Geopolitica

Il battaglione Azov prepara l’Ucraina alla guerra

11 Febbraio 2022

I riservisti ucraini temono un’invasione russa, così, in cittadine come quella di Kharkiv, 25 miglia dal confine, hanno iniziato ad addestrarsi militarmente. Lo fanno imparando in fretta ad usare tecniche di sopravvivenza guidati dalle forze di difesa territoriali del loro paese.
Anche a Kiev, la capitale, nei fine settimana ormai si va solo ad imparare “a fare la guerra” e ci sono tutti, uomini, donne e ragazzi.
Sia nel cuore dell’Ucraina che nei luoghi di frontiera l’imperativo è quello di difendere la patria fino alla morte. A dir la verità la tensione per una guerra destabilizzante è ormai diffusa in tutta l’Europa e non solo. Secondo Vladimir Putin la NATO è una minaccia per la Russia, una spina nel fianco che continua a destare irritazione.

Ma chi c’è ad addestrare i cittadini ucraini? Da qualche anno a gestire parte delle giornate da dedicare a come sopravvivere alla Russia, c’è il cosiddetto Battaglione Azov, formato nel 2014 come ala paramilitare di Patriot Ukrainy, si è poi integrato nella guardia nazionale per finire col “dipendere” dal Ministero degli Interni. Ma non è l’unico gruppo che si propone di difendere il proprio paese nascondendo velatamente le proprie idee estremiste sotto un nazionalismo di fondo molto diffuso già a partire dal secolo scorso, che spesso è sfociato in un collaborazionismo con la Germania nazista in ottica anti-comunista. A contraddistinguere Azov vi è una sistematica organizzazione di largo respiro che coinvolge due case editrici, campi estivi per ragazzi, una forza di vigilanza che pattuglia le strade assieme alla polizia e tante armi nuove di zecca tra cui droni, veicoli corazzati e artiglieria.

Azov si occupa anche di tessere una rete di gruppi estremisti che lega assieme nuovo e vecchio continente, passando per la Nuova Zelanda, richiamando sul territorio attorno a Kiev nutriti gruppi di volontari che arrivano un po’ dappertutto. Secondo Ali Soufan, consulente dell’FBI, negli ultimi sei anni sono arrivati in Ucraina almeno 17mila combattenti da 50 paesi diversi.

Olena Semenyaka riveste il ruolo di segretaria internazionale dell’ala politica di Azov ed ha tranquillamente ammesso a BuzzFeed: “Credo che il nostro ruolo sia molto importante perché è un esempio di un movimento ucraino di base che ha dimostrato di essere una forza di difesa sufficiente. Azov potrà svolgere un ruolo più importante in futuro”. Ed è anche quello che sperano o temono in molti, cioè che vari gruppi militarizzati di estrema destra si disegnino come una sorta di eroi di guerra per imporre le proprie ideologie e influenzare la politica interna dell’Ucraina. Azov in particolare, secondo Michael Colborne, autore di From the Fires of War: Ukraine’s Azov Movement and the global far right, potrebbe sentirsi come “a casa” se i russi decidessero di attaccare: “Una nuova guerra o qualche nuovo intervento della Russia potrebbe benissimo fornire loro l’opportunità di consolidare ulteriormente la loro presenza nella politica e nella società ucraine, un’ulteriore opportunità per marchiarsi e inquadrarsi come i più valorosi difensori della nazione e quindi spazzare via ulteriormente le accuse che provengono da persone come me sulla loro natura di estrema destra”. Maksym Zhorin, un ex comandante del battaglione Azov, adesso dedito alla politica, ha chiaramente espresso l’idea di preparare l’Ucraina all’arrivo di una nuova dirigenza alla guida del paese “con elezioni”, per non dare nell’occhio e tradire la ritrovata democraticità del Paese.

