Geopolitica

Rifugiati, per il Dalai Lama «la Germania non può diventare un paese arabo»

1 Giugno 2016

«La Germania non può diventare un paese arabo». Sta rimbalzando su tutti i giornali un ampio passaggio dell’intervista della Frankfurter Allgemeine Zeitung alla massima autorità del Buddhismo tibetano. Considerando esatte le traduzioni tedesche dell’intervista della FAZ, il Dalai Lama ha fatto dichiarazioni che stanno facendo discutere.

Il passaggio centrale dell’intervista è il seguente (ho cercato di tradurlo in maniera più letterale possibile, per non sfuggire al significato delle singole parole riportate in tedesco, che sono già a loro volta una traduzione):

«Quando guardiamo in faccia ogni singolo rifugiato, specialmente i bambini, possiamo sentire la loro sofferenza. Una persona a cui le cose vanno un po’ meglio ha la responsabilità di aiutarli. Dall’altro lato stanno diventando troppi. L’Europa, ad esempio la Germania, non può diventare un paese arabo».

A questo punto Tenzin Gyatso, 14mo Dalai Lama, avrebbe riso, per poi continuare a riferirsi ai rifugiati:

«Sono così tanti che è diventato un problema pratico. Anche moralmente, credo che i rifugiati debbano essere accolti temporaneamente. L’obiettivo dovrebbe essere che ritornino indietro e che aiutino nella ricostruzione dei loro paesi».

Inutile dire che la dichiarazione stia facendo il giro del mondo, per essere utilizzata da chi è d’accordo con il Dalai Lama e criticata, più o meno aspramente, da chi è in disaccordo.

Leggendo le parole del Dalai Lama, per certi versi, si può pensare che l’uomo religioso abbia, in questo caso, fatto parlare il suo lato meno conosciuto, vale a dire quello di uomo (geo)politico. Fino al marzo 2011, Tenzin Gyatso è stato Capo del Governo tibetano in esilio e, da anni, il suo lavoro di difesa dei diritti tibetani è anche un lavoro diplomatico, indirizzato a un’erosione del potere cinese sul Tibet. Si potrebbe ipotizzare che il Dalai Lama abbia a cuore un’Europa sempre pronta a confrontarsi con la comunità buddhista, mentre non voglia vedere crescere una numerosa comunità musulmana nel Vecchio Continente. La relazione tra Buddhismo e Islam è, in alcuni paesi asiatici, molto complessa.

Forse proprio per questo motivo, l’intervistatore della FAZ ha subito domandato al Dalai Lama cosa pensi della nuova paura dell’Islam in Europa, cercando forse di capire se quel riferimento a “un’Europa araba” fosse piuttosto un sinonimo di “un’Europa musulmana”. La risposta del Dalai Lama è stata (tendenzialmente) quella dell’uomo religioso illuminato, che considera il fulcro della fede qualcosa che vada al di là delle singole religioni:

«Siamo di fronte a individui e piccoli gruppi musulmani, che si uccidono vicendevolmente nei loro paesi. Sunniti, Sciiti. Non rappresentano l’intero Islam e i musulmani. L’amore è il messaggio centrale di tutte religioni, anche dell’Islam. Ci sono persone cattive anche tra i buddhisti, i cristiani, gli ebrei e gli induisti. Non possiamo condannare l’intero mondo musulmano a causa di alcuni tristi eventi, che provengono da una piccola parte dei musulmani».

Premio Nobel per la Pace, in esilio dal 1959, il Dalai Lama vive a Dharamsala, nell’India settentrionale. Anche il Dalai Lama, quindi, sta vivendo da decenni una condizione di rifugiato. Un rifugiato il cui più grande desiderio continua a essere quello di tornare in patria, in Tibet, come ha anche ripetuto nell’intervista rilasciata alla Frankfurter Allgemeine Zeitung.
Un‘intervista che, qualsiasi cosa se ne pensi, non sta passando inosservata.

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immagine: Wikimedia Commons (fonte)

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