unibocconi.it/retrieve/handle/11565/4044731/170575/Spaventa-Il-protocollo-sullIrlanda-del-Nord-fra-grazie-e-disgrazie.pdf
[55] https://euractiv.it/section/brexit/news/cosa-cambia-con-la-legge-britannica-che-vuole-modificare-il-protocollo-dellirlanda-del-nord/
[56] https://euractiv.it/section/brexit/news/cosa-cambia-con-la-legge-britannica-che-vuole-modificare-il-protocollo-dellirlanda-del-nord/ ; https://euractiv.it/section/brexit/news/protocollo-sullirlanda-del-nord-lue-apre-una-procedura-di-infrazione-contro-londra-dopo-la-nuova-legge-illegale/
[57] https://ukandeu.ac.uk/wp-content/uploads/2019/10/The-economic-impact-of-Boris-Johnsons-Brexit-proposals.pdf
[58] https://euractiv.it/section/brexit/news/cosa-cambia-con-la-legge-britannica-che-vuole-modificare-il-protocollo-dellirlanda-del-nord/
[59] https://euractiv.it/section/brexit/news/cosa-cambia-con-la-legge-britannica-che-vuole-modificare-il-protocollo-dellirlanda-del-nord/
[60] “Perché l’Ucraina” di Noam Chomsky p.10
[61] https://oxfamapps.org/scotland/2013/03/15/2013-03-kids-challenge-chancellor-on-global-hunger/
[62] https://www.euractiv.com/section/uk-europe/news/most-brits-would-rejoin-eu-if-new-vote-held-survey-shows/
[63] https://www.ilsole24ore.com/art/carenze-personale-londra-riapre-porte-stranieri-AEMKim4?refresh_ce=1
[64] https://www.ilsole24ore.com/art/carenze-personale-londra-riapre-porte-stranieri-AEMKim4?refresh_ce=1
[65] https://www.ilsole24ore.com/art/paradosso-londra-mancano-operai-e-autisti-ma-e-record-disoccupazione-AECWbVe
[66] https://www.ilsole24ore.com/art/paradosso-londra-mancano-operai-e-autisti-ma-e-record-disoccupazione-AECWbVe
[67] https://www.ilsole24ore.com/art/paradosso-londra-mancano-operai-e-autisti-ma-e-record-disoccupazione-AECWbVe
[68] https://www.ilsole24ore.com/art/paradosso-londra-mancano-operai-e-autisti-ma-e-record-disoccupazione-AECWbVe
[69] https://www.ilsole24ore.com/art/paradosso-londra-mancano-operai-e-autisti-ma-e-record-disoccupazione-AECWbVe
[70] https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/05/22/inglesi-stretti-nella-morsa-di-inflazione-e-carenze-causate-dalla-brexit-e-ce-chi-inizia-a-risparmiare-anche-su-pranzo-e-cena/6600155/
[71] https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/05/22/inglesi-stretti-nella-morsa-di-inflazione-e-carenze-causate-dalla-brexit-e-ce-chi-inizia-a-risparmiare-anche-su-pranzo-e-cena/6600155/ ; https://www.ilsole24ore.com/art/gran-bretagna-post-brexit-e-inflazione-la-boe-scenario-e-apocalittico-AEUcmDaB?refresh_ce=1
[72] https://www.ilsole24ore.com/art/gran-bretagna-post-brexit-e-inflazione-la-boe-scenario-e-apocalittico-AEUcmDaB?refresh_ce=1
[73] https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/05/18/gran-bretagna-linflazione-sale-al-9-in-aprile-e-il-valore-piu-alto-da-40-anni-picco-atteso-per-ottobre/6596219/
[74] https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/05/22/inglesi-stretti-nella-morsa-di-inflazione-e-carenze-causate-dalla-brexit-e-ce-chi-inizia-a-risparmiare-anche-su-pranzo-e-cena/6600155/ ; https://www.independent.co.uk/news/uk/politics/gas-supply-boris-johnson-ofgem-b1924733.html
[75] https://www.independent.co.uk/news/uk/politics/gas-supply-boris-johnson-ofgem-b1924733.html
[76] https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/05/10/cosa-resta-della-brexit-a-due-anni-dalladdio-di-londra-alla-ue-danno-da-15-miliardi-per-gli-scambi-commerciali-ma-anche-opportunita/6575193/
[77] https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/05/10/cosa-resta-della-brexit-a-due-anni-dalladdio-di-londra-alla-ue-danno-da-15-miliardi-per-gli-scambi-commerciali-ma-anche-opportunita/6575193/ ; https://www.ft.com/content/2f63ef97-8d49-47a4-accd-4fb2e7ee9a5a
[78] https://www.nytimes.com/live/2022/07/07/world/boris-johnson-resign-news
[79] https://www.ey.com/en_uk/news/2022/03/ey-financial-services-brexit-tracker-movement-within-uk-financial-services-sector-stabilises-five-years-on-from-article-50-trigger
[80] https://www.ey.com/en_uk/news/2022/03/ey-financial-services-brexit-tracker-movement-within-uk-financial-services-sector-stabilises-five-years-on-from-article-50-trigger
[81] https://www.orizzontipolitici.it/le-proteste-post-brexit-possono-porre-fine-al-regno-unito/
[82] https://www.orizzontipolitici.it/le-proteste-post-brexit-possono-porre-fine-al-regno-unito/
[83] https://www.orizzontipolitici.it/le-proteste-post-brexit-possono-porre-fine-al-regno-unito/
[84] https://www.pressandjournal.co.uk/fp/education/schools/3652656/similarity-between-scots-nordic/ ; https://www.osservatorioartico.it/tra-brexit-e-artico-la-strategia-della-scozia-per-il-futuro/amp/ ; https://www.orizzontipolitici.it/le-proteste-post-brexit-possono-porre-fine-al-regno-unito/
[85] https://ilbolive.unipd.it/it/news/violenza-irlanda-nord-belfast-scontri
[86] https://www.orizzontipolitici.it/le-proteste-post-brexit-possono-porre-fine-al-regno-unito/
[87] https://www.orizzontipolitici.it/le-proteste-post-brexit-possono-porre-fine-al-regno-unito/
[88] https://www.dailymail.co.uk/news/article-10355395/Civil-servants-BANNED-saying-Brexit.html
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