D’altronde non è un segreto che a livello tecnico battaglioni come quello Azov o il Right Sector abbiano ottenuto maggior successo nel 2014 durante i disordini in Crimea. Molti credono che senza il loro aiuto i separatisti avrebbero sicuramente occupato più territori, ma da un punto di vista politico non hanno avuto una reale chance elettorale per dimostrare di poter entrare legittimamente in Parlamento sebbene abbiano ricoperto vari ruoli come consiglieri militari. Il fondatore del battaglione, Andriy Biletsky, ha affermato che l’Ucraina dovrebbe “guidare le razze bianche del mondo in una crociata finale … contro Untermenschen (subumani) guidati dai semiti”, posizioni che non si discostano molto dall’ideologia nazista con i cui tratti simbolici e gestuali il Battaglione Azov è spesso venuto a contatto. Tuttavia nell’ala politica del battaglione è prevalente l’idea che sia necessaria una propria autonomia per quanto riguarda l’immagine del gruppo. Olena Semenyaka ha spiegato che le immagini neonaziste e di estrema destra “sono svanite abbastanza rapidamente, perché quando hai la possibilità di creare tu stesso la storia, non puoi fare una brutta caricatura di qualcuno”. E comunque, nonostante alcuni quotidiani abbiano trovato somiglianze ineluttabili con simbologia nazi, il battaglione ha spiegato che l’unica loro ispirazione, quella N che in molti hanno notato, è dovuta al nazionalismo, o – se vogliamo – ad un accorato patriottismo ucraino. Andriy Diachenko, un portavoce del Battaglione, ha dichiarato in un’intervista a USA Today che “solo dal 10% al 20% dei membri del gruppo sono nazisti” e si tratta di “ideologia personale che non ha nulla a che fare con l’ideologia ufficiale dell’Azov”.

Lo scorso anno la rappresentante del Congresso USA Elissa Slotkin ha inviato al segretario di Stato americano Antony Blinken una lista contenente i nomi di gruppi suprematisti bianchi stranieri da considerare come terroristi. Tra questi figurava anche Battaglione Azov, diventato reggimento dopo essere entrato nella guardia nazionale ucraina. Ma c’è di più. L’uomo che il 15 marzo 2019 uccise 51 fedeli nella moschea di Christchurch in Nuova Zelanda, aveva scritto un manifesto in cui parlava di “essere stato in Ucraina” e la maglia che portava durante l’attacco omicida era proprio un omaggio al Battaglione Azov. Cosa spingeva un uomo di estrema destra a muoversi fino all’Europa? (Se ci è mai davvero stato ovviamente). Cosa ha portato un omicida a passare dall’Ucraina sino alla Bosnia, al Montenegro e alla Serbia? Secondo Jelena Subotic, professoressa di scienze politiche alla Georgia State University: “I Balcani hanno uno status quasi mitico nell’immaginario collettivo del movimento di estrema destra contemporaneo. È un luogo in cui secondo l’estrema destra, i “cristiani bianchi” hanno combattuto contro i musulmani per secoli, sia nella forma antagonista all’Impero Ottomano, sia nel tentativo di sterminare la popolazione musulmana bosniaca negli anni ’90”.

Ovviamente molti reportage hanno dimostrato come tra i tanti cittadini ucraini che si preparano alla guerra nel gelido febbraio di Kiev, molti ignorano l’ideologia alla base del battaglione e sono mossi da un puro spirito patriottico. Quello che è certo è che con l’arrivo di nuove armi, di tecnologia e approvvigionamenti, il Battaglione Azov, così come tanti altri ormai inseriti nella lecita macchina dello stato, rischiano di aumentare ancora di più la loro potenza. Da un certo punto di vista se non ci dovesse essere alcuna guerra, Azov avrebbe comunque guadagnato molti consensi per aver aver preparato la gente a difendersi, consensi che potrebbero sfociare in quello che al momento sembra essere un punto a cui tendere, cioè la normalizzazione politica del movimento. Da un’altra ottica, nel caso di una guerra, Azov acquisirebbe sempre maggiori conoscenze e tecniche (e soprattutto armi), tale da diventare un esercito professionale e pericoloso, richiamando in Ucraina anche numerosi Foreign fighters, nazionalisti, suprematisti, e via dicendo, pronti a partire un po’ da tutto il mondo.

 

 

 

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